mercoledì 31 gennaio 2018

Crimini e sangue sulle pendici del Monte Cancervo.

Nell'estate del 1914 una gigantesca caccia all'uomo impegnò centinaia di alpini, fanti e regi carabinieri tra le pendici, nei fitti boschi e sull'altipiano del Monte Cancervo, a cavallo tra la Val Brembana e la Val Taleggio.     Il ricercato era Simone Pianetti, di Camerata Cornello, che la mattina del 13 luglio aveva assassinato, con il suo fucile a tre canne, ben sette persone.

Temporale sul Venturosa. In primo piano la cima del Cancervo.
Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

Per mesi le forze dell'ordine rastrellarono palmo a palmo la vasta area montuosa ma, a parte un fugace contatto visivo avvenuto il giorno dopo la strage, di Pianetti nemmeno l'ombra. Aiutato dalla complicità di pastori e carbonai che probabilmente gli offrirono ospitalità nelle baite e lo rifocillarono con polenta e formaggio, il latitante riuscì a eludere le ricerche nascondendosi negli anfratti del Cancervo o tra le asperità delle pendici che scendevano verso la boscosissima e dirupata Valle Asinina.     Per alcuni mandriani, Pianetti si era rifugiato nel "foièr", una zona quasi inaccessibile, ricca di strapiombi e dirupi che si estende oltre il Monte Venturosa, sopra Cassiglio e Olmo al Brembo.

San Giovanni Bianco e il Cancervo innevato. Cartolina degli anni '20.

Peraltro il Pianetti conosceva palmo a palmo quelle montagne, in virtù della sua passione per la caccia ai camosci, che utilizzò anche per sfamare la sua numerosa famiglia nei diversi periodi di magra che costellarono la sua avventurosa vita.     Nato nel 1858, Simone Pianetti era di temperamento collerico e sanguigno.     Inquieto di natura, emigrò nelle Americhe non per necessità ma per avventura, aiutato anche dai soldi di papà che gli consegnò in anticipo la sua parte di eredità, pur di levarselo di torno.

Simone Pianetti.

A New York entrò in contatto con i circoli anarchici degli emigranti italiani ed avviò un'attività commerciale che fu subito taglieggiata dalla mafia locale (che allora si chiamava "la mano nera"). Pianetti ebbe il coraggio di denunciare questi soprusi ma, proprio per questo, fu costretto ad una precipitosa fuga, tornando in Italia.

Il passo di Grialeggio. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb,
che ringrazio per la concessione.

Il rientro in Val Brembana lo pose di fronte ad una realtà molto chiusa e bigotta, in netta antitesi rispetto alla sua esperienza americana.     Aprì una trattoria, dove si poteva ballare, e subito le autorità ecclesiastiche la bollarono come luogo di perdizione.     Investì gli ultimi soldi nella creazione di un mulino elettrico, una grande novità per quel periodo.    Ma il prodotto dei suoi sforzi fu battezzato come "la farina del diavolo", accusata di diffondere la pellagra in tutta la Valle.

Il Resegone, visto dal sentiero di salita che, dal passo di Baciamorti, porta alla cima del Venturosa.

In breve fu la rovina per Pianetti e la sua famiglia.   Simone rifugiò il suo livore nella bottiglia poi meditò di suicidarsi.    I venti di guerra che spiravano per l'Europa e l'attentato dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo gli diedero invece lo spunto di dirottare le proprie frustrazioni contro coloro che, a suo dire, lo avevano ridotto in quello stato.     Compilò una lista di nomi e premeditò un dettagliato piano di eliminazione fisica per otto persone.

La salma del parroco, Don Filippi, viene portata in chiesa.
Foto storica tratta dal sito di Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

La mattina del 13 luglio, Pianetti uscì molto presto di casa e, in poche ore, assassinò il medico condotto, il segretario ed il messo comunale, il parroco, una contadina che non voleva pagargli la sua farina perché ... "era andata a male" ed altre due persone.   Gli sfuggì soltanto il Sindaco, che si era rinchiuso, ben armato, nel suo roccolo di caccia.

