sabato 28 agosto 2021

Un'escursione nella zona del Monte Zucco e tra le contrade alte della Val Brembilla, dove gli orrori della guerra hanno lasciato il segno.

La salita al Monte Zucco da Sant'Antonio Abbandonato è breve ed alla portata di tutti.   Attraversa radure e boschi molto suggestivi ed il panorama dalla vetta, in caso di buona visibilità, è impagabile.   Il successivo anello ai bordi dello Zuccone dell'Arco completa un'escursione molto interessante da ogni punto di vista.

Salendo al monte Zucco dai Foppi Alti.

A lato del parcheggio posto all'ingresso del piccolo borgo di Sant'Antonio Abbandonato (987 m) è ben visibile la segnaletica verticale che indica la direzione da prendere.   Il sentiero da percorrere è il n. 505 con direzione rifugio G.E.S.P. e Monte Zucco.   Dopo pochi passi si raggiungono le case di Prisa Bassa (1023 m) oltre le quali si prosegue in piano in un bellissimo bosco misto che ogni tanto regala belle viste sul Canto Alto e le minuscole frazioni di Zogno cresciute fra le sue pendici.

Il Canto Alto dal sentiero di salita.

Via via il bosco si fa più fitto.   La traccia sale dolcemente e con buon fondo, penetrando in una proprietà privata ricca di conifere, all'interno della quale si incontra il bivio con il sentiero 506, che imboccheremo al ritorno dalla cima dello Zucco.  Proseguendo diritti, si arriva in breve nell'incantevole radura del rifugio G.E.S.P. (Gruppo Escursionisti San Pellegrino-1150 m).   La traccia lo costeggia per poi infilarsi nell'apertura di un muretto a secco, dal quale la vista si apre su un bellissimo prato cosparso da curiosi pinnacoli di roccia.   Siamo ai Foppi Alti, un ambiente incantevole che fu sede di un controverso episodio della Resistenza bergamasca.  Il 29 luglio 1944, tre ufficiali tedeschi di stanza a San Pellegrino avevano effettuato una escursione, che li aveva portati a godersi il sole in questa località, proprio nello stesso momento in cui una banda partigiana si stava allontanando dal suo rifugio sul Pizzo Cerro per raggiungere l'Alta Valle Brembana.  Il gruppo era comandato da Giorgio il canadese, uno spregiudicato personaggio, di nazionalità cipriota, fuggito dopo l'8 settembre dal campo di prigionia della Grumellina.  Fu proprio una raffica di mitra del canadese a falciare i tre tedeschi.  Lo stesso Giorgio intimò a due boscaioli che avevano casualmente osservato la scena di far sparire i cadaveri...

Il rifugio G.E.S.P.

Il sentiero attraversa il prato in falsopiano fino ad arrivare ad una cascina ristrutturata dove la traccia prende a destra, impennandosi bruscamente verso la vetta del monte Zucco (1232 m).  La ripida salita dura meno di venti minuti ma il panorama appaga ampiamente la fatica.   Le Orobie sono tutte di fronte a noi, dal Resegone all'Alben, passando dal Pizzo dei Tre Signori, il Cancervo, il Menna e l'Arera. Senza dimenticare le cime "minori": dal Castel Regina al Sedernello, dal Monte Gioco sopra Serina al Canto Alto.

Dalla cima del monte Zucco, il Monte Gioco spicca
fra la foschia che copre la Val Serina.

Per salire i circa 250 metri di dislivello che dividono Sant'Antonio Abbandonato dal Monte Zucco si impiega circa un'ora e mezza.   Al ritorno basta un'oretta.    Per riempire l'escursione, si può completare un anello prendendo la deviazione a destra (segnavia 506 per Catremerio e Sussia Alta) che si trova nel bosco di conifere privato, pochi minuti a valle del rifugio G.E.S.P..  L'inizio di questo sentiero pianeggia nel bosco, arrivando ad un bivio dove si prende la destra e si sale ripidamente, fino ad arrivare ad una baita che si deve aggirare, per continuare la salita.   La marca bianco rossa del CAI non è molto frequente, al contrario abbondano (anche troppo) i bolli gialli di un percorso di gara che, fortunatamente, coincidono con questo itinerario.  In caso di dubbi, va comunque privilegiata  l'indicazione del CAI.

Il sentiero nei pressi del bivio con segnavia 506.

