sabato 26 agosto 2023

Un panoramicissimo anello che parte da Nona, sale alle malghe del Barbarossa, raggiunge il passo della Manina e ridiscende in Val di Scalve.

 🥾 Dislivello: circa 700 metri   ⌚ Durata: poco meno di 5 ore   📏Lunghezza: 8,5 km

Al pascolo della Malga Alta di Barbarossa.

Attenzione: la prima parte dell'escursione, dalla partenza fino al bivio che porta alla Malga Alta di Barbarossa, necessita di buon senso di orientamento!

Il panorama che si apre all'uscita del bosco di Pàvia, sopra Nona.

La partenza dell'anello avviene nel piccolo borgo di Nona (1339 m), frazione di Vilminore di Scalve. Nelle note tecniche trovate le indicazioni per arrivarci. Si parcheggia l'auto nei luoghi di sosta appositamente attrezzati (previsto ticket giornaliero di 5 €) ritornando quindi all'ingresso del borgo, dove si trovano la chiesa parrocchiale, un bar-osteria ed un negozio di alimentari. 

Un ciclamino nel bosco poco sopra il torrente Nembo.

Di fronte all'ingresso della chiesa diparte la "Via dei minatori", antica stradina comunale che porta alla frazione di Pezzolo. Sul lato destro di questa via ci sono due abitazioni (civici 6 ed 8). La prima è una vecchia casa, la seconda (agosto 2023) è in fase di ristrutturazione. Tra i due edifici un sentiero non segnalato scende in un boschetto, dirigendosi verso l'alveo del torrente Nembo. Per i locali è la traccia per andare al "Pàvia". Si segue questo percorso, che ci farà perdere una sessantina di metri di dislivello, fino ad arrivare ad una presa d'acqua (1280 m circa - dieci minuti dalla piazzetta). 

La salita nel bosco misto.

Una freccia rossa ci indica di attraversare il torrente, poggiando con cautela gli scarponi sulla grata della presa, proseguendo quindi in salita sul lato opposto, tenendo la sinistra. A pochi minuti dal guado si incontra un tratto franato, che induce un po' di cautela. Superatolo, si sale con decisa pendenza nel bosco, appena addolcita grazie a diverse serpentine. Bolli rossi ci guidano in un bosco misto per niente antropizzato, in stagione particolarmente ricco di splendidi ciclamini. Il tratto è faticoso e raramente offre respiro. In circa un'ora e mezza dalla partenza si esce dal bosco, intorno a quota 1600 m.

Monte Ferrante, Pizzo di Petto e monte Barbarossa.

Il panorama è semplicemente grandioso. Di fronte si palesano le imponenti pareti nord del Pizzo di Petto e del monte Barbarossa. A sinistra è evidente il cupolone del monte Ferrante. Più in là si distende il massiccio della Presolana. La traccia si perde in un vasto ed ondulato pascolo, dove si moltiplicano le peste lasciate dalle mandrie. Ci dirigiamo quindi tenendo di fronte a noi le pareti del Pizzo di Petto e del Barbarossa e lasciando alla nostra destra un panettone erboso che si suppone molto panoramico verso le cime della Valbondione.

Tra un dosso e l'altro, improvvisamente il Pizzo Coca.

All'inizio si sale leggermente e poi si resta in piano, in direzione di una traccia più incisa delle altre che percorre pianeggiando il successivo dosso che sembra dividerci dalle alte pareti calcaree. Nell'insellatura tra il primo ed il secondo dosso appare il massiccio Pizzo Coca: inaspettato, splendido ed apparentemente solitario.  Alle nostre spalle si ammira la lunga dorsale del monte Sasna e, verso est, spunta anche la cima del Pizzo Tornello.

In basso, il pascolo della Malga Bassa di Barbarossa.

