giovedì 12 settembre 2019

In memoria di Walter Bonatti, il più grande alpinista ed esploratore dei luoghi più remoti del pianeta, morto solo, il 13 settembre 2011

Il 13 settembre di otto anni fa moriva Walter Bonatti, a mia modestissima opinione, il più grande alpinista di tutti i tempi.   Colpito da un incurabile cancro al pancreas, Bonatti si spense in piena solitudine a ottantuno anni, in una clinica privata romana.   Un medico sadico e bigotto impedì a Rossana Podestà, sua compagna di vita, di assisterlo negli ultimi momenti di vita perché non erano sposati e lei, formalmente, non risultava essere una sua parente.

Il Monte Alben in veste invernale, la prima cima
che ha innescato la fantasia del piccolo Walter Bonatti.
(foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione)

Sarebbe troppo prolisso cercare di illustrare le innumerevoli imprese di Walter Bonatti.   A differenza di molti altri alpinisti, per lui scalare non era un motivo di competizione, ma di conoscenza dei propri limiti.    Si scoprì tra i più forti e resistenti del proprio periodo, ma non esitò un attimo ad abbandonare l'attività alpinistica quando, dopo aver affrontato pareti di difficoltà estreme, si accorse che quel che cercava non era la conquista della vetta ma una propria, intima ragione d'essere che raggiungeva proprio quando si spingeva ai limiti dell'umanamente possibile.

Bonatti giovane alpinista.

Per questo, dopo aver conquistato in solitaria invernale la parete nord del Cervino, rinunciò al mondo verticale, per dedicarsi all'esplorazione dei luoghi più remoti ed inaccessibili del pianeta, realizzando indimenticabili reportage anche fotografici, a suo tempo pubblicati in esclusiva sul settimanale Epoca.

Bonatti, nelle vesti di esploratore.

Permane un flebile legame fra Bonatti e le Orobie.   Walter era nato a Bergamo, il 22 giugno 1930, ma la sua famiglia fu costretta a trasferirsi a Monza a causa della perdita del lavoro del padre, licenziato a causa dei suoi trascorsi antifascisti.   Tornò a Vertova come sfollato e, pernottando dai parenti da parte di madre, si perdeva a seguire i voli di una coppia di aquile che nidificava le rocce della selvaggia testata della Valvertova.
Aquila in volo (ringrazio il sito
valbrembanaweb per la gentile concessione)

Come descrisse nel suo libro "Montagne di una vita", sullo sfondo di quei maestosi volteggi Bonatti scoprì un paesaggio che ritrovava puntualmente nelle sue più ardite fantasie di ragazzino:  .... Più a monte c'era l'Alben, la cima che più di tutte innescava la mia fantasia grazie ai suoi bianchi calcari aguzzi spesso avvolti dalle nubi.   L'Alben era la natura più austera che avessi potuto ammirare fino allora, e nella mia ingenuità di bambino l'avevo idealizzata facendone il simbolo delle mie aspirazioni avventurose....
Manifesto di una recente mostra delle fotografie di Bonatti

Qualche anno dopo, Bonatti rivede l'Alben mentre inizia le sue prime vere arrampicate sulle Grigne e resta deluso dal fatto che fosse più basso e tozzo rispetto alla cima su cui si trovava.    Chissà se anche al termine delle sue incredibili successive imprese dedicò un pensiero al suo sogno da ragazzino.

Temporale sulle guglie dell'Alben

Walter Bonatti conquistò diverse generazioni con le sue incredibili imprese di alpinista ed esploratore, la maggior parte delle quali lo videro protagonista solitario.    Da solo conquistò  il pilastro sud-ovest del Petit Dru, nel gruppo del Monte Bianco, oltre alla già ricordata impresa invernale sulla nord del Cervino.      Ed era solo anche quando discese con una canoa il fiume Yukon in Alaska per oltre 2500 km e, sempre in solitaria, raggiunse il mitico Capo Horn, all'estremo sud del continente americano.      Da solo si ritrovò faccia a faccia con le tigri che popolano le foreste dell'isola di Sumatra, dove arrivò anche a incontrare i sakai, una popolazione di aborigeni forse discendenti di antichissimi incroci di tribù che si nascondevano nelle giungle malesi.
In solitaria Bonatti vinse tutte le sue sfide.    Perse soltanto l'ultima, che mai avrebbe voluto combattere da solo.   Ma una mente ottusa, dopo aver distrattamente sfogliato la documentazione burocratica che certificava lo "stato libero" di Walter, gli impedì di morire tra le braccia di Rossana Podestà, la donna che amava da almeno trent'anni, perché il loro sentimento non era certificato dai documenti ufficiali.

Walter Bonatti con Rossana Podestà

Altre informazioni sul tema:
Chi volesse approfondire la figura e le imprese di Walter Bonatti si troverà di fronte ad una bibliografia sterminata.    Io mi limito a suggerirvi due titoli, entrambi scritto di pugno dal "Re delle Alpi", entrambi della casa editrice Baldini & Castoldi.
Si tratta de: "Montagne di una vita" in cui Bonatti ripercorre le sue principali imprese alpinistiche e "In terre lontane", dove vengono riportate tutte le avventure susseguite all'abbandono dell'attività alpinistica.