La frazione di Pianca vista dal sentiero per Cantiglio.
Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

Compiuta la strage, Simone Pianetti fuggì sul sentiero che porta a Cantiglio, dove mangiò qualcosa con tre ignari mandriani.    Dopo di che, nonostante l'impegno delle pattuglie dei regi carabinieri e le altre manovre a tenaglia per cercare di circondarlo (una squadra di fanti saliva da Pianca al Passo di Grialeggio, gli alpini invece lo cercavano a partire dal Passo di Baciamorti) non fu più rintracciato.

Il Menna dai contrafforti del Cancervo.
Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

La famiglia, anche per trovare un po' di pace, diffuse la voce che fosse precipitato in un profondo dirupo nella zona tra il Cancervo e il Venturosa.     Un'altra versione sospetta che proprio le Istituzioni preposte a dargli la caccia aiutarono il Pianetti a fuggire nelle Americhe.    L'appartenenza politica al mondo anarchico ed anticlericale e la notorietà delle angherie subite dal Pianetti da parte delle autorità locali, Parroco e Sindaco su tutti, avevano stimolato nel popolino un'immagine del Pianetti quale un piccolo Robin Hood locale.   Sui muri dei paesi della Valle comparvero scritte inneggianti al suo operato e la difficoltà a catturarlo era dovuta anche alla complicità dei mandriani e dei pastori che l'avevano preso in simpatia.    Una sua cattura avrebbe creato reazioni incontrollate ed aumentato la sua fama.
Pascoli del Cancervo in fiore. Sullo sfondo il Venturosa.
Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

Del Pianetti rimasero poche tracce. Qualcuno disse di averlo incontrato in Venezuela, per altri morì ultranovantenne nella casa milanese di uno dei suoi figli.    In Val Brembana prevale l'ipotesi che fosse tornato di nascosto tra le sue montagne.  Un gruppo di abitanti di Cespedosio affermò infatti di aver incontrato, nel 1943, un'anziano signore che si aggirava nei pressi del loro borgo. Con lui scambiarono poche parole, dalle quali emerse la sua vera identità. Dopo di che scomparve, seguendo un sentiero che si perdeva nei boschi circostanti dove, trent'anni prima, lo avevano braccato senza mai catturarlo.

Altipiano del Cancervo. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

Info varie:
Escursioni nella zona: L'areale che ha vissuto le gesta criminali di Simone Pianetti propone itinerari molto variegati ed interessanti.  
La cima del Cancervo (1.840 m) si raggiunge normalmente da Pianca (810 m) frazione di San Giovanni Bianco.  Il dislivello della gita è di circa 1.000 metri e la salita (segnavia CAI n. 102) impegna per quasi tre ore.   Raggiunta la cima, si può scendere al Passo di Grialeggio (1.707 m) per raggiungere, con il sentiero CAI n. 136, la strada che collega i villaggi di Era e Cespedosio con Pianca, completando quindi un intrigante, anche se un po' lungo, itinerario ad anello.

I prati del Cancervo al limitare della Pianca.
Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.

Un'altra bella escursione parte da Capo Foppa (1.307 m) raggiungibile da Pizzino, in Val Taleggio. Prendendo il sentiero CAI n. 153 si raggiunge, in poco più di un'ora, il Passo Baciamorti (1.540 m),  dove si collega il sentiero 102, che ci porta al Passo Grialeggio.   Da questo punto è possibile scegliere se salire al Cancervo, oppure se tentare la Cima del Venturosa (1.999 m).    Optando per quest'ultima meta, si effettua un dislivello di circa 720 metri, impiegando 2 ore e mezza per la sola salita.
Su questo stesso blog, viene infine descritto un bel itinerario che da Pianca porta al villaggio di Cantiglio (1.082 m) con un dislivello più contenuto rispetto a quelli precedentemente descritti. Trovate il link di collegamento qui:  https://dislivellozero.blogspot.com/2017/02/da-pianca-cantiglio-sulle-tracce-di-un.html


