mercoledì 24 settembre 2025

Un anello nella bassa Valcanale, attraversando borghi e contrade con splendide visuali sulle loro "Dolomiti".

 🥾 Dislivello: circa 400 metri         ⌚ Durata: 3 ore e mezzo         📏Lunghezza: 11 chilometri

Località Canmare e Monte Redondo.

La partenza dell'anello escursionistico avviene a Marinoni, frazione del Comune di Ardesio, a cui appartiene tutto il territorio attraversato durante l'itinerario. La prima parte dello stesso, che porta alla splendida sella di Bani, viene descritta nel post precedente a questo, a cui si rimanda per tutti i dettagli: https://dislivellozero.blogspot.com/2025/09/in-cammino-lungo-la-storica-mulattiera.html.

Monte Secco, Cima Fop e, in primo piano, il Corno Negro.

Di seguito si descrive la seconda parte dell'escursione: dal campo sportivo di Bani si scende lungo via Case Nuove, al cui termine si gira a destra su via Bani. Siamo sulla carrozzabile che, in meno di due chilometri e con due tornanti, si collega al fondovalle. Il traffico veicolare è scarsissimo e l'asfalto permette di camminare gustandosi tranquillamente il bel panorama sulle vette dolomitiche della Valcanale.

L'incrocio con la provinciale e la strada forestale che scende al torrente.

In una ventina di minuti da Bani, si giunge all'incrocio con la provinciale che risale la valle (885 m circa). Dalla parte opposta del crocevia, una strada forestale, con fondo cementato ed indicazione per la Falesia Val Las, scende in direzione del torrente Acqualina. Al primo bivio si svolta a sinistra, seguendo le indicazioni per Albareti. Al bivio successivo, da cui basterebbero pochi minuti per raggiungere e visitare questa suggestiva frazione, si prende invece a destra, seguendo le indicazioni per Ardesio.

Balsamina di Balfour nel bosco del torrente Acqualina.

Siamo sul sentiero CAI n. 220 che, dalla parte opposta,risale al rifugio Alpe Corte. In breve si raggiunge e si attraversa il torrente, camminando su un ponte recentemente realizzato con il contributo regionale (810 m-un quarto d'ora dall'incrocio con la provinciale). Dopo una breve risalita si tiene la sinistra, trascurando la deviazione che sale in Val del Las. Rimaniamo qui sul sentiero CAI n. 220, che  costeggia la sponda orografica sinistra del torrente Acqualina permettendo belle visuali sui borghi di Albareti e Rizzoli. 

Rizzoli dal sentiero CAI n. 220.

Percorriamo un tratto in falsopiano per una ventina di minuti, fino a superare un breve strappo in salita che ci conduce sullo sterrato di una larga strada forestale. Si tiene la sinistra e, immediatamente. si intravede la traccia di un sentiero che pianeggia a sinistra, mentre la forestale sale diritta. Si abbandona la forestale e si percorre il sentiero che, in un quarto d'ora, porta alla splendida località Canmare.

In vista della cascina si scende nel prato, seguendo una traccia...

In vista della cascina si scende nel prato, seguendo una traccia che ne sfiora il lato sinistro e costeggia il boschetto di latifoglie. In breve il sentierino si trasforma in una mulattiera, che entra tra la vegetazione per portare sulla sponda sinistra del torrente (750 m. circa- poco più di un'ora dall'incrocio con la provinciale). Si attraversa il ponte e, sulla riva opposta si incontrano i resti dell'antica calchera di Marinoni, una fornace a cielo aperto utilizzata in passato per produrre calce viva o carbone vegetale. Per completare l'anello, ci resta soltanto la breve risalita verso la frazione di Marinoni. Raggiunto il sedime della provinciale, il parcheggio di partenza resta sulla destra. 

Il torrente Acqualina.

Altre note:

Data dell'escursione: 17-09-2025 - Parzialmente nuvoloso.
Punto di partenza: Per raggiungere la frazione di Marinoni si deve percorrere la provinciale della Valle Seriana fino al bivio di Ponte Nossa dove, invece di girare a destra per i tornanti che portano a Clusone, si prosegue diritti sulla provinciale 49, in direzione di Valbondione. Appena superato l'abitato di Ardesio, in località Ponte Seghe, si devia a sinistra seguendo le indicazioni per la Valcanale. La strada guadagna subito quota con alcuni tornanti e, dopo due chilometri dall'ultimo bivio, raggiunge Marinoni. Gli stalli per parcheggiare l'auto sono sulla sinistra, accanto la fermata dell'autobus.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 400 metri di dislivello per una percorrenza totale di undici chilometri. 
Durata: Per percorrere l'intera escursione servono tre ore e mezzo, al netto delle soste. 