Dopo una buona mezz'ora, parzialmente spesa per la ricerca della giusta traccia, compare il vasto pascolo della Malga Bassa di Barbarossa, quasi accucciata ai piedi della parete nord del Pizzo di Petto. Da questo momento il percorso diviene facilmente intuibile. Tenendo la destra si segue un camminamento che porta in breve a costeggiare una pozza d'abbeverata in secca. Al successivo e vicino colletto si giunge ad una pozza colma d'acqua piovana, oltre la quale si intravvede una larga sterrata a lato della quale incontreremo il primo bollo biancorosso del sentiero CAI n. 407, che ci porterà, volgendo verso destra, alla Malga Alta di Barbarossa e, successivamente, al Passo della Manina.

Pizzi Redorta e Coca. In basso si intravvede il rifugio Case Rosse.

Nel frattempo la vista si è ampliata anche verso ovest. Accanto alla cuspide del Coca si è affiancata quella del Pizzo Redorta e, in basso, sono comparsi gli edifici del Rifugio Case Rosse, posto negli immediati pressi del sentiero che, dalla chiesetta della Manina, ritorna al piccolo borgo di Nona. Raggiunta la sterrata, si sale ancora di quota, attraverso ampi prati che celano numerose tane di marmotta, arrivando infine alla Malga Alta di Barbarossa (1834 m - un'ora circa dall'uscita del bosco).

Tana di marmotta - foto di Giorgio Pastrello.

Sul muro di una tettoia contigua alla malga si trova un bollo biancorosso che indica la direzione per la "Manina". Un breve ma deciso strappo ci fa salire praticamente sopra la malga, dove si trova una pozza per l'abbeverata a servizio di un pascolo che va a morire tra i ghiaioni precipitati dalle strapiombanti pareti del monte Barbarossa. Accanto alla pozza si trova un bivio segnalato da una palina segnaletica del CAI. A sinistra, un erto sentiero porta alla cima del Pizzul. Noi invece procediamo diritto, in dolce pendenza.

Malga Alta di Barbarossa.

In questo tratto si tocca, in due diversi punti, la quota più alta dell'intera escursione (circa 1920 m), senza compiere eccessiva fatica, poichè si alternano tratti in falsopiano con brevi e non impegnative salite. In alcuni punti serve un po' di attenzione, dovuta più alla sensazione di vuoto che ad un reale pericolo presente. Il panorama che ci accompagna è vastissimo. Alla nostra destra lo sguardo si allarga sull'intera catena delle "dolomiti scalvine". Di fronte è il circo di vette che circonda la conca di Valbondione a farla da padrone.

Dal sentiero di mezzacosta bella vista su Nona, Pizzo Tornello e Camino.

Dopo un lungo traverso appare finalmente il Passo della Manina (1799 m) con la sua caratteristica chiesetta. La si intravvede un centinaio di metri più in basso, preceduta da un incrocio di sentieri che raggiungiamo con una ripida discesa (poco più di un'ora dalla Malga Alta di Barbarossa). Con un ulteriore tornante destrorso proseguiamo la discesa lungo il sentiero CAI n. 408, in direzione degli edifici che compongono il complesso del Rifugio Case Rosse (1637 m).

Manca poco al bivio del Passo della Manina.

Questo gruppo di edifici ha vissuto molte vite. Rappresentavano il centro operativo delle miniere di ferro e comprendevano anche le baracche realizzate per l'alloggiamento dei minatori. Durante la seconda guerra mondiale il complesso fu requisito dai nazisti, che ne fecero un presidio militare atto a gestire i lavori di fortificazione a difesa del confine meridionale del Terzo Reich. All'alba del 27 settembre 1944 la zona fu teatro dell'assalto di un nutrito gruppo di partigiani che, uscendo direttamente dai cunicoli delle miniere della Manina, assaltarono il presidio tedesco, arrestando i nazisti presenti e facendo un ricco bottino di armi, munizioni e viveri.

Scendendo sul sentiero CAI n. 408, verso il Rifugio Case Rosse.

Il tracciato della discesa è evidente e ben definito. Si scende con gradualità lungo il lato destro della valle digradando lungo una sterrata che porta nei pressi di una cascina, dove il tracciato scende ulteriormente per pochi metri, risalendo quindi sul lato opposto della valle, poco sotto gli edifici un tempo a servizio delle ex-miniere. 

