domenica 24 novembre 2019

Passeggiare ricordando le frasche dei Colli di Bergamo

La proposta di una passeggiata sui colli rientra tra le principali abitudini dei bergamaschi, così come consumare una cena a base di casoncelli e coniglio con polenta, oppure andare a vedere l'Atalanta (e non recarsi allo stadio, come succede in tutte le altre città).
I colli di Bergamo visti dal Pascolo dei Tedeschi
Al giorno d'oggi la breve escursione si riduce a qualche vasca tra i negozi di via Colleoni.   I più allenati possono fare jogging lungo le Mura, con il solo scopo di smaltire un po' di ciccia e tossine, o di perdere un po' di tempo libero prima di riprendere la settimana lavorativa.  Un tempo il significato di salire sui colli nei giorni festivi era riempito dal desiderio di trascorrere una giornata all'aperto con la famiglia o gli amici per riempirla di allegria e buone bevute, in questo aiutati da mete ben precise, nascoste qua e là tra coltivazioni e vigneti ed annunciate da un ramo di ciliegio o di gelso dove veniva appeso un fiaschetto vuoto. 
Anche nei pressi del Monastero di Astino si trovava una bella frasca: quella dei Carissoli,
Oltre quel segnale si trovavano cortili di cascine o case coloniche che, nel periodo primaverile, si trasformavano nelle "frasche", rusticissime trattorie dove era possibile gustare il vinello leggero dei Colli di Bergamo che faceva da contorno a semplici portate, composte per lo più da uova sode servite con il radicchio od altre insalate di stagione, od anche il salame nostrano, accompagnato da stracchini e dal peperone lombardo sott'aceto.  Per i (pochi) astemi era a disposizione della frizzantissima gassosa.
Le case di Sudorno
Le prime notizie storiche indicano la presenza della frasca dei Rapizza  nella zona di San Sebastiano sin dalla metà del 1800.   Pare fosse particolarmente amata da Gaetano Donizetti e successivamente frequentata anche  dai numerosi garibaldini bergamaschi.    Negli anni '50 del secolo scorso, sparse sui Colli di Bergamo, erano più di trenta frasche.   La maggior parte si concentrava nelle zone tra Castagneta, San Vigilio, San Sebastiano e Borgo Canale.   Nei primi anni '70 se ne contavano soltanto otto.   Poi, complici anche le rigide norme sanitarie che non sanno distinguere tra le imprese di ristorazione e le occasionali mescite somministrate nei vecchi edifici, sono scomparse ad una ad una.
La zona dei colli sopra la zona delle piscine Italcementi.
Una delle più caratteristiche era la frasca alle Case Moroni, gestita dalla famiglia Nessi. Una storica casa colonica situata sul pendio solivo del Monte Bastia, da cui si godeva un bellissimo panorama sul digradare dei colli terrazzati verso la pianura.  Su una terrazza erbosa, all'ombra di noci e ciliegi, gli ospiti sedevano intorno a rudimentali tavolacci in legno e trascorrevano la giornata piluccando quel che c'era e dando fondo al vinello leggero, che mal avrebbe sopportato un invecchiamento precoce.  Le frasche avevano infatti anche la funzione di svuotare le botti dal vino che non sapeva invecchiare, per poterle riempire del vino novello della prossima stagione.
Panorama da San Vigilio
Le frasche si raggiungevano rigorosamente a piedi, nella maggior parte dei casi salendo dalla città bassa.   Per arrivarci, spesso si utilizzavano le numerose scalette, utilizzate nei giorni lavorativi dai contadini che lavoravano le coltivazioni ortofrutticole un tempo numerose sui Colli che circondano Bergamo Alta.    Chi fosse interessato a ripercorrere i percorsi che portavano alle frasche, insieme ad altre numerose proposte che consentono di raggiungere a piedi Bergamo Alta, può consultare la guida titolata "Alle porte di Città Alta", realizzata dall'Associazione per Città Alta e i Colli di Bergamo, che si può trovare nelle edicole e nelle librerie della zona turistica della città.
Copertina della guida suggerita nel testo del post.




