sabato 25 marzo 2023

Aria di primavera sui crinali boscosi della Val Borlezza.

Dai prati di Falecchio alla cima del monte Torrione, assaporando profumi, suoni e colori della fitta vegetazione che rinfresca i pendii e le coste delle cime della Val Borlezza. Un territorio ideale per chi ama camminare nel bosco. 

Il monte Varro dal sentiero di salita, nei pressi del colle Sfessa.

L'itinerario parte dai prati di Falecchio (circa 900 m di quota), sopra Songavazzo (nelle info tecniche i dettagli per arrivarci). Dopo aver parcheggiato negli stalli realizzati dal Parco locale di interesse sovracomunale (PLIS) del Monte Varro, si procede nella direzione opposta a quella da cui si è arrivati, calpestando una stradina sterrata che, dopo circa trecento metri, giunge ad un bivio, oltre il quale il transito è consentito solo ai mezzi motorizzati autorizzati.

Ellebori neri

Prendiamo lo sterrato di destra (strada agro-silvo-pastorale Falecchio - Camasone - Sfessa) che scende leggermente per poi risalire in un bosco misto. Pochi passi e si incrocia il segnavia del sentiero CAI n. 556, che ci accompagnerà fin quasi sotto la cima del monte Torrione. Continuando a salire, dopo una ventina di minuti si giunge ad un altro bivio. Si trascura l'indicazione a destra, che ci porterebbe alla località Oàch, e si prosegue sul tornante sinistrorso, calpestando il cemento che incontreremo spesso nei tratti più ripidi della strada.

Farfaraccio bianco.

Alternando brevi strappi a tratti in piano, si continua nel bosco che si è trasformato in fitta abetaia, colorata di multiformi fioriture. Si riconoscono ellebori, anemoni e primule, i fiori dell'erba trinità e splendidi farfaracci bianchi. Si cammina accompagnati dai cinguettii delle numerose specie di uccelli che popolano la zona. Nei rari momenti di silenzio si sentono, nette e distinte, le vibrazioni prodotte dal durissimo becco a forma di scalpello del picchio. In un dettagliato studio del 2005 sulla fauna del parco del monte Varro si segnala che, in questi boschi, nidificano ben cinque specie diverse di picidi.

Erba Trinità.

Intorno a quota 1030 m si incontra un altro bivio. A destra si intuisce la presenza di una vasta radura. Noi proseguiamo diritti, restando ancora nel fitto del bosco. Continuando a salire, dopo dieci minuti si incontra un altro bivio dove la vegetazione si dirada a sufficienza, lasciando intravvedere la suggestiva radura di Camasone (1062 m), con le sue cascine e gli ampi pascoli, ben delimitati dall'abetaia che rinfresca le pendici del Corno Ceresa. Si continua a salire lungo la strada pastorale, prima in piano e poi in leggera salita. Trascurando una deviazione a destra (indicazioni per Bossico e Madonna della Cremonella) si procede diritti, ritrovando i segni biancorossi del CAI che si erano un po' persi nel tratto precedente.

Roccolo nel bosco misto.

Lo sterrato procede in falsopiano, costeggiando la proprietà privata di un roccolo (un'ora e un quarto dalla partenza). Subito dopo ignoriamo un altro bivio per la Madonna della Cremonella e continuiamo sulla traccia principale, seguendo l'indicazione per Colle San Fermo. E' un tratto un po' faticoso. Forse per questo il bosco si dirada per regalarci un bel panorama sul monte Varro e, in lontananza, sul massiccio della Presolana. Si continua a salire costeggiando la recinzione di un altro roccolo. Siamo a quota 1200 m, quando incontriamo un tratto di vegetazione che si diverte a mutare forma e colori. Dopo un tratto a faggeta, bruscamente compare una fitta e buia abetaia, che non lascia sole alle altre essenze.

Le ferite procurate dalle moto da cross sul tratto finale per il monte Torrione.

Poco dopo torna il bosco misto, lasciando comparire anche i tronchi pallidi delle betulle. Infine la vegetazione si dirada ed il sentiero CAI effettua una larga curva a sinistra che ci porterebbe al Colle di San Fermo. Proprio in questo punto lo abbandoniamo per voltare bruscamente a destra, verso un'erta traccia vandalizzata dai profondi solchi creati dalle moto da cross. In cinque faticosi minuti, si raggiunge un'ometto di pietra posto sulla cima del monte Torrione (1308 m-quasi due ore dalla partenza).

Spesse velature dalla cima del Torrione.