Pulsatilla alpina, lungo il sentiero CAI alle pendici del monte Pizzul.

Finalmente giunti sulla strada forestale, si scende prendendo a destra ed entrando in una bella abetaia.  Tenendo alla nostra destra il torrente Nembo, si scende rapidamente, percorrendo anche alcuni tratti di cementato. Dopo un'oretta dal bivio della Manina, si arriva a due vecchie baite e ad un successivo bivio. Voltando sulla pianeggiante sterrata di sinistra, in pochi minuti si arriva alle prime case del paese e quindi al parcheggio di partenza.

In basso la chiesetta della Manina, sullo sfondo Redorta, Coca e la conca del Barbellino.

Info tecniche:

Data dell'escursione: 23-08-2023 - Soleggiato,buona visibilità. Caldo!
Partenza: Nona, frazione di Vilminore di Scalve dista circa 70 km dal centro di Bergamo, percorribili in un'ora e mezza d'automobile. Si percorre la statale della Val Seriana, imboccando a Ponte Nossa il ramo della valle che transita da Clusone ed arriva fino al Passo della Presolana, che si valica scendendo in Val di Scalve, fino alla frazione Dezzo, dove si prende a sinistra in direzione di Schilpario. Dopo un paio di chilometri si volta ancora a sinistra verso il centro di Vilminore di Scalve che si raggiunge e si supera. In cima al paese si incontra un bivio dove compaiono le indicazioni che porteranno fino al piccolo borgo di Nona.

Cardo dentellato con ospite.

In tutto il territorio comunale di Vilminore di Scalve il parcheggio si paga: Per i mesi estivi (giugno, luglio, agosto e settembre) il Comune di Vilminore ha disposto l'obbligo del pagamento per la sosta in tutte le aree adibite a parcheggio di proprietà comunale o nella disponibilità del Comune, identificate da apposita segnaletica. Il ticket, che funziona con la modalità "gratta e sosta", può essere acquistato presso un parchimetro automatico (solo con monete) nei pressi dell'area camper di via Provinciale, oppure in una serie di esercizi commerciali il cui elenco può essere scaricato consultando  il seguente link: https://www.valdiscalve.it/parcheggiare-a-vilminore-di-scalve.  Nella frazione di Nona il ticket si acquista al Bar Osteria della Nona (tel. 346  6734297). Il prezzo giornaliero nominale è di 5 (cinque) euro.

Poco sopra la Malga Bassa di Barbarossa, uno sguardo verso la Val di Scalve.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 700 metri di dislivello per un totale di otto chilometri e mezzo.     
Durata: Per percorrere l'intera escursione ad anello servono poco meno di cinque ore, al netto delle soste.  
Luoghi di sosta e ristoro lungo il tracciato: Lungo il percorso non sono presenti luoghi di ristoro. A Nona è possibile mangiare piatti pronti e gelati al Bar Osteria della Nona, situato nel centro della piccola frazione. Accanto al bar si trova la locale Cooperativa di Consumo che commercia al dettaglio generi alimentari e prodotti tipici. Preparano panini imbottiti al momento.

Frutti del bosco di Pàvia.

Altre escursioni in zona: In questo blog trovate la descrizione di due escursioni invernali, effettuate con le ciaspole, con partenza dalla frazioni di Nona e Teveno. I link sono i seguenti:
- https://dislivellozero.blogspot.com/2017/03/al-cospetto-dei-giganti-delle-orobie.html.
- https://dislivellozero.blogspot.com/2017/03/una-ciaspolata-nel-magico-bosco-del.html
Cartografia: La traccia interessata dall'itinerario ad anello è ben evidenziata nella recentissima carta escursionistica della Val di Scalve, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000, in vendita presso la sede sociale del CAI e nelle librerie dell'Alta Val Seriana e Val di Scalve al prezzo di 10 €.