domenica 20 ottobre 2019

Raccogliere castagne al profumo di mare nei boschi dell'Isola d'Elba

Quando racconto delle mie vacanze autunnali all'Elba, molte persone si stupiscono della possibilità di raccogliere castagne nei boschi situati sul versante occidentale dell'isola.
Il borgo di Poggio dal sentiero di salita al Monte Capanne.
Eppure la presenza del castagno all'Elba non è affatto episodica.  La piantagione di castagni è storicamente accertata sin dal XIV secolo ed i suoi frutti, freschi, secchi o ridotti in farina, hanno rappresentato spesso la principale  fonte di sostentamento per gli abitanti dei paesi arroccati sulle pendici del Monte Capanne.    Oggi i castagneti sono diffusi prevalentemente nei Comuni di Marciana, Marciana Marina e Campo nell'Elba.   Per scoprirli in tutta tranquillità e raccoglierne i frutti, la zona più interessante è sicuramente quella tra il borgo di Poggio e Marciana.
Panorama dai tetti di Marciana - foto di Elisa Di Blasi
Parcheggiata l'auto nel parcheggio della cabinovia che porta in cima al Monte Capanne, è sufficiente seguire il tratto della provinciale che porta, in poco più di due chilometri, al romantico agglomerato di Poggio.    In teoria la passeggiata durerebbe poco più di mezzora, ma le soste per la raccolta delle castagne saranno sicuramente abbondanti, portando via un bel po' di tempo.
Castagne dell'Elba
Arrivati a Poggio, consiglio caldamente una visita non affrettata al borgo di origine medioevale, dalla caratteristica struttura a chiocciola e le vie lastricate in granito, concentriche rispetto alla chiesa-fortezza di San Niccolò, collocata sul punto più alto del paese.  La fortificazione della chiesa è avvenuta nel sedicesimo secolo, quando l'Elba era periodicamente oggetto di attacchi da parte dei pirati turchi e barbareschi. 
Piazza Umberto I - Poggio
Molto suggestiva è anche la piazza del Castagneto dove, nella struttura delle case che vi si affacciano, sono riconoscibili elementi tipici delle fortificazioni.   Un tempo, le attuali abitazioni erano infatti una torre, un bastione ed altre strutture poste a difesa della stretta porta di accesso alle fortezze sovrastanti.
Poggio visto dalla Fortezza Pisana di Marciana.
Un ulteriore punto di interesse che si incontra, più o meno a metà strada nel corso della passeggiata che unisce Poggio a Marciana, è la fonte di Napoleone, da cui sgorga un'acqua dalle proprietà benefiche che ha conquistato l'imperatore e, successivamente è stata imbottigliata come acqua minerale. 
Marciana Marina, Marciana e il Monte Capanne visti dagli scogli del Cotone.
Chi non si accontenta, può deviare sulla strada provinciale 34 che, proprio di fronte al parcheggio della cabinovia scende verso Marciana Marina attraversando un fitto bosco di castagni.   Un'altra alternativa è data dal sentiero che sale al romitorio di San Cerbone (530 m) che inizia lungo la strada che unisce Marciana a Poggio e raggiunge l'edificio sacro in un'oretta di cammino, superando un dislivello di circa 200 metri.
La vetta del Monte Capanne da Marciana - foto di Elisa Di Blasi
Un'ulteriore soluzione per unire la raccolta di castagne con un'appagante escursione inizia nella parte alta del Comune di Marciana.    Si deve raggiungere in macchina il parcheggio situato nei pressi della Fortezza Pisana (438 m) e tornare indietro per una trentina di metri.   Sulla sinistra, ben evidenziato, sale un sentiero largo e lastricato, fiancheggiato dalle cappelle di una via crucis.   In meno di un'ora si raggiunge il Santuario della Madonna del Monte (630 m), letteralmente avvolto da imponenti castagni secolari.
Il Santuario della Madonna del Monte
Alcuni abitanti dell'isola mi hanno suggerito buone raccolte da effettuarsi nei boschi incolti che si trovano sopra la località denominata Campo al Castagno, dove l'abbandono da parte dell'uomo in questi ultimi decenni ha lasciato che i sentieri di accesso venissero cancellati dall'avanzare della natura.         Un vecchio saggio di Pomonte mi ha invece magnificato i "marroni" che cadrebbero dai giganteschi esemplari di castagno che si trovano negli immediati pressi della sorgente del Bollero, raggiungibile con una buona scarpinata dai dintorni di Patresi.    Ma queste sono avventure che richiedono impegno e capacità di orientamento che non rientrano nello spirito delle escursioni proposte da questo blog.     Rimando queste esplorazioni alla prossima vacanza autunnale e prometto di relazionarle, sempre che non mi perda tra gli intricati rovi della macchia mediterranea dell'isola...
Nei vicoli di Marciana-foto di Elisa Di Blasi
Info tecniche e varie:
Come arrivare: Dopo essere sbarcati dal traghetto a Portoferraio, si prende la SP 24 in direzione di Procchio e, successivamente la SP 25 che ci conduce a Marciana in circa 3/4 d'ora (25 chilometri).
Altri suggerimenti: I mesi autunnali sono molto indicati per fare trekking sui sentieri dell'isola.    In questo blog ho già scritto diversi post sulle possibili passeggiate che si possono effettuare all'Elba.    Limitatamente ai dintorni di Marciana, riporto i link più significativi:

Cartografia: Carta Kompass 650 - Isola d'Elba. Scala 1:30.000;
                       Carta dei sentieri dell'Isola d'Elba.Scala 1:25.000 - L'Escursionista editore.

Viuzza lastricata di Poggio.

giovedì 12 settembre 2019

In memoria di Walter Bonatti, il più grande alpinista ed esploratore dei luoghi più remoti del pianeta, morto solo, il 13 settembre 2011

Il 13 settembre di otto anni fa moriva Walter Bonatti, a mia modestissima opinione, il più grande alpinista di tutti i tempi.   Colpito da un incurabile cancro al pancreas, Bonatti si spense in piena solitudine a ottantuno anni, in una clinica privata romana.   Un medico sadico e bigotto impedì a Rossana Podestà, sua compagna di vita, di assisterlo negli ultimi momenti di vita perché non erano sposati e lei, formalmente, non risultava essere una sua parente.

Il Monte Alben in veste invernale, la prima cima
che ha innescato la fantasia del piccolo Walter Bonatti.
(foto di Giovanni Barbieri, che ringrazio per la concessione)

Sarebbe troppo prolisso cercare di illustrare le innumerevoli imprese di Walter Bonatti.   A differenza di molti altri alpinisti, per lui scalare non era un motivo di competizione, ma di conoscenza dei propri limiti.    Si scoprì tra i più forti e resistenti del proprio periodo, ma non esitò un attimo ad abbandonare l'attività alpinistica quando, dopo aver affrontato pareti di difficoltà estreme, si accorse che quel che cercava non era la conquista della vetta ma una propria, intima ragione d'essere che raggiungeva proprio quando si spingeva ai limiti dell'umanamente possibile.

Bonatti giovane alpinista.

Per questo, dopo aver conquistato in solitaria invernale la parete nord del Cervino, rinunciò al mondo verticale, per dedicarsi all'esplorazione dei luoghi più remoti ed inaccessibili del pianeta, realizzando indimenticabili reportage anche fotografici, a suo tempo pubblicati in esclusiva sul settimanale Epoca.

Bonatti, nelle vesti di esploratore.