Bibliografia: Sulla figura di Simone Pianetti sono stati stampati molti libri. Ne cito tre:
  • D. Pianetti, Cronaca di una vendetta. La vera storia di Simone Pianetti, Bergamo, Ed. Corponove, 2014
  • A. Mattavelli, La farina del diavolo. Simone Pianetti, 1858-?, Bergamo, Ferruccio Arnoldi Editore, 1992.
  • R. Trussardi, La taverna del diavolo, Bergamo, 2008, Edizioni Stampa Alternativa.
Cartografia: Carta escursionistica della Provincia di Bergamo-tavola 04.









domenica 21 gennaio 2018

Camminando su un sentiero partigiano alle pendici del Monte Ubione

Poco sopra Clanezzo è stato realizzato un bel sentiero dedicato ad Angelo Gotti, partigiano, medaglia d'oro della Resistenza.    L'itinerario parte dall'ampio parcheggio posto nei pressi dell'Agriturismo Cascina Belvedì (383 m).    E' un tracciato semplice e ben segnalato, di dislivello contenuto, adatto a tutti.
L'Agriturismo Cascina Belvedì
Il primo tratto si inerpica verso la cima del Monte Ubione.    Facendo un po' di fatica, si sale in un bel bosco di carpini ed agrifogli, seguendo il segnavia CAI n. 571, fino ad un bivio posto a quota 580 dove si tiene la sinistra, abbandonando la ripida salita verso la cima dell'Ubione e proseguendo sul tratto pianeggiante che attraversa il bosco, fino a raggiungere un crinale che offre belle vedute sulla Valle Imagna, il Monte Linzone, il Resegone e le Grigne.
Vista sul Linzone dal sentiero partigiano.
Stiamo calpestando i sentieri percorsi durante la guerra civile dai partigiani della brigata Valbrembo, appartenente alle Fiamme Verdi, segretamente capitanati da don Antonio Milesi, curato dell'oratorio di Villa d'Almè, nome di battaglia "Damì".    Il comando tattico della brigata era stato fissato alla Cascina Como, meta del nostro itinerario.
Cascina Como
Con poco dislivello si giunge alla radura della Passata dove ci aspetta un capanno di caccia e, sulla destra, si intuisce un altro rapido percorso di salita alla croce del Monte Ubione.   Fino a questo punto abbiamo camminato per un'ora e mezza.   Ci aspetta un'altra mezzora di saliscendi per arrivare alla tomba del partigiano: la radura dove, il 23 novembre del 1944, Angelo Gotti è stato catturato, torturato ed infine fucilato da una pattuglia fascista.    Per arrivarci si torna a seguire il segnavia CAI 571, che sale un bosco più rado del precedente, supera il punto più elevato del percorso (850 m) per poi scendere dolcemente su un'ampia strada sterrata che ci conduce nei pressi della lapide commemorativa.
La tomba del partigiano
L'imboscata dei fascisti era stata resa possibile dalla delazione di un ex-componente delle Fiamme Verdi che aveva rivelato le basi della formazione partigiana operante in zona.    Il Gotti ed un suo amico vennero sorpresi mentre stavano cercando di avvisare i loro compagni stazionanti alla Cascina Como, posta dieci minuti più in basso del luogo dell'eccidio.  Di fronte a questa cascina (722 m.), ora proprietà privata, termina il percorso del sentiero partigiano.

Escursione effettuata domenica 14 gennaio 2018 (tempo uggioso).

La vetta del Monte Ubione-foto tratta dal sito di
ValBrembanaweb, che ringrazio per la concessione.
Info tecniche:
Come arrivare: La frazione di Clanezzo, pur facendo parte del Comune di Ubiale, si raggiunge più comodamente imboccando la provinciale per la Valle Imagna. Subito dopo l'abitato di Almenno San Salvatore, si prende a destra, seguendo le indicazioni che ci conducono al paese. Arrivati al semaforo posto accanto all'ex Castello di Clanezzo (ora ristorante), si seguono le indicazioni per l'Agriturismo Cascina Belvedì.
Dislivello: Il dislivello complessivo del sentiero partigiano è di circa 500 metri.
Durata: La sola andata si percorre in circa due ore.  Il ritorno impegna per un'ora e mezza.