Campanula selvatica ai bordi del sentiero CAI n. 220.

Monumento partigiano a Marinoni: Al termine dell'escursione merita una sosta di riflessione il monumento partigiano situato in localita Piosa (o Piozza) eretto in tempi recenti in memoria di tre partigiani. Fu questo uno degli episodi più controversi della guerra civile, perchè l'esecuzione tramite fucilazione avvenne in seguito ad una sentenza emessa da un processo partigiano. Anche la dedica incisa sul monumento non chiarisce la complessità dei fatti avvenuti, limitandosi a definirlo un assassinio a tradimento. A coloro che intendono approfondire l'argomento, consiglio la lettura del volumetto intitolato "Piombo Fraterno-L'esecuzione di Angelo del Bello (Mino)", scritto dallo storico Angelo Bendotti e pubblicato da Il Filo di Arianna.

Monumento partigiano in località Piosa.

Altre escursioni in zona: Nel mio blog, oltre alla descrizione della parte iniziale di questo anello, trovate il dettaglio di un'altra escursione che esplora la bassa Valcanale, partendo dal borgo di Albareti e arrivando al laghetto di Valcanale. Di seguito si riporta il relativo link: 
Cartografia: La traccia di questa escursione (a parte la deviazione per Foppa ed il tratto finale da Canmare a Marinoni) è evidenziata sulla Carta escursionistica del Sentiero delle Orobie Orientali-scala 1:25.000, realizzata dal CAI di Bergamo e disponibile nelle librerie e cartolerie della Provincia, al prezzo di 10 euro. 

Il Monte Secco dai pascoli di Canmare.




venerdì 19 settembre 2025

In cammino lungo la storica mulattiera che porta da Marinoni a Bani: il borgo paesaggisticamente più incantevole della Valcanale.

 🥾 Dislivello: circa 300 metri          ⌚ Durata: 2 ore e mezzo          📏Lunghezza: 6,5 chilometri

I prati di Bani, il monte Secco, la Cima di Fop e l'Arera.

La partenza dell'escursione ha luogo da Marinoni (771 m) frazione di Ardesio, prima contrada attraversata dalla strada provinciale 49 che unisce Ardesio al borgo di Valcanale. Dopo aver parcheggiato l'auto in uno dei tre stalli gratuiti posizionati accanto alla fermata dell'autobus (si trova  sulla sinistra salendo), si torna indietro di pochi metri e, attraversando la provinciale, si raggiunge la chiesa parrocchiale della Santissima Trinità. Si percorre la strada a sinistra della chiesa stessa, risalendo un tornante, accanto al quale è stata realizzata una fila di box auto. 

...sulla destra, una deviazione porta a imboccare una evidente traccia nell'erba...

Subito dopo, sulla destra, una deviazione porta a calpestare una evidente traccia nell'erba che, in breve, si trasforma in mulattiera. Non ci sono indicazioni (basterebbe una freccia in legno...) ma vi garantisco che siete sul percorso che, per secoli, ha rappresentato l'unico collegamento per raggiungere il paese di Bani. La mulattiera acciotolata, per la cura con cui è stata realizzata,  può essere definita una vera e propria opera artigianale di arte viaria.

Ad una ventina di minuti dalla partenza si incontra una santella...

Ad una ventina di minuti dalla partenza si incontra una santella, posta poco prima di un tornante sinistrorso, al centro del quale una traccia nell'erba folta procede in piano nel fitto bosco ceduo. Abbandoniamo la mulattiera e prendiamo questa traccia che, regolata da antichi muretti a secco, in pochi minuti ci conduce di fronte ad una radura incassata posta in posizione molto amena, dove scopriamo, in gran parte sommersi da una fittissima vegetazione, i ruderi della contrada Foppa (850 m circa). 

I ruderi della contrada Foppa invasi dalla vegetazione.

Si trattava di un centro agricolo composto da edifici aggregati che un tempo formavano un tutt'uno ben omogeneo dal punto di vista architettonico. Il grave stato di fatiscenza presenta oggi un aspetto quasi spettrale, simbolo della natura che si riappropria degli spazi un tempo coltivati ed abitati da contadini e mandriani che ne avevano fatto luogo di dimora nel tempo.