Nelle giornate limpide il panorama è ampio ed appagante: Ai nostri piedi si intravede la Val Borlezza; di fronte la zona del Monte di Sovere con i prati ed i boschi circostanti la Malga Lunga. A sinistra l'altipiano di Bossico che digrada verso il lago d'Iseo, delimitato dalla riconoscibilissima Corna dei Trenta Passi ed il Monte Guglielmo. Voltandosi verso nord, si ammira il vicino monte Colombina e, più indietro, il panettone del Pora.

Panorama dalla cima del Torrione in una limpida giornata di settembre 2020.

Tornando sui nostri passi, bastano pochi metri di discesa per godere di una bella visuale del massiccio della Presolana. Giusto fino al punto in cui si ritorna a calpestare la traccia del sentiero CAI n. 556 che ci riporterà ai prati di Falecchio. Lungo la discesa consiglio una breve digressione: superato il roccolo dall'imponente proprietà privata si arriva nei pressi della radura di Camasone. Sulla sinistra si nota un cancello in ferro, che regola l'accesso degli automezzi alle cascine della radura. Lo si supera, utilizzando il passaggio pedonale posto sotto l'indicazione per Cerete e, con pochi passi, si arriva al bordo dei prati, in primavera abbelliti dalla fioritura dei crocus.

Contrada di Camasone.

La traccia di un sentiero scende tra l'erba, direzionandosi verso un maestoso abete rosso. Nel bel mezzo della radura si gode la vista delle cascine, dei coltivi e del roccolo posto alle pendici della Cima Trifone. Poco sopra l'abete si trova la cascina probabilmente più antica della conca di Camasone, attrezzata con gabinetto esterno. Sul suo lato uno storica tabella viaria informa che siamo alla Contrada di Camasone, in Comune di Songavazzo, Mandamento 1° di Clusone a 1050 m di quota.

La radura di Camasone.

Seguendo il sentierino che passa sotto il grande abete si costeggia il filare di alberi che delimita la radura e pianeggia infilandosi in un boschetto. Siamo su una vecchia mulattiera che, in meno di dieci minuti, ci riporta su uno sterrato che sale a servizio delle cascine più alte di Camosone. Noi scendiamo a destra dove subito incrociamo la strada agro-silvo-pastorale che ci riporta ai prati di Falecchio ed al parcheggio di partenza.

Anemoni bianche nei pressi dei prati di Falecchio.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 22-03-2023 - generalmente sereno, ma con spesse velature in quota che limitano la visibilità.
Punto di partenza dell'escursione: Parcheggio del Parco locale di interesse sovracomunale (PLIS) del monte Varro, posto al termine di via Monte Falecchio, sopra l'abitato di Songavazzo. Questo Comune dista circa 40 km dal centro di Bergamo, percorribili in una cinquantina di minuti. Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si volta a destra, seguendo le indicazioni per Clusone e Schilpario. Dopo Clusone si supera anche la rotonda all'altezza di Rovetta e si procede in direzione di Castione.  Un chilometro oltre, mal segnalata da un cartello stradale reso illeggibile dal tempo e dalle intemperie, si volta a destra in direzione di Onore e Songavazzo. Dopo cinquecento metri si arriva a un bivio e si volta a destra per Songavazzo. Si procede sulla provinciale 56bis per un chilometro e, in vista delle prime case, si gira sulla prima strada a sinistra seguendo le indicazioni per Falecchio. Si risale via Monte Falecchio per oltre due chilometri. Giunti alla caratteristica cappelletta a forma di cappello d'alpino, si prosegue dritti sullo sterrato per circa 500 metri, trovando il parcheggio evidenziato nella foto sottostante, sulla destra.

Il parcheggio di partenza dell'itinerario.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 450 metri di dislivello per una lunghezza totale di circa nove chilometri. 
Durata: La salita fino alla cima del monte Torrione impegna per circa due ore. Per il ritorno calcolare un'ora e mezza, escluse le soste.
Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del Monte Varro: Gli interessati ad approfondire le motivazioni che hanno portato ad istituire questa area protetta possono consultare due siti, i cui indirizzi sono recuperabili nelle note tecniche allegate al seguente post pubblicato in questo blog lo scorso 29.12.2022: https://dislivellozero.blogspot.com/2022/12/da-songavazzo-ai-prati-di-falecchio-e.html. 

Il maestoso abete rosso a Camasone.