Porto di Clanezzo-foto tratta dal sito di
ValBrembanaweb, che ringrazio per la concessione.
Altre note: Una visita alla frazione di Clanezzo può risultare molto interessante.    Il borgo è situato alla confluenza di tre valli (Imagna, Brembana e Brembilla) e due fiumi (Brembo e Imagna).    Per questo la Storia ha lasciato segni evidenti e importanti manufatti che il visitatore poco frettoloso potrà ammirare.    Nel passato il traffico commerciale passava esclusivamente sulla sponda opposta del Brembo.    Per raggiungerla da Clanezzo fu realizzato un traghetto che, partendo dalla località Porto, raggiungeva Botta di Sedrina.    Verso la fine del 1800 fu realizzata una passerella pedonale, tuttora ben esistente e conservata, che attraversa il Brembo consentendo una suggestiva escursione con splendide vedute sulla valle e sul borgo stesso.    Da non perdere, infine, l'occasione di visitare l'altomedioevale ponte di Attone e il, purtroppo cadente, edificio della vecchia Dogana.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 07.
L'itinerario evidenziato sulla tavola 07 della
Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
Si ringrazia per la concessione.








venerdì 12 gennaio 2018

Dalla funicolare di San Vigilio, rilassanti passeggiate alla portata di tutti, con vista sul mondo.

