sabato 22 settembre 2018

Il periplo del Pizzo Camino: un impegnativo trek tra ghiaioni, pascoli e fitte abetaie, a ricordare una faida durata sette secoli.

Il periplo del Pizzo Camino è una bella escursione che attraversa una riserva ambientale, raggiunge un costone da cui si godono eccezionali panorami, costeggia impressionanti ghiaioni scavalcando tre passi, tocca gli unici due rifugi presenti nella zona e, nella parte soliva, ti lascia passeggiare sui bordi di un balcone naturale a picco sui paesi e le montagne camune.

La Presolana vista dal Costone

Per girare intorno al massiccio del Pizzo Camino si può partire da Croce di Salven (1109 m) parcheggiando all'ingresso della riserva naturale dei Boschi del Giovetto di Paline, dove parte il sentiero n. 102, che ci accompagna - in circa due ore e mezzo - fino al passo del Costone (1937 m).  
Il dettaglio di questo tracciato viene descritto nel post che trovate copiando questo link: http://dislivellozero.blogspot.com/2018/09/una-escursione-nella-riserva-naturale.html

Il sentiero n. 83 dal Passo del Costone

Al Passo del Costone si incrocia il sentiero n. 83.    Svoltando a sinistra, verso il passo di Cornabusa (1940 m), inizia la parte storicamente più interessante del trekking.    Camminando senza apparente dislivello è possibile ammirare, sulla destra, il massiccio comprendente le Corna di San Fermo, la Cima Moren ed il Pizzo Camino: montagne dalle forme ardite e spettacolari, con pareti ripidissime, talvolta verticali, simili ai rilievi dolomitici, anche se molto più friabili.    Sono costituite da rocce di natura calcarea, frutto della trasformazione chimica di sedimenti depositati sul fondo di un mare (la Tetide) iniziata qualcosa come 225 milioni di anni fa.

I pascoli del Monte Negrino

A sinistra del percorso invece, lo sguardo si perde su fitte abetaie che nascondono la cima del Monte Negrino (1781 m), teatro di una vera e propria faida tra bornesi e scalvini, durata la bellezza di sette secoli.    Quelle che oggi sembrano pacifiche radure, puntinate di bestiame e circondate da boschi, si bagnarono di sangue nella “piccola guerra” ricordata con il nome di “Contesa del Monte Negrino”.    I primi documenti scritti in materia risalgono all'inizio del primo millennio, ma c’è chi giura che la diatriba per lo sfruttamento di questi pascoli iniziò almeno trecento anni prima.    Il periodo più crudo fu tra il XV ed il XVI secolo, con vere e proprie spedizioni punitive, da una parte e dall'altra, che procurarono morte, saccheggi, furti di bestiame, incendi e distruzione, non solo tra i malgari, ma anche nei paesi circostanti.    Nel 1517, la Repubblica Veneta tentò di risolvere diplomaticamente la sanguinosa faida, delegando un illustre architetto alla costruzione di un modello in miniatura dell’area contesa, da portare a Venezia in modo che i giudici potessero deliberare sui confini.    Il plastico fu costruito in modo molto particolareggiato, mostrando nel dettaglio cascine, strade, prati, pascoli e vallecole del monte. Peccato che, riprodotto in scala, risultò troppo grande per passare dalla strada che portava da Borno alla Corna Mozza….

Gregge al Passo di Cornabusa

Dal passo di Cornabusa inizia il tratto più impegnativo.    L’ascesa al passo di Varicla (2097 m) è molto faticosa, dando modo all'escursionista di scoprire quanto siano friabili i ghiaioni calcarei di questo massiccio.   Camminando sulle uova, si spende un’ora buona per risalire un ripido canale ghiaioso che attraversa le distese detritiche alla base della parete nord del Pizzo Camino, fino a raggiungere lo stretto intaglio che guarda nella Conca di Varicla.    Anche i primi passi in discesa sono difficoltosi e bisogna poggiare le mani sulla roccia per giungere alla base del canalino.   Questa parte del percorso è impervia, adatta a escursionisti esperti e quasi proibitiva in caso di pioggia o nebbia fitta.