Si prosegue fino ad intravvedere una radura, che non si raggiunge perchè poco prima la traccia devia decisamente a sinistra.   Restando nel bosco ricchissimo di ciclamini, si alternano strappi in salita con tratti in piano.   Sulla destra si intravvedono le pareti a strapiombo del Corno dell'Arco.   In questa zona aspra e dirupata furono nascosti i cadaveri dei tre ufficiali tedeschi.   Alcuni abitanti di Sant'Antonio Abbandonato e Catremerio, nel timore di subire una rappresaglia da parte dei nazisti, si erano affrettati ai Foppi Alti pensando di limitarsi a sotterrare i corpi.   Ma il canadese ne aveva ucciso soltanto uno, ferendo gravemente gli altri due che stavano ancora tentando la fuga verso valle.   Il gruppo di abitanti li rincorsero, li raggiunsero e li finirono a sassate.   Le salme vennero quindi portate a spalle fin sotto il Corno dell'Arco e fatte precipitare in un profondo crepaccio, ricoprendole infine di calce viva.   I resti furono recuperati e traslati soltanto dieci anni dopo.

Il Corno dell'Arco visto dalla salita allo Zucco.


Dopo essersi lasciati il Corno dell'Arco alle spalle, si inizia a scendere prima dolcemente e poi più ripidamente, fino ad un roccolo che precede un bivio.   La traccia di sinistra scende bruscamente.  Noi continuiamo invece in piano, camminando su quella di destra, oltrepassando un altro roccolo. Continuiamo nel bosco e, senza apprezzabili dislivelli, arriviamo ad un bivio con segnaletica verticale.  A destra il segnavia CAI indica per San Pellegrino.   Noi proseguiamo diritti sulla traccia in direzione di Sussia. 

La cappella del Crosnello.

Dopo pochi metri si arriva ad un gruppo di baite dove la traccia piega a sinistra e, con una serie di saliscendi nel bosco, ci porta di fronte alla Cappella del Crosnello (1130 m). Un'altra segnaletica verticale del CAI ci indica di scendere verso Catremerio, utilizzando una carreggiabile che alterna sterrato con tratti asfaltati nei punti più ripidi.  Si tratta di una strada privata che, probabilmente, ha cancellato ampi tratti del sentiero.   Siamo quindi costretti a percorrerla fino in fondo, dove un cancello realizzato con rete zincata impedisce l'accesso alla salita.   Passiamo di lato e ci troviamo a Catremerio (988 m).   Da questo borgo, seguendo la strada asfaltata, si arriva in una ventina di minuti a Sant'Antonio Abbandonato, godendosi il panorama sulla Val Brembilla e sulle più lontane coste della Valle Imagna.

Le contrade alte della Val Brembilla viste
dalla chiesa parrocchiale di Sant'Antonio Abbandonato.

Info tecniche:

Data dell'escursione: 25-08-2021. Tempo molto nuvoloso, con foschie persistenti.
Partenza dell'itinerario: Parcheggio nei pressi della chiesa parrocchiale di Sant'Antonio Abbandonato, frazione di Val Brembilla.   Il paese si raggiunge con una panoramica strada a tornanti, lunga circa 9 km, che parte a lato della chiesa parrocchiale di Zogno.  Le indicazioni non sono evidenti.   La segnaletica da seguire è quella che indica genericamente la zona denominata Monte di Zogno.  Sant'Antonio Abbandonato dista circa 25 chilometri da Bergamo, percorribili in tre quarti d'ora.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: oltre 400 metri di sola salita, per una lunghezza complessiva di dieci chilometri e mezzo.  
Durata: Per percorrere l'itinerario descritto servono circa 4 ore.

Cardo scardacelo nei pressi di Crosnello.

Altri suggerimenti di carattere storico-culturale:  Con carattere corsivo, nel post viene riportato il sunto di un episodio legato al periodo della Resistenza sulle montagne bergamasche. Chi fosse interessato ad approfondirlo, può consultare il seguente sito web: https://www.lastradadeimonti.it realizzato, per conto dell'ANPI di Bergamo, da Carlo Cremaschi, che ha ampliato sul web il contenuto dell'omonimo volume, scritto da Roberto Cremaschi. 

Il monte Zucco dal sentiero che fiancheggia il Corno dell'Arco.

Altre escursioni in zona: In questo blog potete trovare altre escursioni che partono negli immediati pressi di quella qui descritta.  I link di collegamento sono i seguenti: 
  • https://dislivellozero.blogspot.com/2017/05/da-catremerio-al-pizzo-cerro-ed-al.html.
  • https://dislivellozero.blogspot.com/2021/05/lanello-del-monte-sornadello-cavallo.html
  • https://dislivellozero.blogspot.com/2017/01/da-blello-ai-tre-faggi-una-passeggiata.html
Cartografia: I tracciati che compongono l'anello qui descritto sono evidenziati sulla cartina n. 105 - Lecco Valle Brembana, realizzata dalla Kompass. Altre informazioni utili sono scaricabili nel geoportale del CAI di Bergamo (http://geoportale.caibergamo.it). In particolare è possibile stampare un estratto di mappa in scala 1:25.000, evidenziando il numero del sentiero da percorrere (in questo caso il 505, il 506 e il 592) nella funzione "cerca".

