mercoledì 21 febbraio 2024

Da Valpiana alla Malga Lusù, per ammirare uno dei panorami più emozionanti delle Orobie Orientali.

 🥾 Dislivello: circa 350 metri             ⌚ Durata: 3 ore e mezza             📏Lunghezza: 8,5 km

Alpe Lusù. Sullo sfondo la Presolana

Raggiungere il punto di partenza di questa escursione rappresenta già una piccola avventura, che spiego meglio nei dettagli operativi delle note tecniche. Giunti a Gandino, in auto si raggiunge e si supera la chiesetta di Valpiana (1026 m), dedicata a Santa Maria degli Angeli. Si procede oltre per circa 800 metri trovando, sulla sinistra, un parcheggio segnalato, dove si lascia l'automezzo.

La Valpiana dal primo tratto di salita.

Accanto al parcheggio sale nel bosco una strada privata, riservata agli autorizzati. I primi passi dell'escursione calpesteranno il cemento di questa breve carrareccia che, in una decina di minuti e con buona pendenza, porta ad un bivio dove si ha una bella vista sulla Valpiana. Si prende a destra, con la sterrata che sale fra i prati ed una visuale che si apre sulla vetta della Croce di Corno. La strada termina di fronte ad una radura incassata nella quale, poco più in basso, si intravvede una cascina (1120 m di quota, venti minuti dalla partenza).

La cascina di quota 1120 m.

Si costeggia la cascina, tenendola alla nostra destra, per individuare e percorrere una traccia che sale, con brevi tratti in forte pendenza, tra gli abeti rossi. Poco sopra si intravvede, in alto sulla sinistra, una rustica abitazione in legno e calcestruzzo. Noi teniamo la destra, senza salire di quota per sbucare in una radura. La traccia bordeggia il piccolo pascolo e tiene ora la sinistra, portando ad un piccolo stagno che precede una cascina. Siamo in località Foppa di Cornaclì (1216 m-poco più di mezzora), dove termina il tratto privo di segnaletica.

località Foppa di Cornaclì.

Pochi passi più avanti, infatti, si incontra una palina segnaletica del CAI indicante il sentiero n. 548/A, che unisce la Croce di Corno con la grande piana del Campo di Avene, nostra prossima meta. Si volta quindi a destra e si sale in un bel bosco misto, dove la traccia, ora ben segnalata dai bolli biancorossi,  alterna ripidi strappi a più dolci serpentine.  Tra faggi ed abeti rossi punteggiano gli ellebori, ormai a fine stagione, e le prime campanelline di primavera, che si apprestano a raccoglierne il testimone, annunciando l'arrivo di una stagione più mite.

Campanellini di primavera.

Dopo un'ora di cammino dalla partenza (1300 m circa) la traccia spiana, restando sotto la vegetazione. Tenendo la destra si inizia a scendere di quota, ammirando il lavoro dei boscaioli che tengono ben curato questo tratto di bosco. In un quarto d'ora, il sentiero esce all'aperto regalandoci belle visuali sui pascoli del Campo d'Avene (1267 m-un'ora e mezza circa dalla partenza).

Arrivo a Campo d'Avene.

Questa radura fu frequentata sin dalla preistoria. Tra questi prati sono stati ritrovati alcuni manufatti in selce riconducibili al Paleolitico Superiore, in un periodo compreso tra il XIII e l'XI millennio A.C. La vasta radura del Campo di Avene ed il limitrofo Monte Alto di Avene sono attualmente proprietà del Comune di Gandino, che li ha acquisiti tra il XIII ed il XVI secolo, quando, al posto dell'attuale malga, si suppone vi stazionasse un ricovero per pastori. 

La malga di Campo d'Avene.

Il sentiero CAI n. 548/A termina di fronte a Campo d'Avene, incrociando il n. 545 che scende dalla zona del monte Farno per dirigersi al Monte di Sovere. In questo tratto il sentiero segue una placida e pianeggiante sterrata che imbocchiamo volgendo a destra. Dopo una decina di minuti si giunge alla Pozza della Crus (1250 m) dove si resta ammaliati da un'improvvisa ed inaspettata prospettiva sul massiccio della Presolana. Tenendo lo sguardo sulla regina delle Orobie, si gira decisamente a sinistra, costeggiando la pozza ed entrando nella valletta (Val Faccanoni), annunciata da una palina segnaletica del CAI che ci dirige verso Malga Lusù.