Permane un flebile legame fra Bonatti e le Orobie.   Walter era nato a Bergamo, il 22 giugno 1930, ma la sua famiglia fu costretta a trasferirsi a Monza a causa della perdita del lavoro del padre, licenziato a causa dei suoi trascorsi antifascisti.   Tornò a Vertova come sfollato e, pernottando dai parenti da parte di madre, si perdeva a seguire i voli di una coppia di aquile che nidificava le rocce della selvaggia testata della Valvertova.
Aquila in volo (ringrazio il sito
valbrembanaweb per la gentile concessione)

Come descrisse nel suo libro "Montagne di una vita", sullo sfondo di quei maestosi volteggi Bonatti scoprì un paesaggio che ritrovava puntualmente nelle sue più ardite fantasie di ragazzino:  .... Più a monte c'era l'Alben, la cima che più di tutte innescava la mia fantasia grazie ai suoi bianchi calcari aguzzi spesso avvolti dalle nubi.   L'Alben era la natura più austera che avessi potuto ammirare fino allora, e nella mia ingenuità di bambino l'avevo idealizzata facendone il simbolo delle mie aspirazioni avventurose....
Manifesto di una recente mostra delle fotografie di Bonatti

Qualche anno dopo, Bonatti rivede l'Alben mentre inizia le sue prime vere arrampicate sulle Grigne e resta deluso dal fatto che fosse più basso e tozzo rispetto alla cima su cui si trovava.    Chissà se anche al termine delle sue incredibili successive imprese dedicò un pensiero al suo sogno da ragazzino.

Temporale sulle guglie dell'Alben

Walter Bonatti conquistò diverse generazioni con le sue incredibili imprese di alpinista ed esploratore, la maggior parte delle quali lo videro protagonista solitario.    Da solo conquistò  il pilastro sud-ovest del Petit Dru, nel gruppo del Monte Bianco, oltre alla già ricordata impresa invernale sulla nord del Cervino.      Ed era solo anche quando discese con una canoa il fiume Yukon in Alaska per oltre 2500 km e, sempre in solitaria, raggiunse il mitico Capo Horn, all'estremo sud del continente americano.      Da solo si ritrovò faccia a faccia con le tigri che popolano le foreste dell'isola di Sumatra, dove arrivò anche a incontrare i sakai, una popolazione di aborigeni forse discendenti di antichissimi incroci di tribù che si nascondevano nelle giungle malesi.
In solitaria Bonatti vinse tutte le sue sfide.    Perse soltanto l'ultima, che mai avrebbe voluto combattere da solo.   Ma una mente ottusa, dopo aver distrattamente sfogliato la documentazione burocratica che certificava lo "stato libero" di Walter, gli impedì di morire tra le braccia di Rossana Podestà, la donna che amava da almeno trent'anni, perché il loro sentimento non era certificato dai documenti ufficiali.

Walter Bonatti con Rossana Podestà

Altre informazioni sul tema:
Chi volesse approfondire la figura e le imprese di Walter Bonatti si troverà di fronte ad una bibliografia sterminata.    Io mi limito a suggerirvi due titoli, entrambi scritto di pugno dal "Re delle Alpi", entrambi della casa editrice Baldini & Castoldi.
Si tratta de: "Montagne di una vita" in cui Bonatti ripercorre le sue principali imprese alpinistiche e "In terre lontane", dove vengono riportate tutte le avventure susseguite all'abbandono dell'attività alpinistica.





Le copertine dei due libri di Walter Bonatti di  cui si consiglia la lettura.
Editore Baldini & Castoldi.