San Pellegrino Terme e il fiume Brembo dalla cima dello Zucco.



lunedì 16 agosto 2021

Da Dossena alla cima del Monte Vaccareggio, interessante balcone panoramico nel cuore delle Prealpi Orobiche

Il Monte Vaccareggio è un interessante balcone panoramico situato nel cuore delle Prealpi Orobiche.    La cima è raggiungibile con un itinerario ad anello che attraversa un freschissimo bosco ricco di ciclamini e le antiche aree minerarie sfruttate nel corso di millenni.

La sagoma dell'Arera dal sentiero di salita al Monte Vaccareggio.

L'itinerario parte dalla località Villa (1074 m.), situata poco sopra il centro abitato di Dossena (nelle note tecniche trovate i dettagli per arrivarci).   Dal piccolo parcheggio bastano pochi passi in salita per trovare l'indicazione del sentiero CAI n. 599 che porta in vetta al Vaccareggio per mezzo di due diversi e distinti percorsi.    Il primo, indicato con il n. 599/A, è detto "sentiero panoramico" e tiene la destra, offrendo ampi scorci sulla Val Serina ed il Monte Alben.  Il secondo, segnalato con il n. 599/B e nominato come "sentiero delle creste", chiude l'anello a sinistra, sfiorando i dirupi della profonda Val Parina ed ammirando le coste della media Valle Brembana.

I monti Giogo e Zucchino dal sentiero di salita.

A cinque minuti dalla partenza si incontra la diramazione dei due sentieri e, seguendo l'indicazione di destra del 599/A, si penetra in un fitto bosco misto.   Con pendenza abbastanza regolare e mai troppo ripida, si continua all'ombra degli alberi, approfittando dell'incontro con alcune radure per dare uno sguardo indietro al panorama offerto dal cocuzzolo erboso del Monte Giogo, che funge da sentinella al borgo di Serina ed alle sue piccole frazioni.

Resti di manufatti dell'attività mineraria.

La traccia è evidente e sempre ben segnalata.   Dopo circa tre quarti d'ora, intorno ai 1300 metri di quota, il bosco si apre gradualmente e l'ambiente si fa brullo e roccioso, facendo anche intravvedere i resti dei manufatti dell'attività mineraria cessata negli anni '80 del secolo scorso.   Pare che l'attività estrattiva effettuata nella zona risalga addirittura all'età del bronzo, consentendo, proprio a Dossena, la creazione dei primi insediamenti stabili di tutta la Valle Brembana.

La pozza ai bordi della ex-area mineraria.

Il sentiero arriva ad una pozza, dove il panorama si apre verso Sud ed i muri a secco delimitano ancora la ex-zona mineraria.   Il tratto successivo è ricco di cavità, naturali o artificiali, a cui bisogna prestare un po' di attenzione.   Le vene di calamina, ferro e galena sono state sfruttate per certo sin dall'epoca degli antichi romani.  La manodopera era fornita dallo sfruttamento dei prigionieri di guerra fatti schiavi.   L’estrazione dei minerali veniva fatta attraverso cunicoli e strette gallerie, capaci a malapena di contenere un uomo sdraiato, che lavorava di scalpello e frantumava la roccia surriscaldandola con il fuoco e, successivamente, raffreddandola con l’acqua.   Le condizioni di salute e di vita per questi schiavi erano miserrime e le ricerche di archeologi e speleologi hanno confermato che le cavità del monte Vaccareggio furono utilizzate anche come tombe per molti di loro. 

Il monte Menna dalla cima del Vaccareggio.

Superata la zona di coltivazione mineraria, si rientra in un bosco più rado.   Manca poco alla vetta, che si raggiunge in poco meno di due ore dalla partenza, fermandosi ad un passo dal profondo dirupo che precipita nella Valle Parina, una delle aree più selvagge delle montagne bergamasche.   Dalla modesta sommità del Vaccareggio (1475 m) il panorama è veramente spettacolare.  Di fronte si stagliano il Monte Ortighera, la cima del Menna e l'inconfondibile sagoma dell'Arera.    A destra incombe l'Alben mentre a sinistra lo sguardo si perde più lontano, riconoscendo i profili del Pegherolo e del Monte Cavallo e, più discosta, si intuisce la punta aguzza del Pizzo del Diavolo.

Sul sentiero delle creste.

