sabato 14 aprile 2018

Carlo Medici, il tagliapietre che conquistò la Presolana

Il 3 ottobre 1870 Carlo Medici, tagliapietre di Castione, condusse l'Ingegner Antonio Curò, naturalista di fama e futuro presidente del CAI di Bergamo e suo cugino Federico Frizzoni sulla cima più alta del massiccio della Presolana.    In vetta non trovarono segni indicativi di altre ascensioni.    La regina delle Orobie aveva accolto i suoi primi conquistatori.
La Presolana dalla Cima del Timogno
foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione
Carlo era stato assoldato dai due cittadini bergamaschi in seguito alle indicazioni di un loro amico, il dottor Giovanni Comotti, cultore di scienze naturali.    Il Medici era ben noto nell'ambiente degli alpinisti lombardi.   A differenza della maggior parte dei suoi compaesani, non dava credito alle leggende che descrivevano l'ambiente di alta montagna infestato dagli spiriti e dalle anime dei morti.    Non credeva che, nei pressi della Grotta dei Pagani, vagassero i fantasmi dei guerrieri alani sconfitti dai romani nel quinto secolo.  Per Carlo anzi, la montagna non era più soltanto un habitat faticoso ed ostile, ma anche fonte di reddito, grazie ai compensi degli scienziati, dei benestanti e degli aristocratici che abbracciavano lo spirito d'avventura offerto dall'alpinismo.
La Presolana dai prati del Salto degli sposi - foto di Elisabetta Di Blasi
Il Medici convinse Curò e Frizzoni a partire di prima mattina dalla cantoniera del Giogo della Presolana, in modo da raggiungere le prime asperità poco dopo l'alba.    Si erano dotati di un equipaggiamento tipico dell'epoca, indossando giacche e pantaloni smessi e scarponi di cuoio con suola chiodata.  Solo la guida portava a tracolla una ruvida e pesante corda di canapa lunga sedici metri.   Con passo rapido giunsero alle sette del mattino alla Grotta dei Pagani, dove si prepararono per la parte più impegnativa della scalata.
La Presolana dalla testata della Val Gandino.
foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione

Poco dopo vennero bloccati dalla nebbia mentre salivano un camino roccioso. Nonostante il pericolo di essere colpiti dai sassi che si staccavano dalla parete, trovarono il tempo per fare uno spuntino, prima di ripartire al primo diradarsi delle foschie.    Grazie alla corda di canapa di Carlo Medici, riuscirono a superare i punti più problematici ed a raggiungere la cresta dove li attendeva un panorama grandioso.    Il tagliapietre di Castione era abituato a certi spettacoli che invece ammaliarono i due cittadini.    Il Curò scrisse: "Non una nuvola turbava lo sguardo a tramontana, ma a mezzogiorno l'immensa pianura stava tutta sepolta sotto una densa nebbia biancastra che la ricopriva come un vasto lenzuolo.   Solo qua e là qualche punta più alta dei monti vicini sorgevano come isole, producendo l'illusione di un vasto mare appoggiato ai fianchi meridionali della Presolana."
Carlo Medici - foto storica
Dalla meta li separava ormai soltanto un'esile cresta, talmente sottile da non poterci posare le suole degli scarponi.    Fu un impeto del Frizzoni a trovare la soluzione: si pose cavalcioni sulla lama di roccia, una gamba a penzolare sulla Val di Scalve, quell'altra verso Castione.    Alle 11 precise del 3 ottobre 1870 esultarono sui 2.521 metri di altitudine della vetta della Presolana Occidentale.

