sabato 27 novembre 2021

Una bella escursione nella faggeta della Val Asinina e tra gli antichi borghi della Val Taleggio.

La Val Taleggio nasconde bene i suoi tesori.   Bisogna frugare con pazienza, tra i suoi boschi, al limitare dei pascoli, fra gli stretti vicoli delle sue contrade.   Poco alla volta, si paleseranno alla vista. Ma bisogna fare in fretta, perchè il tempo ne ha già divorati troppi...

Il borgo di Retaggio.

La partenza di questo itinerario avviene da Grasso (896 m-nelle note tecniche trovate i dettagli per arrivarci), piccolo borgo situato negli immediati pressi di Pizzino.   Dal parcheggio libero situato dietro la chiesa, si torna indietro di pochi passi per imboccare via Retaggio, che attraversa tutto il paesino e ci porta alla mulattiera che percorreremo per un lungo tratto dell'escursione. 

La rocca di Pizzino dal parcheggio di Grasso.

Dopo una ventina di minuti di cammino si arriva ad un piccolo valico.   Sulla destra si intravede una bella cascina con pozza che si affaccia sulla Val Asinina, a fronteggiare le pareti rocciose del Monte Cancervo.  Un'indicazione ci invita a proseguire in direzione Retaggio, continuando sulla vecchia mulattiera.   Poco più avanti troviamo un altro bivio.   L'escursione prosegue tenendo la destra (direzione Giopparia e Val Asinina) scendendo in leggera pendenza in una folta faggeta che ricopre gran parte della Val Asinina. 

La cascina con pozza al limitare della Val Asinina.

Il bosco è splendido ed il tappeto di foglie rende fluida e leggera la camminata.   A tratti si aprono finestre sull'aspro versante occidentale del Cancervo.  Tra quelle rupi e nelle gole selvagge, irraggiungibili dal basso, si è creato un habitat ideale per l'aquila reale.  A cinquanta minuti dalla partenza si esce per un breve tratto dal bosco, per attraversare una piccola valletta laterale, nella quale si stanno effettuando lavori di consolidamento.

Arrivo a baita Giopparia.

Rientrati fra gli alberi, si incontrano poco più avanti i ruderi della baita Giopparia e si attraversa il letto di un piccolo affluente del torrente Asinina.  Con una serie di saliscendi, ci si avvicina gradualmente al fondo della valle (circa 1000 m), fino ad inviduare il corso d'acqua principale, la cui vicinanza cambia la vegetazione arborea attraversata dal percorso.   Siamo ad un'ora e mezza circa da Grasso.   Si cammina in piano per qualche minuto tenendo lo sguardo a sinistra per individuare il sentiero che ci porterà a Capo Foppa.

Elleboro nella faggeta della Val Asinina.

La deviazione è evidenziata sui tronchi degli alberi da una serie di bolli e frecce rosse.   Il punto esatto di svolta è dato da due frecce che sembrano scontrarsi (> <).   Poco più avanti, sul tronco di un albero, è scritta una sigla in rosso: 8P8. Se la vedete dovete arretrare di qualche passo per ritrovare il giusto percorso, che sale accanto alle frecce contrapposte, operando quindi una sorta di inversione a U rispetto con la mulattiera di fondovalle. 

Nel folto della Val Asinina.

Segnalato da bolli rossi, il tracciato sale faticosamente nel bosco in diagonale sinistra.   Con qualche tornante aggira a destra un grande masso erratico, portandosi sulla sua cima.    Da qui, seguendo i segni rossi pennellati sul tronco di alcune betulle, si punta e si raggiunge un traliccio dell'alta tensione. Guardandosi attorno per riprendere fiato, si intravvede un secondo traliccio.   La direzione è quella. Pochi metri prima di raggiungere il secondo traliccio si prende un'esile traccia sulla nostra destra che strappa verso l'alto, facendoci salire diritto, attraverso folti cespugli di ginepri, dove si ritrovano bolli rossi più evidenti sui tronchi delle prime betulle che incrociamo. 

La baita di quota 1180 m. Il peggio è passato.

Questo è il tratto dell'escursione che necessita di un ottimo senso di orientamento.   Lo sforzo è ripagato da una bella vista sulla cima del monte Venturosa.   Usciti dal ginepraio, si rientra nel bosco percorrendo un breve tratto di massima pendenza che si addolcisce poco più avanti, fino ad arrivare ai pascoli di una bella baita (1.180 m circa- 2 ore e 20 minuti dalla partenza).   Dietro la costruzione il sentiero è evidente e, in meno di un quarto d'ora (e a quasi un'ora dal fondovalle), superando una valletta ed il successivo dosso, si giunge in vista delle baite di Capo di Foppa (1300 m circa).

Capo di Foppa.

Raggiunta la strada asfaltata, ci troviamo di fronte all'inizio del sentiero che sale al rifugio Gherardi. Noi invece scendiamo a sinistra, calpestando l'asfalto fino alle cascine di Quindicina.  Qui, secondo una vecchia relazione degli anni '90, si sarebbe dovuto trovare una vecchia mulattiera che collegava questo borgo a quelli che si succedono lungo i pascoli che portano verso Pizzino.  