Pozza della Crus. Sullo sfondo la Presolana.

Entriamo nel bosco e, al primo bivio, teniamo la destra, senza perdere quota. Percorriamo un falsopiano che si inoltra nella splendida abetaia, che ha come tappeto una splendida fioritura di ellebori. In poco più di un quarto d'ora, senza alcuna fatica, si arriva allo spettacolare alpeggio di Malga Lusù (1235 m-circa due ore dalla partenza) da cui si gode un paesaggio che lascia senza fiato nè parole. Siamo su un terrazzo che domina la Val Borlezza. Ottocento metri più in basso si distingue il borgo di Cerete. L'orizzonte spazia apparentemente senza confini. 

Malga Lusù, Pizzi Redorta e Coca, Ferrante e Presolana.

A sinistra domina la Presolana, a cui fa da valletto il cucuzzolo del Ferrante. Più lontano, spuntano le massicce sagome dei Pizzi Redorta e Coca, quest'ultimo seminascosto dalla doppia cuspide composta dai monti Timogno e Benfit. Al centro troneggia il Pizzo Camino. Ai suoi piedi si distinguono Scanapà e monte Varro, poco oltre il panettone del Pora. A destra, infine, si profila la dorsale dei monti che dominano la sponda bresciana del Lago d'Iseo. 

Malga Lusù, Pizzo Camino e Monte Pora.
In centro Monte Varro, in basso a destra le grufolate dei cinghiali.

Vale la pena salire in dieci minuti ai 1275 m di quota della vicina Campana dei Caduti, che offre una veduta ancora più ampia e permette di apprezzare la composizione dell'Alpe Lusù, il buono stato della baita, che fa corpo unico con penzana e porcilaia, e la pozza a terra a cui si abbeverano, in stagione, una quarantina di mucche, con il latte delle quali i malgari producono formaggelle e formaggio di monte. In alcune app viene indicato un sentiero che, dalla Campana dei Caduti, porterebbe alla vicina Baita di Monte Alto per poi scendere verso la Malga Lunga. Io non ne ho trovato traccia... 

La Campana dei Caduti ed i monti della sponda bresciana del Lago d'Iseo.

Tornando quindi sui nostri passi, in direzione della Pozza di Crus, è inevitabile notare la presenza di segni, tra i pascoli e sul sentiero, che evidenziano due pericoli che stanno seriamente danneggiando questa bellissima zona. Il cotico erboso dei prati viene spesso rovesciato e scavato da branchi di cinghiali che risalgono le Valli Cavallina e Borlezza. L'altro pericolo è dato dalle orde di moto da enduro che, incuranti degli espliciti divieti ben presenti all'inizio dei sentieri, provocano profondi solchi nel terreno, concausa di dissesti idrogeologici, senza contare i danni provocati dal rumore e l'inquinamento provocato dai gas di scarico. 

Fresco passaggio di una moto di enduro nei pressi dell'Alpe Lusù.

Dalla Pozza di Crus si può tornare al parcheggio di partenza proseguendo sul sentiero CAI n. 545 che, in circa mezz'ora di falsopiano conduce al Monte di Sovere (1237 m). In questo punto si incontra la sassosa mulattiera che scende in Valpiana, contrassegnata dal segnavia CAI n. 544. Con buona pendenza si raggiunge la strada asfaltata in un quarto d'ora. Con altri dieci minuti di scarpinata si continua a scendere fino a giungere al punto di partenza.

Fioritura di ellebori nel bosco che circonda l'Alpe Lusù.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 18-02-2024 - tempo bello, con velature all'orizzonte.
Punto di partenza: Parcheggio a pagamento della capacità di 5/6 auto, posto 800 metri a nord della chiesetta di Valpiana, che si raggiunge dal fondovalle della Val Gandino.  Raggiunto il territorio del Comune di Gandino tramite la S.P. 42 si seguono le indicazioni stradali per Valpiana-Malga Lunga, che portano sul fondovalle in via Opifici, fiancheggiando ed attraversando storici lanifici del XIX° secolo.  Da qui, una stretta strada asfaltata risale a tornanti,per circa 12 chilometri, sino ad arrivare alla chiesetta di Valpiana (località Teade). Da Bergamo si calcolano poco più di trentacinque chilometri, percorribili in circa un'ora. 