La cresta del monte Sasna domina il Rifugio Case Rosse.















venerdì 18 agosto 2023

Da San Lucio alla panoramica cima del Pizzo Formico, ritornando attraverso il fitto e rigoglioso bosco della Baita delle Ortiche.

🥾 Dislivello: 635 metri  ⌚ Durata: poco più di 4 ore e mezza  📏Lunghezza: circa 12 km

Il Pizzo Formico dalla radura del Pianone.

L'escursione prende il via dal parcheggio a pagamento posto in cima alla strada che porta alla località San Lucio (1027 m), sopra Clusone. Nelle note tecniche trovate i dettagli per raggiungerlo. Accanto alla sbarra che impedisce l'accesso alle auto non autorizzate si trova una palina segnaletica del CAI, che indica la direzione per il rifugio San Lucio, il Pianone ed il Pizzo Formico, seguendo la traccia del sentiero n. 508A.
Cascina ristrutturata tra San Lucio ed il Pianone.
Si procede prima in piano e poi in leggera salita, lasciando i locali del Rifugio sulla sinistra ed arrivando alla chiesetta di San Lucio in una decina di minuti. Sulla destra si notano le evidenti indicazioni da seguire, inoltrandoci con pacata pendenza in un'ariosa abetaia. Dopo aver calpestato un tratto cementato, si raggiunge una cascina ben ristrutturata, oltre la quale si trova un bivio, dove si tiene la sinistra. Accompagnati da una segnaletica composta da bolli bianco e verdi si raggiunge l'ampia radura del Pianone (1142 m-circa mezz'ora dalla partenza).

Il Pianone visto poco sopra la Baita del Giannino.
Costeggiando i pascoli della grande cascina (un tempo albergo a servizio di un impianto sciistico) si prende la sterrata che sale a sinistra, dirigendoci verso la Baita del Giannino, che raggiungiamo in una decina di minuti dal Pianone. Da questa postazione il panorama si allarga su tutta l'Alta Val Seriana, anticipando parte dello spettacolo che ci aspetta dopo la salita. 

Parnassia fiorita accanto al sentiero di salita.

La traccia tiene la sinistra e le indicazioni sono chiare. Si supera la baita salendo per pochi minuti, fino ad incontrare un altro bivio dove si volta a destra, per poi inoltrarci in una fitta abetaia. Si sale seguendo larghe serpentine per oltre venti minuti, fino a che la pendenza si addolcisce. Percorrendo un lungo tratto in falsopiano, la vegetazione, fattasi più rada, ci offre alcune suggestive finestre sul Pizzo Formico, sull'Arera e la Corna Piana. 

Il Formico si avvicina.

Il bosco è ricco di ciclamini ed altre fioriture. Si supera il bivio che scende alla Baita delle Ortiche (che prenderemo al ritorno) e, in poco meno di due ore dalla partenza, si raggiungono i 1470 m della Forcella Larga dove, sulla destra, si intravvedono i ruderi della Capanna Ilaria. 

Finestra su Arera e Corna Piana.

La struttura, inaugurata nel 1928, funzionò come rifugio alpino negli anni '30, diventando un punto d'appoggio e di pernottamento per i numerosi sciatori che, sfruttando anche gli impianti sciistici del Pianone, effettuavano la cosiddetta "Traversata del Formico", da Clusone a Gandino. Negli anni della seconda guerra mondiale la Capanna venne utilizzata come rifugio dai partigiani, fino ad essere bruciata dai nazifascisti durante uno dei loro frequenti rastrellamenti nella zona. 

La Conca del Farno dalla Forcella Larga.

Sulla sinistra lo sguardo viene invece inevitabilmente attratto dagli amplissimi pascoli della Conca del Farno, che digrada dolcemente verso la Val Gandino. Manca poco alla meta, anche se la vetta si nasconde momentaneamente alla nostra vista. La traccia prosegue evidente, la palina del CAI indica la direzione e la relativa durata, segnalata in circa mezz'ora. Il primo tratto sale in dolce pendenza, lasciandoci ammirare il panorama che si allarga sempre di più alle estremità della Conca, ad ovest delimitata dal dosso sopra il quale è stato realizzato il Rifugio Parafulmine (1536 m). 