Quasi tutti conoscono la funicolare che dalla centrale via Vittorio Emanuele, sale al Mercato delle Scarpe, nella parte alta di Bergamo.     Pochi però sanno che in città esiste una seconda funicolare, che da Colle Aperto porta a San Vigilio, a quasi 500 metri di quota, e che può diventare punto di partenza di gradevolissime passeggiate all'interno del Parco regionale dei Colli di Bergamo.
Città Alta ripresa dalla stazione di arrivo della funicolare di San Vigilio.
La prima funicolare fu realizzata, sul finire del XIX secolo, per togliere dall'isolamento il vecchio borgo collinare collegandolo con il nuovo e vivace nucleo urbano di Bergamo bassa, al tempo in piena fase di sviluppo economico e sociale.      La seconda funicolare rappresentò invece, agli inizi del 1900, il fulcro di un progetto, attuato da una società privata, per stimolare una più rapida urbanizzazione della zona circostante il colle di San Vigilio.     Il tentativo non ebbe successo (per fortuna!) ma consegnò all'Amministrazione Pubblica un piccolo gioiello che è stato ripristinato e reso fruibile nel 1991 e che consente di superare in pochi minuti un dislivello di 90 metri con pendenze che vanno da 10 al 22%.
Vista sul Monte Rosa da San Vigilio
 Dalla stazione di arrivo del colle di San Vigilio, partono una serie di brevi itinerari che l'A.T.B. (Azienda Trasporti Bergamo) descrive in un sintetico pieghevole, gratuitamente a disposizione degli interessati all'ingresso della stazione di partenza della funicolare stessa.     Sono passeggiate alla portata di tutti, che offrono l'opportunità di scoprire itinerari e vedute inusuali, di grandissimo fascino.     La principale attrattiva è rappresentata dai resti del Castello di San Vigilio, situato in uno dei punti più alti e panoramici di Bergamo.
Un torrione del Castello di San Vigilio
Il colle di San Vigilio è sempre stato considerato una porta di accesso strategica alla città.    Dalla sommità era possibile infatti controllare un'amplissima porzione di territorio bergamasco: dalla vicina cima del Monte Bastia alla piana del Lemine (ora Almenno); dalla corona delle Prealpi Orobie alla val di Breno (ora Paladina, Valbrembo e Sombreno).     Non stupisce quindi che, sin dal VI secolo, fu pensato di realizzarvi una fortificazione idonea all'avvistamento di eventuali truppe nemiche e che, nel 1166, il Consiglio Comunale di Bergamo decise di insediarvi un vero e proprio castello  che, con il passare dei secoli, fu utilizzato ed ingrandito prima dai Visconti di Milano e, successivamente, dalla Repubblica Veneta.
Zoom sul Monastero di Astino
Dotata di quattro torrioni, cannoniere e feritoie, la fortezza fu oggetto di numerose dispute e conseguenti passaggi di mano.     Gli stessi, suggestivi panorami che ancora oggi possiamo godere, furono scrutati, oltre che dalle sentinelle della Serenissima, anche da truppe spagnole, francesi ed austriache.      Queste ultime operarono un graduale smantellamento dell'edificio, i cui resti furono poi abbandonati dalle funzioni militari per essere acquistati, alla fine del secolo XIX, dalla famiglia Solegaroli, azionista di maggioranza della società proprietaria della funicolare.      I Solegaroli vi insediarono un ristorante che, probabilmente non ebbe gran fortuna, ma consentì di rendere agibile la scalinata d'accesso ed i camminamenti interni, prima della vendita al Comune di quanto rimaneva del manufatto.     A partire dagli anni '60, le rovine del castello sono accessibili al pubblico.
Il Canto Alto da San Vigilio
Info varie:
La funicolare: La stazione della funicolare per San Vigilio si trova negli immediati pressi della Porta di Sant'Alessandro, poco oltre Largo Colle Aperto.    Le corse si alternano ogni quarto d'ora.    Il biglietto di sola andata costa 1.30 € e si può acquistare tramite l'obliteratrice automatica della stazione  stessa, oppure all'edicola di Largo Colle Aperto.
Arriva la funicolare...
Gli itinerari proposti dal pieghevole dell'A.T.B.: Sul pieghevole vengono descritti quattro itinerari, tutti con dislivello trascurabile e di breve o brevissima durata.    Si tratta di rilassanti passeggiate su asfalto, alla scoperta di angoli caratteristici e spettacolari vedute panoramiche.    Uno degli itinerari propone di tornare verso Città Alta percorrendo in discesa l'acciottolato della caratteristica scaletta dello Scorlazzone.     Le scalette di Bergamo rappresentano una tra le più belle peculiarità culturali e paesaggistiche della città.     Acciottolate e fiancheggiate da muretti a secco, nel passato venivano usate dai contadini per spostarsi da un terrazzamento coltivato all'altro, o dagli altri abitanti, come scorciatoie per raggiungere più velocemente le diverse destinazioni.    Il pieghevole dell'A.T.B. è scaricabile da questo link: www.atb.bergamo.it/it/viaggia-con-noi/turismo-a-bergamo/funicolari.

Il pieghevole distribuito dall'A.T.B.

lunedì 1 gennaio 2018

Una tranquilla ciaspolata nei fitti boschi della Valsecca, nel Comune di Roncobello.