L'intaglio del Passo di Varicla

Superate le principali difficoltà del trek, il sentiero ben tracciato scende nella conca in mezzo a bei pascoli costellati da fioriture di stelle alpine.    Dall'alto si intravede il Rifugio Laeng (1760 m), che si raggiunge in circa un’ora dal passo di Varicla.   Poco prima di raggiungere il Laeng, si incrocia il “sentiero alto”, contrassegnato con il n. 82 che, in poco più di un’ora e mezza, porta all’altro rifugio della zona, il San Fermo (1868 m).     La descrizione di questo tracciato (e di altri itinerari nei dintorni del Rifugio Laeng) si recupera da questo link: http://dislivellozero.blogspot.com/2018/09/escursioni-per-tutti-i-gusti-dal.html
Rifugio Laeng e Pizzo Camino - foto di Sergio Gavazzeni

Dalla terrazza prativa della chiesetta di San Fermo, è possibile completare l’anello del trekking scendendo alla vicina Malga di San Fermo dove, attraversando i pascoli, il sentiero n. 100 porta alla successiva Malga Zumina (1565 m).    La sterrata che collega questa malga alla Croce di Salven va percorsa per intero per giungere infine alla strada provinciale, a circa 500 metri di distanza dal parcheggio dove si è lasciata la macchina.   Calcolate circa due ore per la discesa dal rifugio San Fermo.

Terrazzo prativo del Rifugio San Fermo

Volete sapere come è finita l’aspra contesa del Monte Negrino?    Nel luglio del 1654 un pastore di Borno, gravemente minato dalla tubercolosi, stava agonizzando nei pressi delle Fontane di Dezzo.    Nel delirio premorte, vide una dolce signora bagnargli la fronte con l’acqua della fonte.     La dolce Signora era la Madonna e l’acqua benedetta lo guarì miracolosamente.   L’episodio diede inizio a un folto pellegrinaggio da parte dei fedeli scalvini e bornesi, favorendo il loro riavvicinamento e l’assopimento dell’odio secolare che li divideva.  Trent'anni dopo, davanti alla Santella appositamente eretta per ricordate l’evento miracoloso (ora Santuario della Madonnina di Colere) venne formalizzato il compromesso che consentì di pacificare i pascoli del Monte Negrino.

I ghiaioni del Pizzo Camino dal Passo di Cornabusa
Info tecniche:
Come arrivare: Il punto di partenza proposto (località Croce di Salven) può essere raggiunto sia dalla Val di Scalve che dalla bassa Val Camonica.    L’accesso da quest'ultima è più agevole e la strada decisamente più larga.   Superato il paese di Borno, si arriva all'ingresso della riserva naturale dopo circa cinque chilometri.
Dislivello e durata del trekking proposto: Consiglio di spezzare l’escursione in due giornate, pernottando al rifugio Laeng (tel. 338 2381283).    Il primo giorno è il più impegnativo: la salita fino al Passo del Costone impegna per poco più di due ore e mezza. Da qui si deve raggiungere il Passo di Cornabusa e l’insidioso Passo di Varicla (altre due ore, abbondanti).   Infine si deve scendere al rifugio, aggiungendo un’ultima ora per un totale di circa 6 ore di camminata ed un dislivello in salita superiore ai 1.100 m, a cui aggiungere i 300 metri di dislivello in discesa per arrivare al Laeng.
Il secondo giorno è molto più tranquillo: il “sentiero alto” tra i due rifugi si percorre in un’ora e mezza, mentre la discesa dal Rifugio San Fermo impegna per altre due ore.   In tutto quindi, si cammina per tre ore e mezza, con un dislivello positivo di circa 200 metri e negativo di circa 800 metri.

Le Orobie, con temporale in arrivo, dal sentiero n. 83

Difficoltà ed altre avvertenze: Come già anticipato, l’intaglio del Passo di Varicla è il problema principale di tutto l’anello proposto.   E’ molto più agibile salire dal versante bergamasco, evitando quindi di affrontare una pericolosa e scivolosa discesa sull'instabile ghiaione.    Non prendete in considerazione l’idea di fare il periplo in caso di pioggia o fitte nebbie.    Nel percorrere il “sentiero alto” tra i due rifugi, si possono incontrare brevi tratti esposti, non particolarmente difficili, ma che impongono attenzione.    Se siete tentati di guardare il vasto panorama, fermatevi, fotografate, riprendete fiato e ripartite.
Cartografia: Per avere un’efficace visione d'insieme di questo trekking e della zona circostante, suggerisco di visitare il sito della Pro Loco di Borno (www.bornoturismo.it/sport/trekking) dove è possibile scaricare una cartina abbastanza dettagliata e la descrizione dei diversi sentieri che compongono il periplo completo.