Punto della situazione alla Forcella Larga. Sullo sfondo le prime rampe del Formico.

Seguendo i bolli bianco-verdi, si raggiunge una curva da dove si palesa la croce di vetta del Pizzo Formico. Pochi metri e la traccia strappa in decisa pendenza. Gli ultimi passi sono particolarmente stancanti, anche se la vista sempre più vasta lenisce distrae dalla fatica. Poco prima della vetta una rosa dei venti dettaglia le cime dei monti che delimitano l'amplissimo panorama. Dalla croce (1632 m-due ore e mezza dalla partenza) lo spettacolo sulla catena delle Orobie è incomparabile. Ma anche lo sguardo sulla media Valle Seriana, sulla Val Gandino e l'altipiano di Clusone è molto bello ed anche istruttivo per i curiosi di geografia.

Il Pizzo di Casnigo e l'Alben (nella foschia) dalla cima del Formico.

Il ritorno potrebbe essere fatto lungo l'itinerario di salita. I fanatici delle escursioni ad anello (come il sottoscritto) possono invece sfruttare la deviazione che scende verso la Baita delle Ortiche. Il bivio si incontra dopo circa quaranta minuti di discesa dalla vetta del Formico. Girando decisamente a sinistra, si calpesta una traccia che rimane ben evidente nel fitto della vegetazione. Con larghissime serpentine, si scende molto dolcemente in un bosco misto, dove le latifoglie sembrano prendere lentamente il sopravvento sulle conifere. Il sottobosco è particolarmente ricco di fioriture ed arbusti. 

Il sentiero nel bosco nei pressi della Baita delle Ortiche.

Il sentiero, decisamente poco frequentato, prosegue per un buona mezz'ora, fino ad incontrare un bivio (circa 1150 m di quota) dove si gira a destra per tornare, verso il Pianone. Nessuna indicazione per la Baita delle Ortiche. A casa leggo che sarebbero bastati cento metri di discesa per incontrarne la "caratteristica  radura". 
Genziana asclepiade.

Dal bivio si procede praticamente in piano, proseguendo nel bosco fino ad attraversare anche la valletta del "Vendul" dove, nei pressi dell'omonimo fontanino, in stagione si ammirano suggestive fioriture della genziana esclepiade (specie protetta). In poco meno di trenta minuti si esce all'aperto, sui pascoli del Pianone, dove si riprende la traccia già calpestata all'andata per ritornare alla chiesetta di San Lucio e, quindi, al parcheggio di partenza. La discesa è durata poco più di due ore, escluse le soste.

La cascina del Pianone.
 Info tecniche:

Partenza: San Lucio dista circa 40 km dal centro di Bergamo, percorribili in poco più di cinquanta minuti d'automobile. Arrivati a Clusone si seguono le indicazioni per la località La Spessa, da dove parte una stretta e tortuosa strada recentemente asfaltata, lunga circa cinque chilometri. Il Comune di Clusone ha denominato questa strada come "via Beur"; su molti motori di ricerca si trova cercandola come "via San Lucio". Superati otto tornanti si arriva ad uno slargo posto un centinaio di metri prima del Rifugio San Lucio, dove si trova il parcheggio, delimitato da una sbarra.  
A San Lucio il parcheggio si paga: Il Comune di Clusone ha disposto l'obbligo del parcheggio a pagamento lungo tutto il tratto Via Beur-Rifugio San Lucio. Il ticket, che funziona con la modalità "gratta e sosta", viene venduto in una serie di esercizi commerciali il cui elenco è disponibile al seguente link: https://www.comune.clusone.bg.it/it/news/elenco-rivendite-per-acquisto-tagliando-gratta-e-sosta-via-beur-rifugio-san-lucio. Il prezzo giornaliero nominale è di 3 (tre) euro. Le rivendite possono deciderne la vendita, in piena autonomia, fino ad un massimo di € 3,30 (tre euro e trenta centesimi). E' necessario trascrivere la targa sul biglietto, pena la multa.