Pianoro della baite di Piazzo.

Confesso che non ne ho trovato traccia.  Sono perciò sceso tra i prati, arrivando al pianoro delle baite di Piazzo. Da lì ho fiancheggiato un evidente filare di piante, fiancheggiato da un muretto a secco, che mi ha portato in leggera discesa fino agli edifici di Piazza Morandi (1126 m).   E' un percorso a vista, da un borgo all'altro, in cui si può vedere come il tempo antico sia ormai irreversibilmente perduto. 

Cascina ristrutturata a Piazzo.

La particolare tipologia edilizia delle costruzioni rurali della Val Taleggio sta inesorabilmente scomparendo.   I pesanti tetti a piode, realizzati con lastre di pietra calcarea larghe fino a otto centimetri, sono stati inesorabilmente sostituiti dalle tegole, più funzionali, leggere ed economiche.   Restano i muri alti e spessi, a suo tempo necessari per sostenere le pesantissime piode. Alcuni edifici hanno anche mantenuto l'originaria pendenza dei tetti, che dava slancio e leggerezza a tutta la struttura.  Ma per vedere le lastre in opera non ci resta che fotografare i ruderi, una chiesetta o qualche raro edificio pubblico recuperato a spese della collettività.

Rudere a Piazza Morandi.

Arrivati all'ultima casa di Piazza Morandi, si piega bruscamente a sinistra, lungo una carreggiabile sterrata che scende al bellissimo borgo di Retaggio (1030 m. circa), forse una delle prime località abitate della Val Taleggio.   Durante la discesa si ha il tempo e l'occasione di ammirarne i dettagli costruttivi.   Attraversandolo, si scopre una suggestiva santella ed alcuni edifici la cui costruzione risale al diciottesimo secolo.   L'ultimo edificio di Retaggio, che negli anni '90 era definito come "una costruzione civile di una certa rilevanza meritevole di visita", è oramai poco più di un rudere, di cui si può solo intuire l'imponenza e l'importanza del passato.  

La santella di Retaggio.

Dal prato posto a sud di questa abitazione si intravede un sentiero ben tenuto che scende nella faggeta. Dopo averlo imboccato, in dieci minuti si raggiunge il bivio già incrociato all'andata, dove ovviamente prendiamo a destra per raggiungere, con un ultimo quarto d'ora di tranquilla camminata, il borgo di Grasso.

Retaggio visto dal sentiero che scende a Grasso.

Info tecniche:

Data dell'escursione: 24-11-2021. Cielo sereno.
Partenza dell'itinerario: Si raggiunge la Valle Taleggio percorrendo la SS 470 della Valle Brembana fino a San Giovanni Bianco, dove si gira a sinistra per percorrerere la SP 25 che attraversa l'orrido della Val Taleggio, una gola di circa 3 chilometri, scavata dal torrente Enna.   Arrivati a Sottochiesa, si prende a destra in direzione di Pizzino. Una strada in salita con tornante porta, in cinque minuti, al borgo di Grasso. Una quarantina di chilometri da Bergamo, percorribili in circa un'ora.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 500 metri di sola salita, per una lunghezza complessiva di oltre nove chilometri.  
Durata: Per percorrere l'itinerario descritto servono circa 4 ore.

Il monte Venturosa dal ginepraio di salita.

Altri suggerimenti turistici ed escursionistici: Al termine dell'escursione suggerisco di visitare il piccolissimo borgo di Cacorviglio, distante un chilometro e mezzo da Grasso.  Prendere la prima deviazione a sinistra lungo la via del ritorno. L'antico abitato di Cacorviglio è ancora ben conservato e rimanda ad atmosfere passate.   Anche la suggestiva chiesetta di San Rocco, posta al limitare del borgo, offre una efficace testimonianza di come venivano realizzati i piccoli oratori di montagna nel sedicesimo secolo.
In questo blog potrete inoltre trovare altre tre escursioni effettuabili negli immediati dintorni. Questi i link di collegamento:
- https://dislivellozero.blogspot.com/2017/07/il-corno-zuccone-la-sentinella-della.html;
- https://dislivellozero.blogspot.com/2017/04/fraggio-lincanto-di-un-paese-abbandonato.html
- https://dislivellozero.blogspot.com/2019/03/escursioni-per-tutti-i-gusti-ai-piani.html

La chiesetta di San Rocco, a Cacorviglio.

Altri suggerimenti di carattere gastronomico: Sulla via del ritorno, subito dopo aver riattraversato l'orrido della Val Taleggio, è interessante effettuare una sosta al Caseificio Monaci di Roncaglia (via Roncaglia Entro, 83 - sulla destra scendendo).   Il negozio offre una vasta produzione di gustosi formaggi locali ed è aperto tutti i giorni feriali con orario continuato.  La domenica è aperto solo al mattino.   Maggiori info sulla loro pagina facebook:  https://www.facebook.com/caseificiomonaci.
Cartografia: La carta escursionistica n. 105 Lecco Valle Brembana, della Kompass può dare un'idea della zona e del percorso, anche se la scala (1:50.000) è troppo ridotta per farne cieco affidamento.

Il Cancervo da Cacorviglio.