...raggiungendo una cascina...protetta da un muretto a secco.

Tornati alla Santella (quaranta minuti dalla partenza), si riprende a salire sulla mulattiera, raggiungendo una cascina ben ristrutturata (935 m), il cui pascolo è protetto da un muretto a secco. E' un tratto molto bello, con il bosco che si trasforma lentamente, inserendo le prime conifere tra la fitta vegetazione composta da latifoglie. Dopo un'ora dalla partenza si raggiunge un'altra santella, dedicata al Sacerdote Francesco Brignoli, conosciuto come "ol pret de Bà", noto per la sua straordinaria umanità e per l'innata generosità nel distribuire ai poveri le donazioni che arrivavano alla sua parrocchia.

Tratto della mulattiera poco prima di Bani.

Manca poco al paese di Bani. In due minuti si raggiunge l'asfalto e le prime case. Risaliamo via di Tess, ammirando un esempio di abitazione rurale con ballatoi in legno, cui fanno buona guarda due bellissimi asini desiderosi di coccole ed erba fresca. Poco oltre si incrocia la strada che sale dal fondo della Valcanale e che prende il nome di via Bani. La si trascura risalendo via Case Nuove. Costeggiando il campo sportivo si imbocca via Varisco, dalla quale si comincia a capire il grado di panoramicità che Bani è in grado di offrire nelle giornate limpide.

Il Monte Secco dal centro di Bani.

Il Monte Secco incombe con la sua immensa parete nord. Poco oltre spunta la cima di Fop ed il Pizzo Arera. Siamo a quota 1025 m ed abbiamo camminato per un'ora e un quarto, deviazione per Foppa compresa. Ci concediamo una passeggiata praticamente in piano per godere della bucolica bellezza della contrada, dei suoi prati, i pascoli ed i cascinali che la punteggiano. 

Pascoli e cascinali della sella di Bani.

Proseguendo su via Varisco, in un quarto d'ora raggiungiamo la Santéla del Balarot (1015 m-un'ora e mezza dalla partenza) dove si può riposare su un paio di panchine e, dal cartello che definisce il termine del territorio comunale di Ardesio, si può spaziare lo sguardo sulle cime più maestose dell'Alta Val Seriana. 

La Santéla del Balarot.

Il ritorno avviene lungo lo stesso tragitto dell'andata. Vi suggerisco di inoltrarvi nei vicoli del borgopiù antico della sella di Bani, cercando nei suoi edifici rurali l'elemento più caratteristico e singolare:  la presenza di logge in legno, delimitate agli estremi da quinte in legno o muratura, prospettanti viuzze o cortili. E di fotografarli con lo sfondo di suggestivi scorci che solo le dolomiti della Valcanale possono offrire. 

Nel centro di Bani, con lo sfondo dell'Arera.

Altre note:

Data dell'escursione: 17-09-2025 - Parzialmente nuvoloso, con foschia persistente sulle cime. Due giorni dopo, una bellissima giornata mi ha permesso di risalire a Bani per scattare più significative della bellezza del posto.
Punto di partenza: Per raggiungere la frazione di Marinoni si deve percorrere la provinciale della Valle Seriana fino al bivio di Ponte Nossa dove, invece di girare a destra per i tornanti che portano a Clusone, si prosegue diritti sulla provinciale 49, in direzione di Valbondione. Appena superato l'abitato di Ardesio, in località Ponte Seghe, si devia a sinistra seguendo le indicazioni per la Valcanale. La strada guadagna subito quota con alcuni tornanti e, dopo due chilometri dall'ultimo bivio, raggiunge Marinoni. Gli stalli per parcheggiare l'auto sono sulla sinistra, accanto la fermata dell'autobus.

Il cimitero e la chiesa parrocchiale di Bani.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 300 metri di dislivello per un totale, fra andata e ritorno, di circa sei chilometri e mezzo. 
Durata: Per percorrere l'intera escursione servono circa due ore e mezzo, al netto delle soste. 

Edificio di Bani con la caratteristica loggia in legno.

Altre escursioni in zona: In questo blog trovate la descrizione di un'altra escursione che, partendo dal paese di Bani, raggiunge l'omonima cima, da cui si gode un panorama spettacolare. Di seguito si riporta il relativo link: 
Cartografia: La traccia di questa escursione (a parte la deviazione per Foppa) è evidenziata sulla Carta escursionistica del Sentiero delle Orobie Orientali-scala 1:25.000, realizzata dal CAI di Bergamo e disponibile nelle librerie e cartolerie della Provincia, al prezzo di 10 euro. 