Chi sale e chi scende dal Formico.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: 635 metri di dislivello per un totale, fra andata e ritorno, di circa dodici chilometri.      
Durata: Per percorrere l'intera escursione ad anello servono poco più di quattro ore e mezza, al netto delle soste.  
Altre escursioni in zona: In questo blog trovate la descrizione di altre escursioni nel territorio del Comune di Clusone. I link sono i seguenti:
https://dislivellozero.blogspot.com/2022/11/un-anello-da-clusone-alla-conquista.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2017/12/a-caccia-di-sole-nella-piana-di-clusone.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/04/lanello-dei-prati-mini-di-clusone-una.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/09/da-piario-alla-vetta-del.html
https://dislivellozero.blogspot.com/2019/05/san-lucio-forcella-larga-fogarolo-san.html.

Asteroide salicina nei pressi del fontanino del Vendùl.

Cartografia: Sulla Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 05 viene parzialmente indicata la traccia di salita (dal Pianone alla Forcella Larga) ed un ulteriore tratto della deviazione ad anello. Recentemente una cartina dei sentieri della zona, in cui è evidente l'anello dell'escursione sopra descritta, è disponibile gratuitamente al Rifugio San Lucio ed all'infopoint di Clusone, in Piazza Orologio 21.

Manca poco alla vetta. 





domenica 13 agosto 2023

C'era una volta un nevaio: da Cerete a Cacciamali ed in Val di Las, cercando quel che non c'è più...

 Questo itinerario è riservato ad escursionisti dotati di buon senso di orientamento.

La parete nord del monte Secco e la testata della Val di Las.
Nell'angolo in ombra, fino a pochi anni fa resisteva un piccolo nevaio.

L'anello parte dal piccolo parcheggio di Cerete (794 m-nelle note tecniche i dettagli per arrivarci) imboccando la storica mulattiera con direzione Cacciamali. Dopo pochi minuti l'acciotolato raggiunge la strada cementata utilizzata anche dai fuoristrada per salire alla piccola contrada. La traccia è segnata anche dai bolli biancorossi del sentiero CAI n. 264 e sale con buona pendenza, con alcune belle viste sul massiccio del Redorta.

La chiesetta di Cacciamali.

In circa mezz'ora si raggiungono le prime case di Cacciamali (1030 m). Il borgo è ben curato e molto suggestivo, con la sua chiesetta, che si erge isolata a sinistra del borgo e le tipiche abitazioni rurali ristrutturate mantenendo intatti i loro canoni architettonici (maggiori dettagli sulla storia del luogo sono raccontati in un altro post pubblicato in questo stesso blog nello scorso mese di dicembre 2022. Il link è: https://dislivellozero.blogspot.com/2022/12/unanello-per-conoscere-il-suggestivo.html).

Nel "centro" di Cacciamali.

All'ingresso di Cacciamali una freccia in legno indica la direzione da intraprendere per raggiungere il nevaio della Val di Las. Si attraversa quindi il piccolo borgo, aggirando le ultime case sulla sinistra, per  seguire una traccia che pianeggia tra i verdi pascoli, restando faccia a faccia con l'imponente mole del Pizzo Redorta. In una ventina di minuti si raggiunge un boschetto di latifoglie, che anticipa di pochi metri le imponenti abetaie che ricoprono la sponda sinistra della Valcanale.

Verso i ruderi di Cascina Martina.

Sotto un imponente faggio, seminascosta dalla fitta vegetazione, si individua una freccia in legno che indica di voltare a sinistra per raggiungere la Val di Las. Si resta a lato del bosco, in direzione di una ben visibile stalla diroccata (Stalla Martina-1057 m) che si raggiunge in una decina di minuti dal boschetto precedente. Dietro i ruderi si entra nel bosco trovando immediatamente un roccolo ben tenuto, alla destra del quale, ben segnalato ad altezza d'uomo sulla corteccia di un albero, si nota il primo dei bolli gialli che ci aiuteranno a tenere la traccia che attraversa la fitta abetaia. 