Altre escursioni in zona: I crinali della Val Borlezza si prestano a molteplici escursioni. Tenendo conto anche del limitrofo altipiano di Bossico, in questo blog potete trovare la descrizione dei seguenti itinerari:
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/12/da-songavazzo-ai-prati-di-falecchio-e.html
https://dislivellozero.blogspot.com/2020/09/sullaltipiano-di-bossico-tra-i-panorami.html
https://dislivellozero.blogspot.com/2016/12/una-passeggiata-nei-boschi-di-bossico.html.
Inoltre, negli uffici del Comune di Songavazzo ed all'infopoint di Borghi della Presolana (https://borghipresolana.com) sono disponibili le cartine relative ad un'altra dozzina di sentieri per esplorare ogni angolo della zona.
Cartografia: Consultando il geoportale della sezione CAI di Bergamo, ed effettuando la specifica ricerca relativa al sentiero n. 556 (Songavazzo - San Fermo) si potrà estrapolare, in formato A4, la mappa dettagliata  della zona interessata all'itinerario qui proposto: http://geoportale.caibergamo.it/caibergamo_gfmaplet.

Crocus sulla via del ritorno.


giovedì 9 marzo 2023

Un insolito anello tra Gromo, Colarete, Valgoglio ed i prati di Ripa: un concentrato di storia e cultura rurale.

Un'escursione che si tuffa nella storia di uno dei più bei borghi montani fortificati, attraversando una suggestiva valle che ha subito tragici eventi metereologici. Per poi riposare lo sguardo davanti al soleggiatissimo paesaggio dei prati della Ripa di Gromo. 

Le case di Ripa Alta ed i Pizzi Redorta e Coca.

Questo itinerario prende forma dal parcheggio posto ai piedi del borgo di Gromo (650 m circa), ben visibile sul lato sinistro della provinciale che porta a Valbondione. Si imbocca la scaletta che entra nel borgo e si attraversa il cortile di un palazzo nobiliare, sotto il portico del quale è esposta una mostra fotografica dedicata al Bus di Tacoi, una grotta carsica di notevole importanza speleologica scoperta nelle pendici settentrionali del monte Redondo.

Nei vicoli di Gromo (foto estiva).

Si esce dal palazzo tramite una porticina posizionata a sinistra del portico. Siamo in via Milesi. Giriamo a destra e la risaliamo fino a Piazza Dante, il cuore del borgo montano fortificato. Si gira a sinistra e, tenendo il palazzo del Municipio alla nostra destra, imbocchiamo via De Marchi, fino all'incrocio con via Aviasco. La si prende a destra per poi abbandonarla già al primo bivio, svoltando subito a sinistra. Siamo sulla storica mulattiera che univa Gromo a Colarete e quindi a Valgoglio. 

L'area dove insisteva la contrada di Goglio, rasa al suolo dalla frana del 1666.

A questo bivio non esiste alcuna indicazione utile. Eppure sarebbe utile, anche da punto di vista storico, per sapere che si sta entrando nella valle formata dal torrente Goglio, che tanto ha influito nella storia di Gromo. Il primo di novembre 1666 infatti, una serie di straordinari e violentissimi eventi atmosferici, culminati in una grande e rovinosa frana, rase al suolo la contrada di Goglio, provocò settanta vittime e contribuì in maniera sostanziale al declino della fiorentissima industria delle armi bianche che, nei secoli precedenti, fece la fortuna di Gromo in ambito europeo.

Colarete aspetta il primo sole. A sinistra il torrente Goglio.

L'acciotolato della mulattiera è tutt'oggi in buone condizioni. Con leggera salita si transita sotto la condotta forzata a servizio della centrale idroelettrica di Gromo. Dopo un falsopiano si resta alti sull'alveo del torrente Goglio e, con poco sforzo, si giunge alla suggestiva chiesetta quattrocentesca di San Michele (745 m - mezz'ora dalla partenza),  sentinella della piccola frazione di Colarete.

La chiesetta di San Michele a Colarete.

Tenendo la chiesetta alla nostra sinistra, attraversiamo la strada provinciale, imboccando la mulattiera (qui è via San Michele) che sale, con pendenza più sostenuta, in direzione di Valgoglio.  Al primo bivio si tiene la destra, evitando di entrare nel cortile di un gruppo di abitazioni. In questo tratto compaiono le prime strisce di colore viola, che indicano il percorso del Sentiero dei Sapori, un cammino di nove tappe inaugurato nel 2016 e pensato per valorizzare le peculiari proposte gastronomiche del territorio dell'Asta del Serio. In teoria, gran parte dell'itinerario proposto dovrebbe essere segnalato da queste strisce viola.

Incontri sulla mulattiera tra Colarete e Valgoglio.