Dopo la Santéla del Balarot la strada prosegue verso Novazza. Sullo sfondo
giganteggia il Pizzo Redorta. A destra il Monte Calvera e gli Spiazzi di Boario.



lunedì 1 settembre 2025

Nei boschi di Valzurio, alla ricerca delle "Marmitte del Moschel": il top per una giornata uggiosa.

🥾 Dislivello: quasi 500 metri              ⌚ Durata: oltre 4 ore            📏Lunghezza: 10,5 chilometri

Alle Marmitte del Moschel.

Quando il sole latita ed il cielo scompare nella foschia e tra le nubi più fitte, la montagna può regalare altre emozioni. Niente panorami incantevoli, o viste su corone di cime, ma piccoli fiori, boschi ombrosissimi e giochi d'acqua nelle pieghe e tra le pozze dei torrenti. Per non citare le cascine curate e ristrutturate da secoli di mani industriose. Tutto ciò in un anello con partenza da Spinelli, che porta di fronte ai pascoli di Col Palazzo, nei boschi più fitti della Valzurio, accanto alle acque cristalline del torrente Ogna.

I pascoli di Colle Palazzo da Baita Pizzoli.

L'anello qui proposto parte dal parcheggio di Spinelli (975 m-nelle note tecniche le informazioni per raggiungerlo e sulle modalità di pagamento della relativa sosta), realizzato poco sopra il suggestivo borgo di Valzurio, frazione del Comune di Oltressenda Alta. Si inizia salendo sino agli stalli più alti, dove termina l'asfalto e si prende a camminare sullo sterrato della strada forestale abitualmente percorsa dagli automezzi autorizzati a raggiungere le Stalle del Moschel. 

Spinelli e Valzurio dalla traccia di salita.

Si procede in leggera pendenza, da una finestra che si apre nel fogliame si intravvedono i borghi di Spinelli e Valzurio. Dopo un quarto d'ora, si incontra il primo bivio (1028 m). Sulla sinistra, accanto alla segnaletica che indica la direzione per Baita Cedrina-La Costa, una barriera metallica di colore giallo occlude il transito agli automezzi. I pedoni possono passare e quindi superiamo la barriera, abbandonando lo sterrato principale. 

Ciclamino delle Alpi: una presenza costante in questi boschi.

Si pianeggia brevemente per poi riprendere a salire, alternando decisi strappi a tratti più dolci. Il tracciato prosegue nel bosco, composto in prevalenza da faggi e noccioli. Accampagnati dalle prime fioriture stagionali dei ciclamini, dopo una decina di minuti dal primo bivio, raggiungiamo il successivo, dove voltiamo a destra, in direzione della Baita Cedrina, che incontriamo a quota 1160 m. circa (poco più di mezz'ora dalla partenza). 

Baita Cedrina.

Da qui procediamo sullo sterrato, superando un tornante destrorso, oltre il quale la pendenza si fa più decisa. Dopo una decina di minuti da Baita Cedrina si aggira un cancello indicante una proprietà privata e si continua a salire. Ci circonda un silenzio rotto soltanto dagli stridii di una coppia di rapaci, probabilmente due gheppi in fase di caccia. Poco oltre il bosco si dirada un po', portandoci ad una cascina ben ristrutturata, posta a quota 1270 m (un'ora circa dalla partenza), dove ha inizio il tratto più  avventuroso dell'escursione.

Alla cascina di quota 1270 metri.

Dietro la cascina il sentiero principale piega decisamente a sinistra, per poi bloccarsi di fronte ad una rudimentale staccionata in legno che sembra impedire il transito a chiunque. Invece il sentiero prosegue proprio scavalcandola, salendo brevemente in un tratto di bosco ceduo e raggiungendo una traccia ben visibile che transita a mezza costa. Si sale quindi su questo nuovo sentiero e procediamo verso sinistra.

La staccionata da superare.

Ci attende un tratto impegnativo, dove l'evidente tracciato è parzialmente interrotto da tronchi di abete rosso divelti dalla furia di una tempesta primaverile. Un solo passaggio risulterà un poco impegnativo; l'importante è non allontanarsi dal sentiero, che rimane comunque ben visibile. Dopo una decina di minuti il tracciato si normalizza e l'abetaia si va diradando, portandoci all'altezza di un bivio non segnalato. A sinistra si va verso un rudere. Noi saliamo a destra raggiungendo in breve Baita Pizzoli, situata in una posizione veramente spettacolare (1305 m-un quarto d'ora dalla precedente cascina).