La malga di Campo d'Avene. Sullo sfondo le pendici del monte Farno.

Il parcheggio si paga: I gratta e sosta necessari per parcheggiare l'auto si acquistano nei diversi esercizi commerciali del centro di Gandino.  Nel sito del Comune sono elencati ì diversi punti vendita convenzionati che sono, per la quasi totalità, dislocati nel centro cittadino. In Valpiana non c'è il parcometro e quindi bisogna procurarsi il gratta e sosta. Preparatevi quindi a vagare fra le strette vie del centro per trovare il punto vendita aperto nelle prime ore del mattino, per poi tornare tra i vicoli cercando di uscirne e scendere nel fondovalle e quindi risalire gli stretti tornanti della Valpiana. Il link di collegamento al sito del Comune è: http://www.comune.gandino.bg.it/index.php/gratta-e-sosta.  
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 350 metri di sola salita. Il tracciato è lungo otto chilometri e mezzo.  
Durata: Per percorrere l'itinerario descritto sono necessarie circa 3 ore e mezza.

Zoom dalla malga Lusù su Redorta, Timogno, Benfit e Coca.

Altre escursioni in zona: In questo blog potete trovare altre tre escursioni che percorrono i crinali della Val Gandino. I link di collegamento sono i seguenti:
https://dislivellozero.blogspot.com/2020/06/croce-di-corno-monte-di-corno-campo.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2021/05/dal-santuario-della-santissima-trinita.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/03/da-valpiana-alla-cima-del-monte.html
Cartografia: Negli uffici turistici della Val Gandino è a disposizione una piccola carta escursionistica al 1:25.000 titolata: "Camminando per i sentieri della Valgandino". Nella carta non è tracciata la prima parte di questo itinerario e la variante che porta da Pozza Crus a Malga Lusù. La cartina può essere scaricata direttamente dal sito delle cinque terre della valgandino: https://www.lecinqueterredellavalgandino.it/wp-content/themes/cinqueterrevalgandino/images/docs/cartina-sentieri-val-gandino.pdf.

Cespuglio di erica carnicina in Valpiana.





mercoledì 7 febbraio 2024

Dal fondovalle a Bondo di Colzate, fino a raggiungere i panorami regalati dalla cima del Pizzo Frol, a picco sulla Val del Riso.

 🥾 Dislivello: circa 620 metri               ⌚ Durata:  4 ore               📏Lunghezza: 9,5 km

L'Alben dalla cima del Pizzo Frol.

La partenza dell'itinerario si trova negli immediati pressi del parcheggio a servizio della fabbrica ITEMA, posto in fondo a via Gianni Radici,nella zona industriale di Colzate (430 m circa). Il punto di partenza, ben indicato con segnaletica verticale, è anche l'inizio del sentiero CAI n. 526/A, da seguire per un lungo tratto. I primi passi portano ad un ponticello che, voltando a destra, supera un torrente che scende dal bosco ceduo, all'interno del quale si risale fino alle prime case della frazione di Bondo.

Elleboro sul sentiero CAI n. 326/A.

La stradella, con due tornanti cementati, guadagna quota portandoci all'inizio di un sentiero che si tuffa deciso fra la fitta vegetaziome. Dopo pochi passi si incontra un bivio ben segnalato, dove teniamo la destra, per poi salire con buona pendenza tra belle fioriture di ellebori e qualche timida primula.

Primuline nel bosco.

Si continua per una buona mezz'ora (660 m circa), fino ad un tratto dove il bosco tende a diradarsi e si incontra un bivio non segnalato, Tenendo la sinistra, si prosegue per qualche minuto, ritrovando la segnaletica biancorossa del 526/A, che ci guida verso un tratto in falsopiano. Successivamente superiamo un ultimo deciso strappo, che ci deposita di fronte ad una suggestiva santella. Stiamo camminando da circa tre quarti d'ora e si vedono le prime case di Bondo.

La santella, poco prima di Bondo.

In meno di dieci minuti si sbuca sull'asfalto, giusto all'altezza della segnaletica stradale indicante l'ingresso nel territorio di Bondo (765 m-meno di un'ora dalla partenza). Di fronte troneggia la chiesa parrocchiale di San Bernardino. Pestando l'asfalto per una ventina di metri, si intravede, sulla sinistra, una palina verticale che regge anche una freccia biancorossa. L'indicazione ci fa imboccare una larga mulattiera che porta ad una scalinata.