sabato 7 settembre 2019

Da Cornalba alle pendici dell'Alben, sulle tracce di un sentiero partigiano

Le case di Cornalba, piccolo Comune della Val Serina, sono dominate dal massiccio campanile della chiesa parrocchiale.    Durante la guerra civile, dalla cima di quel campanile, una mitragliatrice fece strage di partigiani che cercavano una fuga disperata lungo le mulattiere che ancora oggi si inerpicano nei boschi aggrappati alle pendici della Corna Bianca.    In ricordo di quel massacro è stato realizzato un bellissimo sentiero partigiano che vi propongo di percorrere integralmente.
I pascoli della Baita de Sota. Sullo sfondo la Cima della Croce.
L'itinerario si compone di una salita remunerativa in una valle freschissima e di un'impegnativa discesa che degrada in un fitto bosco di conifere e latifoglie.   Nel mezzo si percorre un meraviglioso tratto quasi pianeggiante che attraversa un giardino spontaneo con pochi eguali nelle Orobie.  
La Baita de Sota, vista dalla Baita de Sura.
Dopo aver parcheggiato negli immediati pressi della chiesa di Cornalba (890 m) si percorre via Cornetti, dove si incontrano subito le indicazioni del sentiero partigiano che, fino al punto più alto del percorso, corrispondono al sentiero indicato con il segnavia CAI n. 503.    Lo sterrato sale dolcemente fino a diventare sentiero all'imbocco della Val d'Ola.   Il bosco è splendido e molto variegato.   Alla fine dell'estate la fatica viene alleggerita dalla visione di una moltitudine di ciclamini. 
Cornalba vista dal sentiero partigiano. Dal campanile in primo piano
partirono le raffiche di mitraglia che falciarono i partigiani in fuga.
Attraversando alcune volte il torrente, la traccia ben evidente supera circa 600 metri di dislivello, per sbucare sugli splendidi pascoli della Baita de Sota (1.465 m), dove ha inizio il tratto più bello e panoramico.    In poco meno di un quarto d'ora si sale alla Baita de Sura (1.550 m), che rappresenta il punto più alto dell'itinerario.   Abbiamo camminato circa due ore dal punto di partenza.    La vista spazia dal verde intenso dei pascoli a quello più cupo delle conifere che contrastano il bianco calcareo della Cima della Croce e delle guglie del massiccio dell'Alben.
Cappelletta di San Rocco.
Davanti alla Baita de Sura si trovano le indicazioni dei sentieri che intersecano la grande radura.   Il sentiero partigiano prosegue a sinistra (segnavia 502 e 503) per raggiungere in breve la cappelletta di San Rocco ed un piccolo stagno nel quale si specchia  un panorama idilliaco.    L'ambiente si fa via via più bucolico e le fioriture di stagione si sprecano, tinteggiando i prati di innumerevoli tonalità di colore.    
Il laghetto nei pressi della cappelletta di San Rocco
Dopo trenta estatici minuti, il segnavia ci impone di rientrare nel bosco, prendendo decisamente a sinistra, fino ad arrivare ad un'altra verdissima radura oltre la quale si intravedono i  pascoli della Baita Cascinetto (1.400 m), tristemente ricordata per l'attacco perpetrato dalle squadre fasciste che costò la vita ad altri quattro partigiani della brigata che presidiava il territorio della Val Serina.
Baita Cascinetto
Le indicazioni del sentiero dei partigiani portano a scendere in un fitto bosco.  Il tratto è impegnativo, soprattutto in caso di terreno bagnato.    La traccia è obbligata e non ci sono alternative, in quanto l'esito di una lite giudiziaria intentata da un privato obbliga a seguire rigorosamente il disagevole percorso segnalato.   Serve quasi un'ora per ritrovare una pendenza più agevole.
Sul tratto in discesa.
 Arrivati alle grotte della Cornabusa si può tirare il fiato e, poco dopo, si intravedono le prime case di Cornalba.    Appena il bosco si apre, vale la pena di voltarsi ad ammirare l'austera imponenza della Corna Bianca.
La Corna Bianca
Info tecniche:
Partenza: Cornalba, Val Serina (890 m), 33 Km da Bergamo.
Dislivello: circa 700 metri complessivi.  
Durata: Poco più di quattro ore.