Arrivo a Baita Pizzoli.

Conviene dedicare una breve sosta ad ammirare i vicini pascoli di Colle Palazzo, con le loro greggi e le cascine. Sul lato più in alto della Baita si trova un piccolo orto, coltivato a patate; un tubero che, in un passato neanche troppo lontano, era tra le poche, efficaci fonti di sostentamento per i territori montani quote. Ed anche i loro fiori non sono niente male!

Il fiore della patata.

Da Baita Pizzoli si sale ancora pochi passi, arrivando ad incrociare il sentiero delle Orobie Orientali (1333 m), segnalato come sentiero CAI n. 311, che collega Ardesio con il Rifugio Albani. Confortati dalla segnaletica biancorossa e dal fondo del tracciato, che in alcuni punti risulta straordinariamente morbido, procediamo su un lungo falsopiano, con bellissimi tratti pianeggianti alternati ad alcuni brevi strappi, uno dei quali ci porta a toccare quota 1420 m, il punto più alto del percorso. 

Campanula selvatica ai bordi del CAI n. 311.

Oltre ai numerosi ciclamini, alternati ad altre suggestive fioriture, il bosco ci regala altre riflessioni. A differenza del precedente sentiero, sul CAI n. 311 è evidente come la manutenzione sia ben curata. La tempesta della scorsa primavera aveva fatto strage, soprattutto di abeti, ostruendo e rendendo molto problematico il passaggio in diversi tratti. Oggi è possibile percorrerlo senza problemi, grazie anche al lavoro dei volontari del CAI, a cui va anche il mio personale ringraziamento.

Il ripristino del sentiero.

Dopo un'ora trascorsa camminando a mezzacosta, il tracciato scende verso la radura delle Stalle del Moschel. Dopo averle visualizzate fra la fronde, si raggiunge un bivio segnalato, dove si gira a destra e, in meno di cinque minuti, si confluisce sullo sterrato della strada forestale che parte dal parcheggio di  Spinelli, rappresentando quindi il percorso più veloce per chi vuole limitarsi a raggiungere il Moschel e le sue marmitte. Lasciamo alla nostra destra le Stalle del Moschel e procediamo a sinistra per una decina di minuti, fino ad incontrare il cartello indicante il termine della forestale stessa. Pochi passi più avanti, sulla sinistra, individuiamo e percorriamo un ponte metallico che attraversa il torrente Ogna (1270 m circa- due ore e tre quarti dalla partenza).

Il ponte sull'Ogna.

Addentrandoci alla nostra sinistra e costeggiando il le sponde del torrente, scopriamo il fenomeno geologico denominato "le marmitte dei giganti". La prima è di facile accesso. Per vedere quelle più a monte è necessario una certa prudenza, a causa dalla presenza di rocce molto scivolose e l'assenza di appigli stabili. La particolarità più evidente, che si noterà anche nel lungo rientro ai bordi dell'Ogna è che, mentre le marmitte sono colme d'acqua cristallina, gran parte del letto del torrente è quasi sempre asciutto. D'altra parte, proprio in questo punto si trova la base dello "scoglio calcareo" che ha formato l'imponente massiccio della Presolana.

Una delle marmitte, forse la più profonda...

Dopo la visita alle marmitte si ritorna alle Stalle del Moschel. Poco prima di arrivarci si volta a sinistra, su uno sterrato che scende dolcemente tra i prati e che, in breve, si riduce a sentiero. Una freccia in legno ci indica che ci stiamo dirigendo a Spinelli. Subito dopo spuntano i bolli biancorossi del sentiero CAI n. 340 che seguiamo con fiducia anche se, attraversando una radura un po' paludosa, abbiamo la netta sensazione di tornare indietro. 

La prima Stalla del Moschel salendo da Spinelli.

Dopo essere entrati in un rado faggeto, incontriamo una segnaletica verticale del CAI, che siamo costretti ad aggirare per scoprire che la nostra direzione è quella di voltare decisamente a destra. La freccia metallica indicante la direzione per Spinelli è infatti visibile solo per coloro che scendono dal Rifugio Olmo. Una carenza a cui si potrebbe sopperire con pochissima spesa.

La segnaletica verticale, carente per chi viene dal Moschel.