Una freccia gialla ci guida verso la Val di Las.

Questo è il tratto dove è necessario possedere un buon orientamento. Dopo pochi minuti si incontra un bivio. La traccia si tiene sulla sinistra (NON scendere a destra) restando in quota. Dopo pochi metri un segno giallo ci conferma la giusta direzione. Si continua in piano per un buon tratto. Poi si prende a salire, seguendo fedelmente bolli e frecce di colore giallo. Il bosco, ricco di ciclamini, è formato da conifere nei tratti più ombrosi e da latifoglie nei pochi angoli più solivi. Si alternano falsopiani e brevi salite per circa tre quarti d'ora fino a che il bosco si dirada, lasciando intravvedere la ruvida parete nord del Monte Secco.

La testata della Val di Las.

Fuori dal bosco, pur essendo a poco più di mille metri di quota, la vegetazione ricorda un ambiente alpino di alta quota. Fitti cespugli di pini mughi ed alcuni magri rododendri si alternano con tratti di ghiaione depositati nei millenni dalla friabile pietra del monte Secco. La frescura è intensa e la vista sulla dirupata parete del monte Secco è emozionante. Sulla destra il Corno Negro cattura lo sguardo, mentre l'altro lato della Valcanale regala belle immagini di Bani e della sua Cima. 

Il Corno Negro.

Si procede in piano, sulla traccia ben segnata, in direzione dell'evidente morena, che offre anche l'idea di quanto il nevaio fosse vasto nella sua fase di maggiore espansione.  Questo enorme cumulo di sassi e frammenti rocciosi sono il triste ricordo del nevaio, purtroppo completamente scomparso. In questi ultimi anni ricompare sporadicamente nell'angolo più buio, remoto e freddo alla base della parete nord (a circa 1.100 m di quota) che si raggiunge in poco più di due ore dal parcheggio di Cerete.

Il nevaio era proprio qui!

Quello della Val di Las era noto per essere il nevaio meno elevato d'Italia. Nell'immediato dopoguerra era una sorta di frigorifero naturale per buona parte delle famiglie della Valcanale. Parecchie persone giungevano dal fondovalle con i muli, che venivano caricati con blocchi di ghiaccio strappati a forza di piccone dal piccolo nevaio. Da Albereti il ghiaccio, protetto da sacchi di iuta, fieno o rami d'abete, poteva proseguire il suo viaggio anche per Ardesio, Clusone o addirittura Bergamo, dove veniva venduto ad albergatori e ristoratori. 

Primi passi sul sentiero di discesa.

Il ritorno potrebbe seguire le tracce dell'andata, ma è possibile anche realizzare un interessante anello, che ci porta anzitutto a scoprire la Val di Las. Restando sul lato destro della morena (cioè quello da cui siamo giunti) si scende seguendo una minuta traccia di ghiaia che taglia il prato magro, punteggiato da arbusti di pino mugo e da giovani abeti. Poco oltre lo sguardo si apre gradualmente sulla Valcanale, regalando begli scorci sulla cima ed il paesino di Bani, la frazione più elevata di Ardesio. 

Sul piccolo ghiaione. Sullo sfondo il paesino di Bani.

Il sentiero entra in quel che sembra il letto di un torrente prosciugato da secoli, per attraversare, poco più avanti, un piccolo ghiaione che scende dalla costa erbosa. Oltre la traccia diventa evidente, dirigendosi verso il bosco di conifere in direzione di Albareti, le cui case iniziano ad intravedersi sul fondovalle. Tra gli abeti si raggiunge una sterrata di servizio utilizzata prevalentemente da boscaioli, fino ad arrivare ad un'opera di presa di Uniacque, che serve l'acquedotto comunale di Ardesio (circa tre quarti d'ora dalla base della parete nord del monte Secco).

Uno sguardo su Albareti.