State pensando ad una ciaspolata tranquilla e generalmente sicura in una delle più belle foreste di conifere della Lombardia, da effettuarsi anche senza l'ausilio di GPS o mappe alla mano?    Salite a Roncobello, guidate fino alla frazione di Capovalle (1.130 m - 26 abitanti) e parcheggiate l'auto nei pressi della chiesetta della Madonna della Neve, che protegge il paesino dalle valanghe sin dal lontano 1675.
A pochi passi dalla Conca di Mezzeno-foto tratta dal sito della
Pro Loco di Roncobello, che ringrazio per la concessione.
Fatti pochi metri a piedi, si possono calzare le ciaspole all'inizio di quella che, d'estate, è una strada asfaltata che consente di raggiungere le Baite di Mezzeno, previo pagamento di un ticket di 2 euro. Con le prime nevicate, la carrozzabile si trasforma in un'ottima traccia per ciaspolatori e scialpinisti, snodandosi in uno splendido bosco di abeti rossi (i più numerosi), larici ed abeti bianchi. 
La chiesetta di Capovalle-foto tratta dal sito della
Pro Loco di Roncobello, che ringrazio per la concessione.
Un abete bianco è contrassegnato con un cartello, che lo chiama Aès e ne indica le ragguardevoli dimensioni: una chioma larga 8 metri, un diametro di 118 cm ed altezza di ben 46 metri!    Si tratta di  uno dei patriarchi di questo bosco, risparmiato dalle scure dei boscaioli per permettere il ricordo di un ragazzo della valle che, prima di morire sul fronte della Grande Guerra, aveva inciso il suo nome sul tronco dell'abete.
Vista sul monte Menna, preso dal percorso di salita-foto tratta dal
sito di valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.
Evitando deviazioni e scorciatoie si prosegue sulla traccia che sale a zig-zag e con pendenza regolare (circa il 10%).    Dopo circa tre chilometri il bosco si dirada e lo sguardo si apre a destra sui versanti del monte Menna, del monte Vetro e del pizzo Branchino.
Conca e Cima di Mezzeno-foto tratta dal sito di
Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.
In circa due ore si raggiunge la meta: una grande conca in cui termina la strada e che ospita quattro soleggiate baite.  Siamo arrivati nella località di Mezzeno (1.591 m.).   Il grande pascolo è completamente circondato da montagne che superano i 2.000 metri di altezza: di fronte troneggia la cima dedicata a Giovanni Paolo II, sulla sinistra il Monte Spondone, mentre a destra si intravede il Monte delle Galline.    Chiude il cerchio il Pizzo Branchino.  La discesa avverrà per lo stesso percorso.
Roncobello e dintorni in una cartolina spedita nel 1959-tratta
dal sito di Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione.
Info tecniche:
Come arrivare: Capovalle è l'ultimo paese della Valsecca (mai toponimo fu più contraddittorio), che si raggiunge dopo aver superato Piazza Brembana in direzione di Foppolo.  Sono circa 46 chilometri da Bergamo (un'ora di macchina).
Dislivello: Il dislivello complessivo della ciaspolata è di circa 500 metri.
Durata: Calcolate circa due ore per salire e un'ora e mezza per scendere. I chilometri complessivi (andata e ritorno) sono circa dieci.
Sulla pista di fondo di Roncobello si può sciare anche in notturna.
Foto tratta dal sito della Pro Loco, che ringrazio per la concessione.
Altre note: Fornisco un suggerimento sportivo ed uno culturale.  Nel capoluogo della Valle hanno attrezzato una divertente pista da sci da fondo di circa 5 km, solitamente ben innevata e ben tracciata.   E' possibile noleggiare in loco l'attrezzatura.    Per info: Proloco di Roncobello, tel. 0345 84085; sito web: www.roncobello.com.
Il Mulino Gervasoni, foto di Sergio Passoni, tratta dal
 sito della Pro Loco, che ringrazio per la concessione.
Il suggerimento culturale vi porta nei dintorni della frazione di Bàresi, dove si trova il Mulino Gervasoni, di proprietà del FAI (Fondo Ambiente Italiano) e gestito dai volontari dell'Associazione Maurizio Gervasoni.    E' un fabbricato rurale in pietra del 1600, utilizzato nei secoli come mulino, casera ed opificio per la produzione dell'olio di noci, un prodotto alimentare molto in voga nel passato che era speso usato anche come combustibile per l'illuminazione.   Nel periodo invernale è chiuso, ma il contesto paesaggistico è molto suggestivo e si può vedere anche la ruota principale del mulino che potrebbe essere ancora utilizzata, se fosse ripristinato il collegamento con il canaletto che portava l'acqua dal vicino torrente.   Ulteriori informazioni: www. assmauriziogervasoni.it, oppure 
www.fondoambiente.it/luoghi/mulino-maurizio-gervasoni.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavole 02 e 05.
L'itinerario proposto evidenziato sulla tavola 02 della Carta Turistica-Escursionistica
 della Provincia di Bergamo.  Si ringrazia per la concessione.