Si torna quindi a costeggiare il torrente Ogna, che resta alla nostra destra e, per un buon tratto, molto più in basso del tracciato pedonale. Più avanti incontreremo un ponte in ferro, di recente costruzione, che ci porterà sul lato orografico destro. Da quel punto il torrente ci rimarrà accanto, per buona parte con il letto in secca. Giusto verso la fine, grazie anche ad un paio di sorgive che scendono dalle pendici di Foppa Fosca e dal Costone del Valsacco, si rivedrà un po' di acqua che andrà a comporre, molto più a valle, i suggestivi laghetti azzurri della Valzurio. Noi non ci arriveremo, perchè il sentiero CAI n. 340 ci deposita sull'asfalto poco a valle del parcheggio di Spinelli, che ritroviamo alla nostra sinistra (un'ora abbondante dalle "marmitte dei giganti").

Genziana Asclepiade lungo le sponde dell'Ogna.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 27-08-2025 - tempo da nuvoloso a molto nuvoloso, con dense foschie in quota.
Punto di partenza dell'escursione: Ampio parcheggio con ticket gratta e sosta a monte di Spinelli, la contrada più a nord del Comune di Oltressenda AltaGli stalli distano circa 43 km dal centro di Bergamo, percorribili in poco meno di un'ora d'automobile. Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si procede diritti, seguendo le indicazioni per Valbondione. Dopo quattro chilometri si gira a destra in direzione di Villa d'Ogna. Entrati in paese si volta a sinistra (via IV Novembre) attraversando il borgo storico di Ogna. Si sale in direzione di Nasolino, superando quattro tornanti che portano al nucleo principale del Comune di Oltressenda Alta. Lo si lascia alle spalle imboccando, al bivio successivo, la stretta e tortuosa stradina che porta al borgo di Valzurio. Lo si attraversa prendendo la rampa che sale a Spinelli ed al successivo parcheggio
Il parcheggio si paga: Il parcheggio in località Spinelli, è a pagamento.  Occorre premunirsi di ticket gratta e sosta presso il Municipio di Oltressenda Alta o negli esercizi commerciali convenzionati. Per ulteriori dettagli si veda il sito del Comune: https://comune.oltressendaalta.bg.it/novita/notizie/novita_5.html. Il costo giornaliero è di 3,00 (tre) euro. 

Le Stalle del Moschel dal sentiero CAI n. 311.
 
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: quasi 500 metri di sola salita per un totale, fra andata e ritorno, di dieci chilometri e mezzo. 
Durata: Poco più di quattro ore per l'intero anello, senza calcolare le soste.
Altre note: Si segnala che l'escursione si svolge in un'area in gran parte priva di segnale telefonico. La zona "non prende" rendendo impossibili chiamate, utilizzo di internet e invio di SMS. Il segnale torna disponibile dal borgo di Valzurio.

Carlina Bianca nel bosco della Foppa Fosca.

Altre escursioni in zona: In questo blog sono descritte altre tre escursioni che partono da Spinelli o dal borgo di Valzurio. Questi sono i link di collegamento:
Cartografia: La zona ed i sentieri interessati dall'itinerario sono ben segnalati nella nuovissima carta escursionistica Clusone-Pizzo della Presolana, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000.






giovedì 21 agosto 2025

Da Lizzola ai pascoli di Passevra ed al passo delle Miniere, con rientro dalla valle del torrente Bondione.

🥾 Dislivello: circa 670 metri ⌚ Durata: dalle 4 alle 4 ore e mezza📏Lunghezza: quasi 9 chilometri

Arrivo a Baita Passevra.

Bellissimo itinerario, parzialmente ad anello, che unisce zone poco battute ad alcuni tratti del Sentiero delle Orobie. Si cammina su percorsi calpestati, nei secoli scorsi, da minatori, malgari e contadini, nel tentativo di sfruttare le poche ricchezze di un territorio aspro, ma naturalmente meraviglioso.

Scendendo la valle del torrente Bondione.

L'itinerario parte da via Manina, nel centro storico di Lizzola, poco oltre la Chiesa Parrocchiale di San Bernardino (per i parcheggi vedi i dettagli nelle note tecniche). Accanto al Bar Soliv (via Manina 11/A), un breve tratto piastrellato conduce all'evidente traccia di un sentiero che serpeggia nel prato, salendo in direzione delle Piane di Lizzola (sarebbe utile un investimento di pochi euro da parte dell'Ente del Turismo per installare una semplice freccia in legno che indichi la direzione per Passevra, anche solo per far conoscere la splendida faggeta che si attraversa per raggiungere questa località).

Asini a riposo sopra le Stalle del Tuf.