Lo spigolo nord della Presolana
foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione

Carlo Medici lasciò che i cittadini sfogassero la loro soddisfazione ed accolse volentieri un sorso di quel Barolo d'annata che avevano portato per festeggiare l'evento.    La bottiglia vuota, contenente un biglietto con la data dell'ascensione ed i loro nomi, fu infilata sotto un ometto in pietra, eretto per celebrare l'impresa che, come scrisse lo stesso Curò, non sarebbe stata possibile senza l'esperienza della guida e la presenza della sua solida corda di canapa.
Presolana in inverno -foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione

Nel frattempo il tagliapietre si era perso nel vastissimo paesaggio che si gode dalla cima, focalizzando il suo sguardo verso l'ingresso delle miniere poste a monte di Colere.  Immaginava le sagome di donne e bambini che portavano all'esterno gerle colme di minerale appena scavato dai loro mariti e padri.   Il 3 ottobre 1870 cadeva di lunedì, primo giorno di una delle tante, lunghe e dure settimane di lavoro dei minatori scalvini.    Carlo si reputava fortunato: al ventre buio della montagna preferiva le esili creste; e la professione di guida alpina, sia pure integrata con il pesante lavoro di scalpellino, lo aveva proprio soddisfatto.
Minatori bergamaschi (anno 1897) - foto di Eugenio Goglio 
Carlo Medici, nato il 31 agosto del 1821, compì innumerevoli ascensioni sul massiccio della Presolana.    Oltre alla prima ascensione della Presolana Occidentale, va ricordata anche quella dell'ottobre 1888, quando accompagnò sulla cima tre sacerdoti, tra cui anche monsignor Achille Ratti, futuro Papa Pio  XI.    In punto di morte, il 3 febbraio del 1896, fece spostare il suo letto di fronte alla finestra da cui potesse ammirare, un'ultima volta, il massiccio della Presolana.
Presolana e Ferrante dall'altipiano di Selvino.
 foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione

Altre informazioni:
Una facile gita al cospetto della Regina: Salire la via normale della Presolana è materia per escursionisti esperti con rudimenti di alpinismo.   Ci sono passaggi di II° grado, creste molto aree e frequenti cadute di sassi dall'alto.  Per chi vuole ammirare la regina delle Orobie senza particolare fatica ed apprensione, consiglio di raggiungere la Baita Cassinelli (1.568 m.) ufficialmente dedicata al nostro tagliapietre di Castione.    Il rifugio si raggiunge dal Passo della Presolana (1.297 m.) con il sentiero CAI n. 315.    In un'ora di facile passeggiata tra prati e radi boschi di conifere si superano i 270 metri di dislivello necessari per arrivare alla baita ed ai piedi del massiccio.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 06.
La traccia della passeggiata che porta al Rifugio Baita Cassinelli
disegnata sulla tavola 06 della Carta Turistico-Escursionistica della
Provincia di Bergamo, che si ringrazia per la concessione.