Altri suggerimenti:  L'itinerario ripercorre sentieri e visita luoghi che si sono resi tragicamente protagonisti durante la guerra partigiana.    Il 25 novembre 1944 un rastrellamento organizzato dalla Compagnia O.P. di Bergamo risalì la Val Serina con l'intento di sorprendere la brigata partigiana "XXIV Maggio", che aveva base operativa proprio a Cornalba.     Lungo il percorso i fascisti bloccarono due autobus di linea e perquisirono i passeggeri, trovandovi tre partigiani che vennero fermati e giustiziati sul posto.  Quando i rastrellatori giunsero a Cornalba, i partigiani presenti cercarono scampo risalendo disordinatamente i sentieri che risalgono le pendici dell'Alben.   Ma i fascisti, grazie ad una mitraglia sul campanile della chiesa e ad alcuni mortai posizionati ai lati del paese, colpirono ed uccisero cinque partigiani in breve tempo.   Il rastrellamento nei prati, nei boschi e fra le cascine proseguì implacabile per tutta la giornata.    Al termine, risultarono dieci i partigiani trucidati.   Pochi giorni dopo, con un'altra operazione partita dal passo della Crocetta, fu condotta un'altra azione di rastrellamento, da parte della Guardia Forestale di San Pellegrino, che ebbe il suo culmine alla Baita Cascinetto, dove si erano rifugiati altri cinque partigiani.    Soltanto uno di loro si salvò dalla furia omicida, benché gravemente ferito.  Un ulteriore approfondimento su questi episodi è disponibile sull'opuscolo "Sui sentieri della libertà" realizzato dalla Tavola della Pace della Valle Brembana.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 05. 
L'itinerario evidenziato sulla tavola 05 della
Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
Si ringrazia per la concessione.