Poco più avanti si entra nel bosco di latifoglie dove, ben presto, il faggio prende decisamente il sopravvento sulle altre specie arboree. Si sale con gradualità, mentre alcune finestre tra la vegetazione lasciano intravvedere belle viste su Lizzola, sul Pizzo della Corna e sulle sottostanti Stalle del Tuf. Si supera il bivio che a destra scenderebbe a queste baite ed alle Piane (qui si trova l'unica indicazione nel tragitto che termina oltre la Baita Passevra) e si continua a salire nel freschissimo e pulitissimo faggeto. 

Panorama dai pascoli di Passevra. 

Alternando tratti in falsopiano e ripidi, ma brevi strappi, dopo un'ora di cammino dalla partenza si giunge ad un tratto gradinato (circa 1550 metri di quota). Meno di dieci minuti e si esce dal bosco. Lo spettacolo si fa interessante: sulla destra le pendici del Monte Sasna guidano lo sguardo a voltarsi per individuare la chiesetta della Manina, dietro alla quale cominciano ad apparire le cime del Barbarossa e del Pizzo di Petto, ancora seminascosti dallo Sponda Vaga e dal Pizzul. 

Il Pizzo della Corna da Passevra.

Sui ripidi pendii che limitano l'ampio pascolo di Passevra i contadini si recavano a falciare il "fieno magro" (ol fè maghèr); un tipo di fieno di qualità inferiore, tipico delle aree meno fertili delle Orobie. La sua produzione era limitata, con un solo taglio possibile a causa della scarsa resa del terreno. Ma in realtà come Lizzola era necessario anche questo per sopravvivere. E poichè gli uomini del paese erano spesso emigranti o, quando erano fortunati, avevano trovato lavoro in miniera, a falciare ol fè maghèr, in larga maggioranza erano le donne.

Pascoli e Baita Passevra visti dal sentiero CAI n. 304.

Di fronte si estende il bel pascolo di Passevra, che attraversiamo raggiungendo e superando l'omonima Baita (1600 m. circa-un'ora e un quarto dalla partenza). La traccia procede salendo a mezzacosta dietro l'edificio, pur perdendosi a tratti a causa del calpestio delle mucche al pascolo. Serve un altro quarto d'ora per arrivare al bivio con il sentiero CAI n. 304, situato a quota 1680 m., accanto ad un grosso masso erratico. 

Da Passevra in cerca del sentiero CAI n. 304.

Si sale girando decisamente a sinistra, risalendo faticosamente la dorsale erbosa. Il tracciato è evidente. Si cammina avvolti da arbusti ricoperti di inflorescenze, tra le quali si riconoscono i penacchi bianchi dell'endemica Salvastrella Orobica, i capolini gialli del Senecione di Fuchs ed alcune timidissime Campanule Barbate. 

Salendo verso il passo delle Miniere.

I 1920 m. di quota del Passo delle Miniere si raggiungono dopo un'impegnativa ora di salita. Lo sforzo viene ripagato da uno spettacolo non indifferente: di fronte ci ritroviamo faccia a faccia con il Pizzo Coca, sui cui dirupi cerchiamo e distinguiamo a fatica il puntolino bianco dell'omonimo rifugio. Si individuano più facilmente i salti delle Cascate del Serio mentre, dal lato opposto, si osservano distintamente i borghi che compongono il comune di Valbondione. Ai nostri lati ci sono le cime erbose dei monti Pomnolo e Toazzo, che meritano un breve approfondimento.

Dal passo delle Miniere uno sguardo sulle Cascate del Serio.

Il Passo delle Miniere si trova tra i monti Pomnolo e Toazzo, sulle cui pendici si trovavano gli ingressi di numerose miniere. Nei pressi, si trovavano le baite dove alloggiavano i minatori, in gran parte provenienti da Lizzola. Partivano il lunedì, prima dell'alba, ognuno con il proprio zaino di canapa, riempito con il necessario per la settimana: formaggio, farina per la polenta, l'olio per le lampade. Sarebbero tornati solo il pomeriggio del sabato, ovviamente a piedi, così come avevano fatto per la salita.

La cima del Monte Pomnolo veglia sul passo delle Miniere.