Le copertine dei due libri di Walter Bonatti di  cui si consiglia la lettura.
Editore Baldini & Castoldi.

sabato 7 settembre 2019

Da Cornalba alle pendici dell'Alben, sulle tracce di un sentiero partigiano

Le case di Cornalba, piccolo Comune della Val Serina, sono dominate dal massiccio campanile della chiesa parrocchiale.    Durante la guerra civile, dalla cima di quel campanile, una mitragliatrice fece strage di partigiani che cercavano una fuga disperata lungo le mulattiere che ancora oggi si inerpicano nei boschi aggrappati alle pendici della Corna Bianca.    In ricordo di quel massacro è stato realizzato un bellissimo sentiero partigiano che vi propongo di percorrere integralmente.
I pascoli della Baita de Sota. Sullo sfondo la Cima della Croce.
L'itinerario si compone di una salita remunerativa in una valle freschissima e di un'impegnativa discesa che degrada in un fitto bosco di conifere e latifoglie.   Nel mezzo si percorre un meraviglioso tratto quasi pianeggiante che attraversa un giardino spontaneo con pochi eguali nelle Orobie.  
La Baita de Sota, vista dalla Baita de Sura.
Dopo aver parcheggiato negli immediati pressi della chiesa di Cornalba (890 m) si percorre via Cornetti, dove si incontrano subito le indicazioni del sentiero partigiano che, fino al punto più alto del percorso, corrispondono al sentiero indicato con il segnavia CAI n. 503.    Lo sterrato sale dolcemente fino a diventare sentiero all'imbocco della Val d'Ola.   Il bosco è splendido e molto variegato.   Alla fine dell'estate la fatica viene alleggerita dalla visione di una moltitudine di ciclamini. 
Cornalba vista dal sentiero partigiano. Dal campanile in primo piano
partirono le raffiche di mitraglia che falciarono i partigiani in fuga.
Attraversando alcune volte il torrente, la traccia ben evidente supera circa 600 metri di dislivello, per sbucare sugli splendidi pascoli della Baita de Sota (1.465 m), dove ha inizio il tratto più bello e panoramico.    In poco meno di un quarto d'ora si sale alla Baita de Sura (1.550 m), che rappresenta il punto più alto dell'itinerario.   Abbiamo camminato circa due ore dal punto di partenza.    La vista spazia dal verde intenso dei pascoli a quello più cupo delle conifere che contrastano il bianco calcareo della Cima della Croce e delle guglie del massiccio dell'Alben.
Cappelletta di San Rocco.
Davanti alla Baita de Sura si trovano le indicazioni dei sentieri che intersecano la grande radura.   Il sentiero partigiano prosegue a sinistra (segnavia 502 e 503) per raggiungere in breve la cappelletta di San Rocco ed un piccolo stagno nel quale si specchia  un panorama idilliaco.    L'ambiente si fa via via più bucolico e le fioriture di stagione si sprecano, tinteggiando i prati di innumerevoli tonalità di colore.    
Il laghetto nei pressi della cappelletta di San Rocco
Dopo trenta estatici minuti, il segnavia ci impone di rientrare nel bosco, prendendo decisamente a sinistra, fino ad arrivare ad un'altra verdissima radura oltre la quale si intravedono i  pascoli della Baita Cascinetto (1.400 m), tristemente ricordata per l'attacco perpetrato dalle squadre fasciste che costò la vita ad altri quattro partigiani della brigata che presidiava il territorio della Val Serina.
Baita Cascinetto
Le indicazioni del sentiero dei partigiani portano a scendere in un fitto bosco.  Il tratto è impegnativo, soprattutto in caso di terreno bagnato.    La traccia è obbligata e non ci sono alternative, in quanto l'esito di una lite giudiziaria intentata da un privato obbliga a seguire rigorosamente il disagevole percorso segnalato.   Serve quasi un'ora per ritrovare una pendenza più agevole.
Sul tratto in discesa.
 Arrivati alle grotte della Cornabusa si può tirare il fiato e, poco dopo, si intravedono le prime case di Cornalba.    Appena il bosco si apre, vale la pena di voltarsi ad ammirare l'austera imponenza della Corna Bianca.
La Corna Bianca
Info tecniche:
Partenza: Cornalba, Val Serina (890 m), 33 Km da Bergamo.
Dislivello: circa 700 metri complessivi.  
Durata: Poco più di quattro ore.

Altri suggerimenti:  L'itinerario ripercorre sentieri e visita luoghi che si sono resi tragicamente protagonisti durante la guerra partigiana.    Il 25 novembre 1944 un rastrellamento organizzato dalla Compagnia O.P. di Bergamo risalì la Val Serina con l'intento di sorprendere la brigata partigiana "XXIV Maggio", che aveva base operativa proprio a Cornalba.     Lungo il percorso i fascisti bloccarono due autobus di linea e perquisirono i passeggeri, trovandovi tre partigiani che vennero fermati e giustiziati sul posto.  Quando i rastrellatori giunsero a Cornalba, i partigiani presenti cercarono scampo risalendo disordinatamente i sentieri che risalgono le pendici dell'Alben.   Ma i fascisti, grazie ad una mitraglia sul campanile della chiesa e ad alcuni mortai posizionati ai lati del paese, colpirono ed uccisero cinque partigiani in breve tempo.   Il rastrellamento nei prati, nei boschi e fra le cascine proseguì implacabile per tutta la giornata.    Al termine, risultarono dieci i partigiani trucidati.   Pochi giorni dopo, con un'altra operazione partita dal passo della Crocetta, fu condotta un'altra azione di rastrellamento, da parte della Guardia Forestale di San Pellegrino, che ebbe il suo culmine alla Baita Cascinetto, dove si erano rifugiati altri cinque partigiani.    Soltanto uno di loro si salvò dalla furia omicida, benché gravemente ferito.  Un ulteriore approfondimento su questi episodi è disponibile sull'opuscolo "Sui sentieri della libertà" realizzato dalla Tavola della Pace della Valle Brembana.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 05. 
L'itinerario evidenziato sulla tavola 05 della
Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
Si ringrazia per la concessione.