lunedì 2 aprile 2018

Un tuffo nella Val Dossana, dove sgorga l'acqua che disseta la città di Bergamo

In un sabato uggioso di fine marzo, insieme ad un caro amico, ho scoperto la Val Dossana, partendo da Bratte di Premolo (720 m) per salire a calpestare tanta neve, così tanta che non siamo riusciti ad arrivare alla Baita de Sùra (1.320 m).
Il lato destro della Val Dossana.
Ma la passeggiata in questa valle stretta e lunga è stata comunque di grande soddisfazione.    Incassata tra scoscese pareti dolomitiche, ricca di guglie,
pinnacoli, torrioni e pareti verticali e contornata da boschi, il percorso offre la possibilità di camminare senza fatica per lunghi tratti, chiedendo solo uno sforzo nella seconda tratta, quando uno strappo deciso porta alla Baita de Sùra, dove la valle si apre consentendo di ammirare le cime del Fop, di Letèn e del Monte Secco.
Nel bosco della Val Dossana
L'itinerario che parte alla fine del paesino di Bratte imbocca il sentiero CAI n. 245 e, per un buon tratto, coincide con il percorso salute realizzato dal Comune di Premolo.   Inizialmente pianeggiante, il sentiero incontra poi una serie di saliscendi, restando sempre immerso in boschi di sorbo e carpino nero, alternati a qualche isolato faggeto, residuo delle piantagioni ben più estese realizzate, sin dal medioevo, per fare carbonella ad uso metallurgico.    Siamo infatti in una zona che, dall'epoca romana fino alla metà del secolo scorso, ha vissuto un ampio sfruttamento delle risorse minerarie, in particolare di un miscuglio di minerali denominato calamina, da cui si ricavava zinco e piombo.
Baita Piazza Manzone
In circa un'ora e senza difficoltà si arriva nei pressi della Baita Piazza Manzone (circa 900 m).    Fino a qui il sentiero si tiene alto sul fondovalle dove scorre il torrente Dossana.    Le sue acque, insieme a quelle del torrente Nossa,  alimentano da oltre quarant'anni l'acquedotto della città di Bergamo.    Si abbandona il sentiero CAI n. 245 per deviare a destra sul n. 242 che si inerpica, ben più deciso e serpeggiante, attraversando più volte il greto del torrente.
Il lato destro della Val Dossana
I lati della valle sono ancora più selvaggi e colpisce il silenzio ovattato che circonda i nostri passi.   Forse è anche la presenza di tanta neve ad acuire l'assenza di rumori, ma la conformazione di questa valle certamente favorisce il senso di isolamento, offrendo un elevato senso di protezione che, anche nel lontanissimo passato, ha sicuramente favorito l'insediamento stabile di piccoli gruppi di persone.    In proposito, poco dopo l'imbocco della Valle si incontrano le indicazioni che portano ad un sito archeologico dove, nel 1963, sono stati ritrovati i resti di alcune sepolture risalenti all'età del rame (quasi 6.000 anni fa!).
L'altipiano di Parre, visto dal sentiero della Val Dossana
Il mio amico ed io ci siamo fermati a circa mezzora dalla nostra iniziale meta. 
Il sentiero proseguiva in decisa salita e la neve ci arrivava ormai al ginocchio. Abbiamo quindi rinunciato ad arrivare alla Baita de Sùra e non abbiamo nemmeno potuto ammirare il gigante della Val Dossana, un faggio secolare, vecchio di quattrocento anni, che si trova poco prima della Baita stessa.
Cascina Lova, Bratte ed i contrafforti del Pizzo Formico.
Ci siamo però ripromessi di tornare in questa zona, che abbiamo scoperto essere il cuore di un sito di interesse comunitario, creato dalla legislazione europea per tutelare tutta l'area circostante la Val Dossana fino alla Cima del Monte Grem.
In questo ambiente, nelle opportune stagioni, è infatti possibile scoprire singolari ricchezze floristiche, con rare specie endemiche e, più in quota, si può ammirare un bel paesaggio pascolivo alternato ad ambienti carsici di grande interesse, con il contorno di cime dalle suggestioni dolomitiche, che superano i 2.000 metri di quota.
    Escursione effettuata sabato 24 marzo 2018 (tempo uggioso con qualche fiocco di neve).
Segnaletica alla partenza.
Info tecniche:
Come arrivare: L'imbocco della Valle Dossana è facilmente raggiungibile da Bratte, frazione del Comune di Premolo, che si raggiunge dalla strada provinciale della Val Seriana. Pochi metri dopo il bivio per la Val del Riso si prende a sinistra una carrozzabile con le indicazioni per Premolo (2 km). Giunti in paese si prosegue in salita fino ad arrivare a destinazione. Superato il centro di Bratte, si intravedono sulla destra le indicazioni CAI per la Val Dossana mentre, avanti pochi metri sulla sinistra, è possibile parcheggiare senza particolari problemi.
Durata e dislivello: Per arrivare fino alla Baita de Sura servono oltre due ore di buon passo, con dislivello di sola salita di circa 600 m.  Una passeggiata più rilassante (un'ora di salita con duecento metri di dislivello) si ferma a metà strada, alla Baita Piazza Manzone
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 05.
L'itinerario evidenziato sulla tavola 05 della
Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
Si ringrazia per la concessione.