La chiesa di Bondo con la mulattiera da percorrere.

Il primo insediamento nei dintorni dell'attuale Bondo (toponimo indicante, per i popoli prelatini, una conca con presenza di acqua) fu creato dai celti, qualche secolo prima di Cristo. In epoca romana il borgo fu utilizzato come base per gli schiavi che lavoravano nelle miniere della Val del Riso. Attualmente la frazione conta circa 200 abitanti, la maggior parte dei quali vive nelle cascine e nei borghi sparsi fral le colline, fuori dall'agglomerato principale sorto nei pressi della chiesa parrocchiale.

Bondo: lavatoio coperto ed edificio con loggiato.

Arrivati in cima alla scalinata si attraversa la strada, entrando in Piazza San Bernardino, dove si possono ammirare l'antico lavatoio coperto ed un'abitazione con suggestivo loggiato in legno. I segni biancorossi del CAI disegnano una traccia che sale nel cuore del borgo fino a rincrociare la strada carrozzabile in corrispondenza delle ultime case. Qui si volta decisamente a destra e, calpestando l'asfalto, si sale con gradualità, restando sempre sulla traccia del sentiero CAI n. 526/A.

La Tribulina al Colle di Bondo.

Dopo cinque minuti si incontra un bivio dove si tiene la destra e si continua a salire in campo aperto, sino a raggiungere il Colle di Bondo (830 m circa-un'ora e un quarto dalla partenza), presidiato da una rustica tribulina dedicata a Sant'Antonio. Il sentiero del CAI ci abbandona voltando a sinistra, verso Barbata. Noi proseguiamo diritti, restando sul nastro d'asfalto, che costeggia il bosco. Tra prati, cascine ed altri edifici un tempo rurali ora residenziali e con alcune belle visuali sulla media e bassa Valle Seriana, si giunge nei pressi di una cascina che riporta il numero civico 26.

Il fondovalle dal Colle di Bondo.

La si supera di pochi metri, fino ad incontrare, sulla destra, una strada privata cementata. La si percorre salendone un paio di tornanti, al termine dei quali si arriva a costeggiare una bella abitazione con muri esterni in pietra a vista (986 m-circa tre quarti d'ora da Bondo). La sterrata procede oltre, volgendo a destra e pianeggiando per un buon tratto.

Cascina lungo l'ultimo tratto di sterrata.

Alla nostra sinistra si apre un bel panorama sul Val del Riso, sulle cime di Belloro e sul versante sud della Valcanale. In meno di dieci minuti si raggiunge uno slargo, oltre il quale lo sterrato prende a scendere. Da questo slargo si sale a sinistra, seguendo un'esilissima traccia che si perde nell'erba. La direzione da prendere è data dalla vetta dell'ormai vicino Pizzo Frol. 

La Presolana dalla vetta del Pizzo Frol.

Senza percorso obbligato (che significa aver rinunciato a ritrovare l'esilissima traccia) si sale traversando tra roccette, ripidi prati ed isolate betulle. Alle spalle si apre una maestosa vista sulle nere guglie dell'Alben. In breve si raggiunge un primo cocuzzolo. A destra gli strapiombi lasciano intravvedere la cava del Ponte del Costone. Di fronte comincia a palesarsi il massiccio della Presolana e l'altipiano di Clusone. A sinistra la Val di Riso e la sua splendida cornice di vette. 

Il versante sud della Valcanale dalla vetta del Pizzo Frol.

Poco oltre ci aspetta una seconda cimetta. E' la nostra meta, che si raggiunge in un attimo. Dal Pizzo Frol (1055 m-due ore un quarto dalla partenza) lo spettacolo è entusiasmante. A sud si spazia dal fondovalle alla cima del monte Cavlera ed ai boschi che circondato il minuscolo borgo di Barbata.

Il monte Cavlera ed i boschi di Barbata dalla vetta del Pizzo Frol.

A sinistra, accanto alle creste del monte Alben, si intravede la mole del Menna. Poco oltre il Grem e le altre cime che dominano gli abitati di Gorno ed Oneta. Poco dietro spuntano i profili delle vette dolomitiche della Valcanale, con un'insolita vista sulla Corna Piana. Poco più in basso verdeggiano le dolci cime di Belloro e gli ameni prati di Alino, da cui sale il tracciato che arriva in cima al monte Vaccaro.