Di fronte alla sorgente si trova un bivio. Dritto si scende ad Albareti. Noi teniamo la destra, camminando su una carrareccia sterrata che pianeggia per un buon tratto, per poi scendere dolcemente. Si giunge quindi ad un tratto in salita. A metà dello strappo si trovano le indicazioni del sentiero CAI n. 220. Seguendo la direzione per Ardesio si imbocca il sentierino sulla sinistra. Dopo pochi passi si guada un rio e si procede in piano, costeggiando la cascina di Camnare (820 m circa), splendido pianoro panoramico che offre una spettacolare vista sul monte Redondo.

Cascina Camnare ed il monte Redondo.

Non ci resta che proseguire sul pianeggiante sterrato, che lascia la Valcanale e volge verso sud. Si entra in un bosco di latifoglie che, ogni tanto, lascia intravvedere la piana di Ardesio. Dopo una buona mezz'ora si giunge ad un trivio. Sulla sinistra il sentiero CAI n. 220 scende ad Ardesio, diritti ci si perde in un pascolo. Noi prendiamo la carrareccia cementata a destra, che sale per un breve tratto fino a raggiungere la sterrata che sale a Cacciamali. Noi scendiamo a sinistra e ritroviamo in breve il piccolo parcheggio di Cerete.

La piana di Ardesio.

 Note tecniche:

Data dell'escursione: 10-08-2023 - soleggiato, con buona visibilità.
Punto di partenza dell'escursione: Piccolo parcheggio che si trova appena superata la contrada di Cerete, frazione di Ardesio. Il parcheggio dista circa 40 km dal centro di Bergamo, percorribili in 50 minuti. Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si tiene la sinistra, seguendo le indicazioni per Valbondione. Si procede diritti, superando il bivio per Villa d'Ogna, il successivo abitato di Valzella ed il bivio per Ludrigno. Poco dopo la prima uscita per Ardesio, si trovano le indicazioni per Cerete-Cappella degli Alpini. Si svolta quindi a sinistra (via Monte Secco) in una stretta strada che, con una serie di sei tornanti, sale fino alla frazione di Cerete ed al suo piccolo parcheggio. 

Il monte Secco dal sentiero CAI n. 220.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: poco più di 400 metri di dislivello per una lunghezza totale stimata di circa nove chilometri. 
Durata: La durata complessiva dell'anello è di poco meno di quattro ore, al netto delle soste.
Breve storia recente del nevaio: Al tempo della sua massima estensione il nevaio della Val di Las era lungo almeno un centinaio di metri. La prima scomparsa a memoria d'uomo risale all'anno 1993. Le abbondanti nevicate dell'inverno successivo lo fecero ben presto ricomparire, per sparire di nuovo nel 2012. L'anno successivo, al termine della stagione invernale, si procedette a misurare il nevaio appena riformatosi. La lunghezza raggiungeva circa venti metri e, nel punto in cui veniva a contatto con le rocce del monte Secco, misurava un'altezza di una quindicina di metri. Il nevaio scomparve di nuovo nel 2017, per tornare occasionalmente a ricomparire in alcuni dei successivi inverni caratterizzati da abbondanti precipitazioni e temperature rigide (come nel periodo più acuto della pandemia).  

Ciclamini delle Alpi nelle abetaie della Valcanale.

Altre escursioni in zona: Il territorio del Comune di Ardesio è vastissimo ed offre diverse opportunità escursionistiche. In questo blog ne vengono descritte almeno cinque, oltre a quello citato nel testo principale. Questi sono i link di collegamento:
- https://dislivellozero.blogspot.com/2023/06/da-valcanale-alla-forcella-di-zulino-ad.html;
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/10/un-anello-tra-piazzolo-ave-di-ardesio-e.html
https://dislivellozero.blogspot.com/2022/10/una-splendida-salita-alla-cima-di-bani.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2022/09/la-magia-della-nebbia-nei-boschi-tra-i.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2020/06/un-panoramico-anello-nella-valle-dei.html
Cartografia: Anche se non evidenzia l'anello di questa escursione, può essere utile consultare e tenere nello zaino la carta del Sentiero delle Orobie Orientali, realizzata dal CAI di Bergamo in scala 1:25.000.

Casa di Cacciamali.