Torniamo sui nostri passi sino a rivedere il masso erratico indicatore del bivio tra il CAI n. 304 ed il sentiero che scende ai pascoli di Passevra. Qui svoltiamo a sinistra, seguendo i bolli biancorossi e scendendo verso la valle del torrente Bondione, che si attraversa grazie ad un ponticello di legno (1615 m. circa-tre quarti d'ora circa dal Passo delle Miniere). Si costeggia quindi il lato sinistro del torrente,  continuando sul sentiero CAI n. 304 a superare un primo bivio e quindi a tenere la destra al successivo, cominciando a calpestare il CAI n. 322 che ci condurrà fino a Lizzola.

Scendendo nella valle del torrente Bondione.

La traccia è ben definita. Alla nostra destra il torrente si fa più impetuoso, disegnando gli spruzzi di piccole cascatelle per poi riposare nella quiete di pozze cristalline. Sui dirupi dell'inaccessibile (per gli umani) lato opposto, un giovane camoscio ci osserva incuriosito. La discesa impegna severamente le nostre ginocchia e ci costringe ad attraversare un breve tratto con catene e poggiapiedi saldamente fissati su una placca rocciosa. 

Giovane camoscio sulla dirupata sponda del Bondione.

Poi la discesa si placa, il passo torna ad essere sicuro ed il sentiero meno sassoso. Sulla sinistra scende la Valle del Monte Crostaro e proseguendo diritto si entra nelle Piane. Questi placidi campi, nel 1630, offrirono rifugio ad una quarantina di abitanti di Lizzola che riuscirono così a scampare al flagello della peste manzoniana. Allora questa zona si chiamava Campolino, perchè qui era fiorente la coltivazione del lino. Su questa località, della quale non esiste più traccia, aleggia una leggenda, che riporto nelle note tecniche.

Ai pascoli delle Piane di Lizzola.

Giunti alle Piane di Lizzola, si procede sempre sul lato sinistro del torrente, superando piccoli appezzamenti riservati al pascolo estivo delle mandrie ed osservando, sul lato opposto, il Rifugio degli Alpini, sorvegliato da un cannone della grande guerra, ed un bel gruppo di baite denominato Stalle del Tuf. Quando la larga sterrata comincia a scendere si ritrova l'asfalto, che ci condurrà in breve al piccolo borgo di Lizzola ed al parcheggio dove abbiamo lasciato la nostra auto.

Una delle Stalle del Tuf.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 18-08-2025 tempo parzialmente nuvoloso, con foschia ancor più compatta in alta quota.
Punto di partenza della passeggiata: Lizzola (frazione di Valbondione) che dista circa 58 km dal centro di Bergamo, percorribili in un'ora e dieci minuti d'auto.   Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si tiene la sinistra, seguendo le indicazioni per Valbondione.   All'ingresso di quest'ultimo paese si tiene la destra, si supera il centro e si percorre la S.P. 49 che, con sei tornanti e dopo circa cinque chilometri, raggiunge la frazione di Lizzola.  Nel  paese trovate diversi stalli dove parcheggiare. Alcuni di essi sono gratuiti ma normati dal disco orario (max due ore). Negli altri si parcheggia esponendo il gratta e sosta di 3,00 €, acquistabile nei esercizi commerciali convenzionati, il cui elenco  è reperibile su questo sito: https://turismovalbondione.it/modalita-di-pagamento-del-parcheggio-a-valbondione.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: L'itinerario qui descritto realizza circa 670 metri di sola salita. Il percorso complessivo è lungo quasi nove chilometri. 
Durata: L'escursione si completa in 4, 4 ore e mezza, a seconda del passo ed al netto delle soste. 

Intrico di sentieri al passo delle Miniere.

La leggenda di Campolino: Passata la pestilenza, a Campolino si formò un piccolo paese con chiesa e cimitero, mentre più a valle si rassodava il terreno, realizzando i primi campi coltivati e costruendo le stalle per le bestie. Un inverno, dalla valle del Crostaro scese una grossa valanga che distrusse il piccolo paese del Campolì seppellendo case, chiesa e campanile. Molte persone rimasero uccise e solo in tarda estate fu possibile recuperare le loro salme. Pare che ancora oggi si senta il mesto suono delle campane sepolte assieme alla chiesa.

Il panorama che accompagna la discesa dal CAI n. 304.

Altre escursioni in zona: In questo blog trovate la descrizione di molte escursioni in partenza da Lizzola. 
Le passeggiate più semplici sono le seguenti: 
Mentre quest'altra è un po' più impegnativa:
Cartografia: La traccia interessata dall'itinerario è evidenziata nella carta escursionistica della Valle di Scalve, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000, in vendita al costo di 10,00 €.

Ponte sul torrente Bondione.