sabato 17 agosto 2019

Una fresca passeggiata da Fenile al Colle di Ranica

Fenile (388 m) è una minuscola frazione del Comune di Torre Boldone, che conta una sessantina di abitanti ed una decina di edifici, molti dei quali ricordano il passato contadino del borgo.   E' immerso nel verde dei prati e circondato dai boschi cedui del Parco Regionale dei Colli di Bergamo.   Un posto ideale per una breve e rilassante escursione di mezza giornata.
Panorama dalla Pozza del Colle
Un centinaio di metri prima di raggiungere Fenile, si trova un parcheggio parzialmente ombreggiato dove si può lasciare l'auto.   Raggiunto il borgo, si prende a destra il sentiero n. 402 che, in poco più di un quarto d'ora, ci porta di fronte alla chiesetta di San Rocco (399 m).  L'edificio religioso ha origini quattrocentesche ed ha subito nel tempo diversi ampliamenti e ristrutturazioni.   La sua attuale godibilità è merito dei volontari del gruppo alpini di Ranica.
Fenile
Poco sopra la chiesetta si può intravedere, sulla sinistra, il sentiero n. 604 che, in circa tre quarti d'ora, porta al Colle di Ranica.   E' un tratto abbastanza remunerativo, con strappi un po' ripidi dove si superano roccette e radici e che fa guadagnare in fretta circa 300 metri di dislivello, rendendo questa salita un po' faticosa per i bambini.   Al fresco di un fitto bosco di latifoglie, si raggiunge finalmente la croce che contraddistingue il Colle di Ranica, con i suoi 726 metri la più alta quota del gruppo boschivo della Maresana.
Area picnic nei pressi del Colle di Ranica
Nelle giornate prive di foschia il panorama è molto vasto, spaziando dall'imbocco della Valle Seriana alla pianura bergamasca.    Sullo sfondo si intravede la catena appenninica.    Dietro la croce transita il sentiero n. 606.   Prendendo il tratto che si stacca verso destra, si percorre il costone boscato per scendere, attraversando un castagneto, sino alla Pozza del Colle (640 m circa), uno dei punti più bucolici e panoramici di tutta l'area circostante. 
Alla Pozza del Colle
Tornati al Colle di Ranica, si pianeggia sul sentiero n. 606 per pochi minuti, fino a raggiungere la radura dove è posizionata un'altra croce, più piccola e sottile di quella del Colle di Ranica, denominata "Croce del Boscone" (710 m).    Dietro ad essa, in decisa discesa, diparte il sentiero n. 409 che, tuffandosi nel bosco raggiunge, in circa mezz'ora, il bivio del sentiero 407, proveniente da Gaito.    Deviando a sinistra, in pochi passi si ritorna a Fenile e quindi al parcheggio.
Croce del Boscone
Info tecniche:
Partenza: Località Fenile, frazione di Torre Boldone (388 m).
Dislivello: poco più di 400 metri, comprensivi del tratto che scende dal Colle di Ranica al punto panoramico della Pozza del Colle. 
Durata: circa tre ore.
Negli immediati pressi del Colle di Ranica
Altri suggerimenti: Una volta arrivati alla Pozza del Colle, sconsiglio di proseguire in discesa per completare un anello che tocchi la località di Zanino Colle, la chiesetta di San Rocco e quindi Fenile.   Si dovrebbe scarpinare a lungo su una brutta e noiosa strada cementata percorsa da mezzi a motore e da mountain bike che, in discesa possono raggiungere velocità pericolose. 
Mi permetto di dare inoltre due suggerimenti gastronomici utili anche ai residenti nella zona, perché si tratta di due attività di vendita di piatti d'asporto.  Al n. 33 del quartiere Borghetto, trovate la rosticceria cinese Risciò, storica presenza molto apprezzata dai buongustai di Torre Boldone.  Cucina cinese di qualità, sempre preparata al momento e con la possibilità della consegna a domicilio. Info sul loro sito facebook: https//www.facebook.com/riscio.torreboldone.
Per una buona pizza d'asporto, vi consiglio invece di "emigrare" al quartiere Redona di Bergamo, dove, in via Radini Tedeschi trovate la piccola Pizza del Borgo.  Da alcuni anni ci portano a domicilio diversi tipi di pizze, una più gustosa dell'altra.  Alcune loro specialità, come la genovese e la focaccia stella alpina, sono strepitose. Tel. 035 363729.
Cartografia: Carta escursionistica del Parco dei Colli di Bergamo - scala 1:15.000, Ingenia Cartoguide Editore od anche la Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 08. 

L'itinerario evidenziato sulla tavola 08 della
Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
Si ringrazia per la concessione.





sabato 29 giugno 2019

ISOLA D'ELBA-Panorami impagabili tra mare e montagna percorrendo la passeggiata Carmignani