venerdì 14 settembre 2018

Escursioni per tutti i gusti dal rifugio Laeng e nella Conca di Varicla

Nella selvaggia Conca di Varicla, a 1760 metri di quota, si trova il piccolo rifugio Laeng, posto a sentinella del Pizzo Camino.     L’edificio, recentemente ristrutturato, ospita 15 posti letto ed è gestito dai volontari dell’Operazione Mato Grosso.   Il ricavato della gestione è devoluto interamente alle iniziative che questo movimento opera a favore delle popolazioni indigene di Perù, Ecuador, Brasile e Bolivia.
Il rifugio Laeng. Alle spalle il Pizzo Camino

Il Laeng si può raggiungere da Borno e da Lozio.     In entrambi i casi il dislivello è di poco superiore ai 700 metri ed il tempo impiegato per la sola salita si aggira intorno alle 2 ore e mezza.    Dal rifugio, dedicato a Walther Laeng, alpinista e storico italiano dei primi del 900 che segnalò per la prima volta al mondo accademico l’esistenza delle incisioni rupestri della Valcamonica, partono alcune escursioni veramente degne di nota.

Sul "sentiero alto"- foto di Sergio Gavazzeni

Si può affrontare l’impegnativa salita ai 2.491 m. del Pizzo Camino (altri 730 metri di dislivello in salita, percorribili in due ore e mezza) con l’avvertenza di noleggiare un caschetto di protezione dai gestori del rifugio.    Si tratta infatti di una salita impegnativa, sia per i tratti esposti ma, soprattutto, a causa della roccia molto friabile di cui è composto tutto il massiccio che divide questa conca dalla Val di Scalve.    Un po’ meno problematica è la conquista della Cima Moren (2.418 m.- 2 ore e mezza dal rifugio) anche se, soprattutto nel tratto finale, non mancano i tratti esposti.    Il Monte Arano (1.941) è invece molto più abbordabile ed ugualmente generoso di panorami.    Partendo dal rifugio si deve superare un dislivello di circa 200 metri su un sentiero percorribile in meno di un’ora.

Sul sentiero alto, accanto ai ghiaioni di Cima Moren.

Anche la traversata che porta all'altro rifugio presente sull'altipiano di Borno (il San Fermo - 1868 m) è estremamente interessante, soprattutto per i fantastici panorami che si aprono a monte sui contrafforti calcarei del Pizzo Camino e della Cima Moren; mentre a valle lo sguardo si perde sul Lago di Lova, sul paese di Borno e sulle principali montagne camune. Per realizzare la traversata, occorre seguire il sentiero 82 (detto anche “sentiero alto”).   Dal Laeng si sale attraverso un bel bosco di pino mugo, che porta ad una radura dove si incontrano i ruderi dell’ex-rifugio Coppellotti, a circa 2.000 metri di quota. 

I ruderi dell'ex-rifugio Coppellotti

Nei pressi dell’edificio distrutto si trovano altre indicazioni che evidenziano la presenza di stalle per i muli ed altri locali utilizzati durante la seconda guerra mondiale.   Il Coppellotti, realizzato nel 1934 dalla sezione CAI di Brescia, si ritrovò al centro di aspre contese tra i soldati della Wehrmacht ed i gruppi di partigiani che stazionavano tra le malghe delle Orobie Orientali.     In seguito all'ennesimo assalto partigiano avvenuto nel 1944, i tedeschi distrussero il rifugio ed i locali accessori per evitarne l’utilizzo da parte delle forza di liberazione.    

Le stalle per i muli della divisione tedesca, annesse all'ex-rifugio.

Superati i ruderi del Coppellotti, il sentiero alto raggiunge una terrazza molto panoramica, da dove la traccia resta in quota costeggiando le pendici sud-orientali di Cima Moren.     In alcuni tratti un po’ esposti bisogna prestare attenzione.    Dopo aver camminato per un’ora e mezza, superando un dislivello di circa 200 metri, si raggiunge la chiesetta di San Fermo ed il retrostante, omonimo Rifugio.  Il panorama, se possibile, si estende ulteriormente, abbracciando il massiccio della Presolana e la verdissima Val di Scalve.

Fumi di nebbia circondano il Lago di Lova.