In primo piano Parre, in mezzo il Sapél Nè, la Senda e le cime Blum e Parè. 
Dietro le Orobie, con il Ferrante in mezzo e a destra la Presolana

Di fronte, oltre i solivi pianori che ospitano Premolo e Parre, parte la lunga cresta che unisce il Sapel Nè, la Senda, Cima Blum ed il monte Parè al massiccio della Presolana. Ai lati della Regina si intravvedono il panettone calcareo del Ferrante e le guglie del Pizzo Camino. Più a destra e ben più vicini, gli aspri versanti dei Pizzi Falò, Guazza e Formico. Tra questi Pizzi ed le pendici del Frol, in fondo ai dirupi, si trova l'ansa del Serio superata dal Ponte del Costone, involontario protagonista di molti episodi della storia locale della Valle (qualche spunto nelle note tecniche).

I segni dell'uomo: la cava del Ponte del Costone
dalla cima del Pizzo Frol.

Per anni le falde orientali del Pizzo Frol furono oggetto di incendi dolosi, innescati nelle immediate vicinanze del Ponte del Costone. La ripetitività dei roghi aveva bruciato gran parte della superficie boschiva che ricopriva questo versante. Nel 2017 il piromane, un pensionato settantatrenne di Clusone, venne arrestato in flagrante dai Carabinieri e condannato a tre anni e dieci mesi per incendio boschivo doloso. Fu considerato l'autore di almeno otto roghi appiccati alla base del Pizzo Frol. Da allora la vegetazione ha lentamente ripopolato il territorio che, lentamente, con i ritmi propri della natura, sta riprendendo le forme originarie.

Il minuscolo borgo di Barbata, visto dal sentiero di discesa.

Il ritorno avviene calcando lo stesso tragitto percorso all'andata. La discesa impiega poco più di un'ora e mezza.

Bondo: il lavatoio e la chiesa di San Bernardino.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 04-02-2024 - Sereno, con innocue velature.
Punto di partenza dell'escursione: Parcheggio di fronte alla fabbrica ITEMA spa, in via Gianni Radici 4 - Colzate, che dista
 circa 23 km dal centro di Bergamo, percorribili in mezz'ora d'auto. Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana per una ventina di chilometri. Superato il bivio per Vertova si giunge ad una rotonda che a destra sale a Casnigo. Si procede diritto verso Nord per un altro chilometro e mezzo, fino ad individuare, sulla sinistra, un ponte sul fiume Serio che conduce al parcheggio di via Gianni Radici.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 620 metri di dislivello per una lunghezza complessiva, tra andata e ritorno, di nove chilometri e mezzo
Durata: Salita e discesa per il medesimo percorso impegnano per circa quattro ore, escluse le soste. 

Fiori di zafferano selvatico ai margini del bosco di Bondo.

Notizie storiche sul Ponte del Costone: Il ponte del Costone fu voluto da Napoleone Bonaparte e venne realizzato dall'Ing. Vidali tra gli anni 1812 e 1816. In precedenza, questa zona, che rappresenta una sorta di imbuto naturale nel quale scorre impetuosamente il Serio, era pericolosa ed insicura, sia per le caratteristiche naturali, che per la presenza di briganti e contrabbandieri. Con la sua realizzazione, il ponte del Costone divenne una porta che unisce le zone industriali e le dolci colline della bassa Valle Seriana con i piccoli arroccati borghi ed i circhi di vette dell'Alta Valle. Altre notizie interessanti ed utili si trovano a questo link: https://www.valseriana.eu/blog/coston-bridge-nato-per-unire.
 
La Val del Riso vista dalla cima del Pizzo Frol.

Altre escursioni in zona: In questo blog vengono proposte altre due escursioni su questi versanti. I link di collegamento sono:
-https://dislivellozero.blogspot.com/2022/01/dal-santuario-di-san-patrizio-alla-cima.html;
-https://dislivellozero.blogspot.com/2018/10/i-tesori-del-monte-secretondo.html.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 05.

L'itinerario proposto evidenziato in verde sulla tavola 05
della  Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
In rosso altri due tracciati percorribili in zona e descritti nel blog.
Si ringrazia per la concessione.