Si guadagna quota grazie ad alcune ripide serpentine, fino ad arrivare alle prime case di Valgoglio. Rimanendo sull'acciotolato si incrocia la strada provinciale nei pressi di un tornante. A vista si vede la prosecuzione della mulattiera poco sopra l'inizio del tornante stesso, grazie anche alla presenza di una palina segnaletica verticale del Sentiero dei Sapori.

Campanelle a Valgoglio.

Il 26 aprile 2022 una grossa frana cadde dal versante che domina la strada provinciale. Valgoglio rimase isolato per 24 giorni. I suoi 380 abitanti utilizzarono questa mulattiera per tutte le loro attività quotidiane! Percorrendo un ulteriore strappo in salita, un pensiero va dedicato alle loro fatiche di quel periodo. Si giunge quindi di fronte ad una cappelletta dei morti, realizzata nel 1855. Qui si svolta a destra, si riattraversa la provinciale e si riprende la mulattiera che, in questo tratto, fa parte della via Giovanni XXIII e sale, con fondo erboso, fino al centro del paese. Giunti ad un vecchio lavatoio, si attraversa di nuovo la provinciale, proseguendo sull'asfalto di via Giovanni XXIII. Dopo una cinquantina di metri si nota una striscia viola che invita a prendere la destra, facendoci camminare nuovamente sull'acciotolato. 

La chiesa parrocchiale di Valgoglio.

Bastano pochi passi per sbucare sul retro della chiesa parrocchiale di Valgoglio (910 m-circa un'ora e dieci minuti dalla partenza), dove si incontra un'altra palina del Sentiero dei Sapori che ci fa svoltare a destra, introducendoci nella piazza principale del paese. Ci si porta all'inizio di Piazza Don Tiraboschi e, all'altezza del Municipio, si attraversa la strada in direzione di un'altro segnavia del Sentiero dei Sapori, imboccando via Musa. Si sale calpestando l'asfalto fino ad un piccolo parcheggio dove si gira a sinistra, su una mulattiera che porta ad una santella, sbucando infine in via Mazzocca (960 m).

Novazza e la parete nord del Monte Secco viste dalla località Mazzocca.

Voltando a destra la si percorre in piano ammirando belle viste sul paese di Novazza e sull'imponente parete nord del Monte Secco. Dopo una decina di minuti, quasi al termine di via Mazzocca (percorrendola integralmente si arriverebbe a un bacino idrico recintato), la segnaletica del Sentiero dei Sapori ci fa salire a sinistra, su una sterrata privata con tanto di divieto di transito. Con vivace pendenza ci si inoltra in mezzo ad un bosco di latifoglie. Poco sopra, compaiono le prime conifere.

Croco bianco dei prati della Ripa.

La salita dura una dozzina di minuti, fino ad un bivio non segnalato. La sterrata, contrassegnata da diversi segnali di proprietà privata e di divieto, sale a sinistra, verso una radura con alcune cascine. Si tratta della località Gromla. Noi invece procediamo diritti, seguendo una traccia di sentiero che pianeggia nel bosco, dove ai faggi ed agli abeti si uniscono anche alcuni castagni.

Arrivo ai prati della Ripa. Al centro si impongono i monti Calvera e Vigna Soliva.

Restando poco sotto le cascine di Gromla, si riprende a salire, incontrando un segno viola sulla corteccia di un abete. Con una serie di saliscendi si supera la costa boscosa, fino a sbucare, dopo poco più di due ore dalla partenza, in una panoramica e soleggiata radura con baita ristrutturata, da dove si gode una splendida vista. Sulla destra troneggia il monte Redondo e le vette di Timogno, Benfit ed Avert. Poco oltre si ammirano il Vigna Vaga ed il Vigna Soliva e, a nord, si delineano gli imponenti profili dei Pizzi Redorta e Coca.

La chiesetta della Santissima Trinità, a Ripa Alta.

Siamo ai prati della Ripa, l'area più soleggiata del territorio comunale di Gromo. Coltivi e pascoli della zona furono creati e mantenuti dall'uomo grazie ad opere millenarie di disboscamento, irrigazione, drenaggio, concimazione e sfalcio, in parte utilizzate ancora oggi. Dalla cascina una sterrata carrozzabile scende dolcemente per un centinaio di metri, sino a confluire nella stradina asfaltata che sale dal fondovalle. La si percorre voltando a sinistra, ritrovando finalmente una palina segnaletica del Sentiero dei Sapori. 

Arrivo a Maschere.