Amo l'Isola d'Elba perché, oltre a un mare cristallino da godere usufruendo di tantissime spiagge, una diversa dall'altra, offre la possibilità di effettuare escursioni dai panorami impagabili.
La corona di monti che circonda Porto Azzurro
In questo post descrivo una breve camminata, accessibile veramente a tutti, percorrendo la quale è possibile ammirare tutti gli scenari naturali che l'isola è in grado di offrire alla nostra vista.   La "passeggiata Carmignani", dedicata ad un sindaco di Porto Azzurro prematuramente deceduto, si sviluppa per circa un chilometro con partenza dalla spiaggia di Barbarossa, il lido più vicino al paese di Porto Azzurro.
La spiaggia di Barbarossa dalla passeggiata Carmignani
La partenza del percorso naturalistico è ben segnalata ed è situata sul lato destro della spiaggia guardando il mare.  L'inizio è in salita, all'ombra di maestosi pini marittimi ed i gradoni in terra naturale rappresentano l'unico ostacolo un po' faticoso, peraltro necessario per superare agevolmente i cinquanta metri di dislivello che separano la spiaggia dal tratto di costa a strapiombo sul mare.
Monte della Croce Mar di Capanne
A metà della salita si apre una splendida veduta sulla corona di montagne che fa da sfondo a Porto Azzurro e che suggerisce itinerari ben più impegnativi ed appaganti, per chi ama macinare dislivelli in quota.     Poco oltre questa radura, il sentiero spiana e la vista si apre sulla profonda Baia di Mola. Sulla destra del sentiero troneggia il seicentesco Forte di San Giacomo, attualmente adibito a penitenziario. 
Forte San Giacomo
Giunti nei pressi della torre principale, una piccola radura si trasforma in belvedere sul quale un pannello panoramico aiuta gli escursionisti a riconoscere i lontani profili dell'Argentario, di Punta Ala e dell'Isola del Giglio.    Poco sotto si impone la Baia di Mola, con il suo traffico di battelli e barche a vela, delimitata a sud dal Monte Calamita, con le riconoscibili spiagge di Straccoligno e di Naregno, il seicentesco Forte Focardo e le case di Capoliveri.
Forte Focardo
Dal Belvedere la passeggiata, circondata da una lussureggiante macchia mediterranea, pianeggia per un lungo tratto, fino ad arrivare, dopo una ventina di minuti dalla partenza, a trovare la deviazione che, in dieci minuti, scende fino al lungomare di Porto Azzurro.  
Capo Bianco
Info tecniche e varie:
Come arrivare: Dopo essere sbarcati dal traghetto a Portoferraio, si prende la Strada Provinciale 26 che attraversa l'isola con direzione Rio nell'Elba.   Un chilometro dopo aver superato il paese di Porto Azzurro si trova la deviazione per la spiaggia di Barbarossa.    Da Portoferraio la distanza è di circa 15 chilometri, che si percorrono in circa 25 minuti.
Dislivello, durata e caratteristiche dell'escursione: Il dislivello di sola andata è di circa 50 metri. Dalla spiaggia di Barbarossa a Porto Azzurro si impiegano circa 30 minuti.    Per l'andata e ritorno si impiega quindi un'ora, ovviamente con dislivello raddoppiato. 
Zoom sul Monte Calamita
Altri suggerimenti escursionistici: Dalla parte opposta della spiaggia di Barbarossa, il sentiero prosegue verso il lago e la spiaggia di Terranera.   In circa trenta minuti è possibile raggiungere questo ambiente che si rivela in modo molto suggestivo, grazie al contrasto tra il blu intenso del mare ed il verde smeraldo del laghetto, divisi soltanto da una stretta lingua di spiaggia scura.     Direzionandoci invece verso nord, e attraversando la Strada Provinciale 26, si possono invece seguire le indicazioni che, in mezzora, portano al Santuario di Monserrato, edificato nel 1600 su uno sperone roccioso posto a guardia di una valle dirupata e affascinante.
La passeggiata Carmignani nei pressi del Forte San Giacomo
Suggerimenti gastronomici: Praticamente di fronte al bivio che porta alla spiaggia di Barbarossa si trova la bancarella dell'Azienda Agricola d'Argenio dove, oltre ai sapori del loro orto, è possibile acquistare piatti pronti realizzati con le verdure coltivate sui retrostanti terreni.   La loro pagina facebook "Sapori dall'orto - Fruit Lab Artigianale di Valeria d'Argenio" descrive alcuni dei prodotti che troverete sulla bancarella.   Mia moglie ed io abbiamo gustato una strepitosa panzanella privilegiandola, a malincuore, ad una invitante insalata di polpo.
Durante la vacanza, mia moglie ed io ci siamo trovati bene anche al Ristorante Drago, affacciato sulla spiaggia di Morcone, dove è possibile mangiare praticamente con i piedi sulla sabbia ed al Ristorante Pizzeria La Lampara, nel borgo storico di Capoliveri.   In entrambi i casi abbiamo riscontrato un ottimo rapporto qualità-prezzo e quindi li consigliamo entrambi senza riserve.
Cartografia: Carta dei sentieri dell'Isola d'Elba 1:25000 allegata alla pubblicazione sulla Grande Traversata Elbana realizzata da Luca Zavatta, distribuita da L'escursionista Editore.    
Baia di Mola