Un’ultima segnalazione in merito al possibile periplo del Pizzo Camino, da effettuarsi superando l’intaglio del Passo di Varicla (2.097 m) il Passo di Cornabusa e quello del Costone.     Questo percorso, che può essere effettuato seguendo i sentieri numerati con l’82 A e l’83, richiede passo sicuro, assenza di nebbie e di bagnato, soprattutto sul primo valico, molto impegnativo.    Personalmente ritengo che il tratto interessante il passo di Varicla presenti difficoltà superiori a quelle definite come EE (Escursionisti Esperti), in particolare se preso dal versante bresciano.

Nell'intaglio del passo Varicla-foto di Sergio Gavazzeni
Info tecniche:
Come arrivare: La soluzione più semplice per arrivare al Rifugio Laeng è quella di partire da Borno.  In giornate di scarso traffico si può tentare di parcheggiare in località Navertino (circa 1000 metri di quota) da dove parte la traccia con il segnavia CAI n. 82.   Altrimenti non resta che usufruire dei parcheggi posti all'ingresso di Borno, raggiungere la sede del Municipio in piazza Umberto I°, salire lungo via San Fermo, prendendo successivamente a destra l’omonima via che porta alle case di Navertino.
Altre note e suggerimenti: Il rifugio Laeng dispone di 15 posti letto e di un attrezzato servizio di ristoro, caratterizzato da una cucina di tipo casalingo, semplice e molto gustosa.   L’ospitalità offerta è pari all'impegno che questi volontari effettuano (senza compenso) al fine di ricavare il sostentamento per i progetti del Mato Grosso, destinati ai poveri dell’America Latina.
A Navertino merita una sosta l’omonima trattoria che, da quasi cinquant'anni, offre una spettacolare cucina tradizionale camuna, con piatti tipici a base di funghi, selvaggina, erbe di campo e frutti di bosco, con un eccezionale rapporto qualità-prezzo.    Recentemente è operativa anche come Bed and Breakfast. Consultate il loro sito: http://www.navertino.it.
Cartografia: Suggerisco di scaricare la cartina pubblicata sul sito della Pro Loco di Borno (www.bornoturismo.it/sport/trekking) e di leggere le relative proposte descritte in modo ampio e dettagliato.

Nei prati tra il Rifugio Laeng e il passo di Varicla
fioriscono centinaia di stelle alpine - foto di Sergio Gavazzeni

sabato 8 settembre 2018

Una escursione nella riserva naturale del Giovetto di Palline e gli immensi panorami del passo del Costone

Le terre di confine tra Val di Scalve e l'altipiano di Borno sono coperte da splendide foreste di conifere che nascondono bellissime escursioni ricche di riferimenti storici e naturalistici.    Usciti dal bosco e raggiunti i pascoli che delimitano le pendici dolomitiche delle Corna di San Fermo, di Cima Moren e del Pizzo Camino, le prospettive che si percepiscono percorrendo i diversi sentieri esplodono in panorami ineguagliabili.

Cavalli bradi al pascolo sui prati del Costone

L’itinerario proposto inizia in località Croce di Salven (1109 m) nel parcheggio posto all'ingresso della riserva naturale dei Boschi del Giovetto di Paline, facilmente individuabile percorrendo la provinciale che unisce il Comune di Borno, in Val Camonica, con quello di Azzone, in Val di Scalve.    Accanto alla statua in ferro che riproduce una gigantesca formica rufa (rossa), si imbocca il sentiero n. 102 che inizialmente coincide con una stradetta forestale immersa in uno splendido bosco di conifere.

Uno sguardo verso la Presolana

Ci stiamo inoltrando nel cuore della riserva, istituita nel lontano 1985, con il principale scopo di tutelare i numerosi formicai presenti nel Parco.    La formica rufa è avidissima di invertebrati e di afidi, come la processionaria del pino, colpevoli di aggredire e deforestare amplissime porzioni di bosco.   Le formiche presenti in questa riserva vengono allevate con cura e poi esportate in varie località italiane, europee e persino nelle foreste canadesi al fine di reintrodurle in boschi affetti da attacchi parassitari di lepidotteri.      Durante la salita nel bosco si possono osservare i grossi formicai.    Esternamente sono monticelli composti da aghi, ramoscelli e piccoli pezzi di resina di abete.    Quel che si vede è solo il tetto dell’intera struttura, che può arrivare a contenere fino a mezzo milione di formiche.