Per tornare si procede in direzione opposta, seguendo il "sentiero delle creste" in direzione ovest.  Si percorre il crinale per circa mezz'ora, ponendo attenzione alla segnaletica che, in questo tratto, è meno generosa rispetto ai segnavia di salita.    In un paio di occasioni sembra infatti che la traccia scenda nel bosco mentre, da una verifica più attenta, si scopre che il sentiero prosegue invece sulla cresta.   La discesa fra gli alberi sarà ben indicata più avanti, dove il sentiero piegherà decisamente a sinistra. 

Ciclamino nel bosco attraversato in discesa.

Ci aspetta ora un lungo tratto nel bosco, intervallato a metà percorso da una zona priva di vegetazione che torna a ricordarci le antiche estrazioni metallifere.    Anche all'interno del bel bosco che si sta attraversando si incontrano profonde cavità che, in alcuni casi, vengono blandamente protette da corde o nastri segnaletici.   A ben oltre un'ora dalla cima del Vaccareggio si arriva in fondo alla valle dove un paio di passarelle in legno aiutano ad attraversare il ruscello.   Nei pressi si trova anche una sorgiva (con acqua non controllata). 

Verga d'oro comune, ripresa tra i macereti dell'ex-area mineraria.

Si risale una cinquantina di metri di dislivello, arrivando in località Lavaggio (1180 m), caratterizzata da alcune cascine ristrutturate ed un gigantesco silos verde posto a guardia di una lunga stalla.   Appena oltre, si devia decisamente a sinistra, percorrendo brevemente una carreggiabile sterrata, prima di ritrovare il sentiero n. 599 che, in meno di mezz'ora, calpestando un fondo un po' accidentato, ci riporta in località Villa.

La vetta del Vaccareggio dalla località Lavaggio.

 Info tecniche:

Data dell'escursione: 13-08-2021. Tempo bello, con un po' di foschia 
Partenza: Arrivati a Dossena si prosegue sulla S.P. 26 in direzione di Serina.   Al secondo tornante si gira a sinistra, imboccando via Risorgimento che si abbandona al bivio successivo, prendendo a destra via Villa.   Dopo circa 400 metri si arriva di fronte ad un riconoscibile campo di tamburello.   Si continua su via Villa per altri duecento metri per arrivare ad un piccolo parcheggio (con fontanella) dove si lascia l'auto.   Proseguite pochi metri a piedi e trovate, a destra, l'inizio dell'itinerario.   Dossena si trova in Valle Brembana e dista da Bergamo circa 35 chilometri, percorribili in 50 minuti.  Un altro chilometro e sarete in località Villa.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 500 metri di sola salita, per una lunghezza complessiva di quasi sette chilometri.  
Durata: Per percorrere l'itinerario descritto servono circa 4 ore.

L'Alben dal sentiero delle creste. In primo piano, il Monte Castello.

Altri suggerimenti di carattere storico-culturale:  Come anticipato nella descrizione dell'itinerario, il borgo di Dossena nasce in seguito allo sfruttamento delle risorse minerarie presenti nel suo sottosuolo.   Chi fosse interessato all'argomento può anche visitare le galleria di una vecchia miniera, riattivata ai fini turistici grazie al lavoro di ripristino dei volontari dell'Associazione Miniere di Dossena, coordinati dallo stesso Comune di Dossena.  Nel loro sito internet (https://www.minieredossena.it) trovate cenni di storia e tutte le informazioni utili per la visita.
Un approfondimento particolare è disponibile sul numero 4 di Quaderni Brembani, che pubblica un articolo di Denis Pianetti sulle antiche miniere di Dossena e sui ritrovamenti effettuati dagli speleologi nelle loro cavità più recondite.    In merito, il testo ricorda un articolo pubblicato oltre cento anni fa (correva l'anno 1910) da L'Eco di Bergamo, dal titolo: “Geroglifici e tracce di schiavi egiziani nelle antiche miniere di Dossena”.   Sulla presenza degli antichi egizi in Val Brembana non ci furono ulteriori riscontri.  E' però molto probabile che, nelle profondità del sottosuolo di Dossena abbiano lavorato schiavi provenienti dall'antico Egitto, lì trascinati dai soldati romani che ne fecero preda di guerra durante l'espansione territoriale dell'impero lungo le coste nordafricane.  Il testo in questione è scaricabile da questo sito:  http://culturabrembana.com/quaderni-brembani-4.
Cartografia: Non mi risulta che l'anello qui descritto sia evidenziato su mappe cartacee attualmente in vendita.   Sul geoportale del CAI di Bergamo (http://geoportale.caibergamo.it) è però possibile scaricare un estratto di mappa in scala 1:25.000, evidenziando il numero del sentiero da percorrere (in questo caso il 599/A o il 599/B) nella funzione "cerca".

La vetta del monte Vaccareggio.