Si pianeggia in pieno sole fino alle poche case di Ripa Alta (1060 m) dove, all'altezza del cartello che indica via Monsignor Luigi Morstabilini, si incrocia il sentiero CAI n. 233 che si dirige ai Laghi del Cardeto.  Noi restiamo sull'asfalto per raggiungere, con pochi passi, la suggestiva chiesetta della Santissima Trinità e, successivamente, la splendida contrada Maschere (1070 m-circa tre ore dalla partenza), con le sue case affiancate le une alle altre, a costituire un bellissimo e raro esempio di borgo pastorale. Di fronte alla contrada spicca la boscosa Val Sedornia, mentre, alle sue spalle, il massiccio ed imponente Pizzo Redorta attira ogni sguardo. 

Contrada Maschere.

Fatto ritorno a Ripa Alta, si scende lungo il sentiero CAI n. 233 che, unitamente ad una variante del Sentiero dei Sapori, utilizza il tracciato di una vecchia mulattiera probabilmente già percorsa in epoca romana, che univa il borgo storico di Gromo con gli aggregati rurali di Ripa Bassa, Ripa Alta, per poi proseguire ai pascoli più alti. La segnaletica del sentiero è carente, almeno per chì lo utilizza in discesa. Attraversando alcune volte la serpentina d'asfalto che sale dal fondovalle, la traccia giunge nei pressi di Ripa Bassa dove le indicazioni, viola o biancorosse che siano, tendono a scomparire, o a confondersi con altri segnali.

Scendendo sul sentiero CAI n.233 verso Ripa Bassa.

Seguendo quello che sembra il tracciato principale, che resta alto sulle abitazioni più recenti, si costeggiano gli orti ed i prati delle vecchie cascine, al termine delle quali la traccia prende il nome di Via Portula. La mulattiera si restringe, infilandosi in un fitto bosco ceduo dove si pianeggia a lungo. Ogni tanto la vegetazione si dirada, offrendo scorci sui tetti di Gromo San Marino e sull'altra sponda della valle, verso Boario ed i suoi Spiazzi. Dopo quest'ultima vista, la traccia prende a scendere con decisione, segnalata da bolli e strisce di un color rosso vivo, quasi fucsia.

La chiesa di Ripa Bassa.

Si trascura una freccia che pretende di farci risalire nel fitto del bosco e si procede in piano. Un tratto di vegetazione diradata ci permette di ammirare un'insolita vista sui tipici tetti in ardesia del borgo storico di Gromo. Dopo pochi muniti si individua la condotta forzata che abbiamo incrociato poco dopo la partenza dell'escursione. Infatti il sentiero ritrova la storica mulattiera già percorsa in senso inverso per salire a Colarete. Basta quindi voltare a sinistra per scendere verso il centro di Gromo e, in una decina di minuti si arriva al parcheggio. La discesa è durata poco più di un'ora.

I tetti di Gromo.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 06-03-2023 - cielo sereno, con velature in quota.
Punto di partenza dell'escursione: Parcheggio pubblico a servizio del centro storico di Gromo, posto sul lato sinistro della strada provinciale che sale a Valbondione. Il borgo medioevale dista poco più di 40 Km dal centro di Bergamo, percorribili in tre quarti d'ora d'automobile. Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si tiene la sinistra, seguendo le indicazioni per Valbondione. Superato l'abitato di  Ardesio, si procede sempre sulla provinciale per tre chilometri, arrivando alla caratteristica rupe a cui si aggrappa il borgo storico e sotto la quale si trova il nostro parcheggio.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: Circa 450 metri di sola salita per un totale di poco più di sette chilometri e mezzo. 
Durata: L'intero anello impegna per circa quattro ore. 



Altre informazioni di carattere storico e culturale: Chi fosse interessato ad approfondire il tragico evento della rovinosa frana che cancellò la contrada del Goglio può trovare nelle biblioteche della Valle l'interessante volume intitolato: La rovina del Goglio, scritto da Gabriele Medolago e pubblicato a cura dei Comuni di Gromo e Valgoglio.

Azienda Agricola della Ripa di Gromo.

Altre escursioni in zona: Nel territorio dei Comuni di Gromo e Valgoglio sono possibili diverse escursioni. In questo blog trovate le seguenti proposte:
https://dislivellozero.blogspot.com/2021/10/dal-sentiero-delle-malghe-degli-spiazzi.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/08/da-novazza-al-rifugio-gianpace-porta.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/10/unavventurosa-escursione-nella-selva.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2019/02/con-o-senza-ciaspole-la-selva-dagnone-e.html
Cartografia: La zona interessata dall'itinerario è individuabile nella carta escursionistica del Sentiero delle Orobie orientali, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000, anche se l'anello proposto non è compiutamente evidenziato. Anche per questo motivo il seguente post si è dovuto dilungare più del solito.

Vista su Boario e le sue montagne dal sentiero di discesa.