sabato 8 settembre 2018

Una escursione nella riserva naturale del Giovetto di Palline e gli immensi panorami del passo del Costone

Le terre di confine tra Val di Scalve e l'altipiano di Borno sono coperte da splendide foreste di conifere che nascondono bellissime escursioni ricche di riferimenti storici e naturalistici.    Usciti dal bosco e raggiunti i pascoli che delimitano le pendici dolomitiche delle Corna di San Fermo, di Cima Moren e del Pizzo Camino, le prospettive che si percepiscono percorrendo i diversi sentieri esplodono in panorami ineguagliabili.

Cavalli bradi al pascolo sui prati del Costone

L’itinerario proposto inizia in località Croce di Salven (1109 m) nel parcheggio posto all'ingresso della riserva naturale dei Boschi del Giovetto di Paline, facilmente individuabile percorrendo la provinciale che unisce il Comune di Borno, in Val Camonica, con quello di Azzone, in Val di Scalve.    Accanto alla statua in ferro che riproduce una gigantesca formica rufa (rossa), si imbocca il sentiero n. 102 che inizialmente coincide con una stradetta forestale immersa in uno splendido bosco di conifere.

Uno sguardo verso la Presolana

Ci stiamo inoltrando nel cuore della riserva, istituita nel lontano 1985, con il principale scopo di tutelare i numerosi formicai presenti nel Parco.    La formica rufa è avidissima di invertebrati e di afidi, come la processionaria del pino, colpevoli di aggredire e deforestare amplissime porzioni di bosco.   Le formiche presenti in questa riserva vengono allevate con cura e poi esportate in varie località italiane, europee e persino nelle foreste canadesi al fine di reintrodurle in boschi affetti da attacchi parassitari di lepidotteri.      Durante la salita nel bosco si possono osservare i grossi formicai.    Esternamente sono monticelli composti da aghi, ramoscelli e piccoli pezzi di resina di abete.    Quel che si vede è solo il tetto dell’intera struttura, che può arrivare a contenere fino a mezzo milione di formiche.

I pascoli sopra Malga Creisa

La folta abetaia si apre sulla radura della Malga Creisa (1459 m) che si raggiunge dopo un’oretta di cammino.   A lato dell'edificio, il sentiero prende a salire con più decisione al fresco di maestosi abeti rossi, intervallati da rari abeti bianchi, più numerosi sul versante scalvino.    Dopo un’altra ora si arriva sul Costone (m. 1780 circa) dove il panorama si apre a 360 gradi, con eccezionali vedute sulle Corna di San Fermo, sul Pizzo della Presolana, sui paesi scalvini e sui monti che circondano la bassa Val Camonica.   Verso nord si individua nettamente il Passo della Manina, sul quale incombono i giganti dell’Orobie, Coca e Redorta su tutti.

Lo stagno del Costone-foto di Sergio Gavazzeni

E’ il tratto più bello.    I passi vengono felpati dal morbido pascolo, la salita è lieve e la presenza di cavalli allo stato brado ci immerge un quadro bucolico di rara intensità.   Superato uno stagno, la direzione è evidente verso il passo del Costone (1937 m- poco più di due ore e mezzo dalla partenza) dove si incrocia il sentiero 83 che a sinistra porta, in circa un’ora, al Passo di Cornabusa e, successivamente, all'impegnativo intaglio del Passo di Varìcla, che consentirebbe di effettuare il periplo del Pizzo Camino.

Verso il Passo del Costone. Di fronte le Corna di San Fermo e Cima Moren

Un anello più tranquillo prevede invece la possibilità di raggiungere, volgendo a destra, il visibile Rifugio di San Fermo (1.869).     E’ solo mezzora di cammino, su una traccia un po’ stretta, che  porta alla sella dove, oltre all'edificio del Rifugio, si trova anche la chiesetta seicentesca dedicata al santo eremita.   I malgari della zona sono molto affezionati a San Fermo.   Pare che, nel passato anche recente, molti animali malati sono prodigiosamente guariti dopo aver ruminato l'erba dei prati limitrofi all'eremo.

La chiesetta di San Fermo. Sul retro si intravede il Rifugio.

Dopo aver assaggiato la gustosa cucina del rifugio, è possibile completare l’anello prendendo il sentiero n.100, che scende per pascoli alle Malghe San Fermo (posta poco sotto la sella del Rifugio) e Zumella (m. 1565).     Da qui, una sterrata entra in un bosco profumato di muschio e di funghi, che ci accompagna lungamente fino a farci sbucare sulla strada provinciale, poco oltre il punto di partenza dell’itinerario.    Per raggiungerlo è sufficiente girare a destra e seguire la provinciale per circa 500 metri.

Le Corna di San Fermo ed  suoi guardiani.

Info tecniche:
Come arrivare: La località Croce di Salven può essere raggiunta sia dalla Val di Scalve che dalla bassa Val Camonica.  La salita da quest'ultima è più agevole e la strada decisamente più larga. Superato il paese di Borno, si arriva all'ingresso della riserva naturale dopo circa cinque chilometri.
Dislivello e durata dell'anello proposto: La salita fino al Passo del Costone impegna per poco più di due ore e mezza.  Di qui si raggiunge il rifugio San Fermo in mezzora.  Percorrere la lunga discesa impegna per altre due ore.   In tutto quindi, si cammina per almeno cinque ore, con un dislivello di sola salita di oltre 800 metri.

L'ingresso della riserva, con il monumento alla formica rufa

Altre note e suggerimenti: Il rifugio San Fermo garantisce un efficace punto d'appoggio, sia per eventuali pernottamenti che dal punto di vista gastronomico, offrendo piatti tipici della cucina dei monti bresciani.  Alle malghe Creisa e San Fermo è possibile acquistare prodotti caseari a chilometro zero.
Cartografia: La cartografia della zona risente dei limiti delle zone di confine.    Gli itinerari che attraversano e valicano le zone di competenza delle rispettive sezioni provinciali sono difficili da individuare e bisogna spesso operare laboriosi collage. 
Suggerisco di scaricare la cartina e di individuare le gite preferite navigando nel sito della Pro Loco di Borno (www.bornoturismo.it/sport/trekking) considerando che le numerose proposte descritte sono state pensate per escursionisti giovani e ben allenati, almeno a guardare i tempi di percorrenza inseriti.     Ma forse sono io che, invecchiando, mi sono un po' imbolsito...

Il roccolo del Gatì, nel cuore della riserva naturale.

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