I pascoli sopra Malga Creisa

La folta abetaia si apre sulla radura della Malga Creisa (1459 m) che si raggiunge dopo un’oretta di cammino.   A lato dell'edificio, il sentiero prende a salire con più decisione al fresco di maestosi abeti rossi, intervallati da rari abeti bianchi, più numerosi sul versante scalvino.    Dopo un’altra ora si arriva sul Costone (m. 1780 circa) dove il panorama si apre a 360 gradi, con eccezionali vedute sulle Corna di San Fermo, sul Pizzo della Presolana, sui paesi scalvini e sui monti che circondano la bassa Val Camonica.   Verso nord si individua nettamente il Passo della Manina, sul quale incombono i giganti dell’Orobie, Coca e Redorta su tutti.

Lo stagno del Costone-foto di Sergio Gavazzeni

E’ il tratto più bello.    I passi vengono felpati dal morbido pascolo, la salita è lieve e la presenza di cavalli allo stato brado ci immerge un quadro bucolico di rara intensità.   Superato uno stagno, la direzione è evidente verso il passo del Costone (1937 m- poco più di due ore e mezzo dalla partenza) dove si incrocia il sentiero 83 che a sinistra porta, in circa un’ora, al Passo di Cornabusa e, successivamente, all'impegnativo intaglio del Passo di Varìcla, che consentirebbe di effettuare il periplo del Pizzo Camino.

Verso il Passo del Costone. Di fronte le Corna di San Fermo e Cima Moren

Un anello più tranquillo prevede invece la possibilità di raggiungere, volgendo a destra, il visibile Rifugio di San Fermo (1.869).     E’ solo mezzora di cammino, su una traccia un po’ stretta, che  porta alla sella dove, oltre all'edificio del Rifugio, si trova anche la chiesetta seicentesca dedicata al santo eremita.   I malgari della zona sono molto affezionati a San Fermo.   Pare che, nel passato anche recente, molti animali malati sono prodigiosamente guariti dopo aver ruminato l'erba dei prati limitrofi all'eremo.

La chiesetta di San Fermo. Sul retro si intravede il Rifugio.

Dopo aver assaggiato la gustosa cucina del rifugio, è possibile completare l’anello prendendo il sentiero n.100, che scende per pascoli alle Malghe San Fermo (posta poco sotto la sella del Rifugio) e Zumella (m. 1565).     Da qui, una sterrata entra in un bosco profumato di muschio e di funghi, che ci accompagna lungamente fino a farci sbucare sulla strada provinciale, poco oltre il punto di partenza dell’itinerario.    Per raggiungerlo è sufficiente girare a destra e seguire la provinciale per circa 500 metri.

Le Corna di San Fermo ed  suoi guardiani.

Info tecniche:
Come arrivare: La località Croce di Salven può essere raggiunta sia dalla Val di Scalve che dalla bassa Val Camonica.  La salita da quest'ultima è più agevole e la strada decisamente più larga. Superato il paese di Borno, si arriva all'ingresso della riserva naturale dopo circa cinque chilometri.
Dislivello e durata dell'anello proposto: La salita fino al Passo del Costone impegna per poco più di due ore e mezza.  Di qui si raggiunge il rifugio San Fermo in mezzora.  Percorrere la lunga discesa impegna per altre due ore.   In tutto quindi, si cammina per almeno cinque ore, con un dislivello di sola salita di oltre 800 metri.

L'ingresso della riserva, con il monumento alla formica rufa

Altre note e suggerimenti: Il rifugio San Fermo garantisce un efficace punto d'appoggio, sia per eventuali pernottamenti che dal punto di vista gastronomico, offrendo piatti tipici della cucina dei monti bresciani.  Alle malghe Creisa e San Fermo è possibile acquistare prodotti caseari a chilometro zero.
Cartografia: La cartografia della zona risente dei limiti delle zone di confine.    Gli itinerari che attraversano e valicano le zone di competenza delle rispettive sezioni provinciali sono difficili da individuare e bisogna spesso operare laboriosi collage. 
Suggerisco di scaricare la cartina e di individuare le gite preferite navigando nel sito della Pro Loco di Borno (www.bornoturismo.it/sport/trekking) considerando che le numerose proposte descritte sono state pensate per escursionisti giovani e ben allenati, almeno a guardare i tempi di percorrenza inseriti.     Ma forse sono io che, invecchiando, mi sono un po' imbolsito...

Il roccolo del Gatì, nel cuore della riserva naturale.