mercoledì 26 dicembre 2018

L'anello del romanico: una piacevole escursione fra antiche chiese, vigneti, cascine, ponti romani e medioevali.

San Tomè è un luogo che emoziona ed ho sempre desiderato poterlo descrivere nella relazione di una passeggiata piacevole ed alla portata di tutti.   Grazie anche alla Fondazione Lemine, da qualche tempo è possibile percorrere un interessante itinerario pedonale che collega quattro antichissimi luoghi di spiritualità posti negli immediati dintorni dell'agro di Almenno.
San Tomè, il suo museo ed il Canto Alto.
Propongo di iniziare a camminare proprio dalla rotonda di San Tomè (290 m.), se non altro per avere l'occasione di ammirarla due volte nell'arco di una stessa giornata.   San Tomè è un monumento romanico a pianta circolare, una rarità per il periodo in cui è stata eretta (XII secolo).   Gli interessati alla storia ed alle caratteristiche architettoniche di questa e delle altre chiese citate in questo post potranno soddisfare le loro curiosità navigando nei siti che cito nelle note a piè di pagina.    Di San Tomè voglio soltanto sottolineare la magia dei giochi di luce che rappresentano un fondamentale elemento decorativo dell'interno della chiesetta.   Le ombre delle colonne e le lame di sole che piovono dalle bifore della lanterna superiore creano un ambiente suggestivo ed irreale, che ricorda l'attenzione ai cicli solari propria dell'architettura romanica.
Giochi di luce a San Tomè - foto di Elisa Di Blasi
Accanto alla chiesetta è ben evidente la segnaletica che accompagna l'escursione.  Il sentiero n. 14 scende in un boschetto sino al ponte medioevale sul torrente Tornago, che segna il confine tra Almenno San Bartolomeo, dove si trova San Tomè, ed Almenno San Salvatore.   La traccia esce dal boschetto per percorrere una stradella che porta alla Località Moline ed alla terrazza alluvionale del Brembo.   Dopo una ventina di minuti si arriva a un bivio. Entrambe le direzioni portano alla prossima meta: il complesso della Madonna del Castello.
Tratto del sentiero 14
Suggerisco di scendere a destra, verso le sponde del fiume, alle quali si arriva costeggiando alcune falesie ed ammirando i pochi resti dell'imponente ponte della Regina che, in periodo romano, superava il Brembo per collegare l'insediamento di Bergomum con quello di Comum.    Attraversando i fertili campi che costeggiano la sponda fluviale lo sguardo viene calamitato dall'incombente Madonna del Castello ed anche a un profano come me è parso evidente che l'attuale complesso religioso è in realtà composto da almeno tre diverse e distinte chiese: una cripta del VII secolo, una pieve del IX secolo e l'attuale santuario, eretto nel XVI secolo.     Risalita la scarpata fluviale, dopo circa 35 minuti dalla partenza si raggiunge il sagrato del santuario (m. 275).
La Madonna del Castello nella bruma mattutina.
Sullo sfondo il Monte Ubione.
Da qui, l'itinerario attraversa senza rischi, grazie ad un incrocio regolato da semaforo pedonale, la Strada Provinciale 176.   La traccia si inoltra tra le prime case di Almenno San Salvatore per portarci, in una quindicina di minuti, in un'area isolata fra campi, dove sorge la chiesa romanica dedicata a San Giorgio (m. 280) risalente al XII secolo, ed il suo piccolo cimitero, realizzato in epoca napoleonica.
Chiesa di San Giorgio.
La prossima meta diventa ora la chiesa di San Nicola (m. 325) che dista quasi mezz'ora di cammino da San Giorgio.   Il tracciato, ben segnalato, ci fa scoprire una bella e antica cascina sul bordo del torrente Armisa, supera una zona residenziale per poi tuffarsi tra i vigneti posti accanto alla contrada della Porta, una delle più antiche e meglio conservate di Almenno San Salvatore.    La chiesa è già in bella vista, sulla cima della collinetta dell'Umbriana, con il gruppo dell'Albenza a fare da sfondo naturale.
San Nicola e la contrada della Porta, viste dai vigneti.
Sullo sfondo, il gruppo dell'Albenza.
Terminata la visita a San Nicola ed ai vicoli che compongono la contrada della Porta, l'itinerario completa l'anello attraverso una bella strada campestre in mezzo ai vigneti, fino a scendere verso il ponte della Noca, che supera il torrente Tornago arrivando nei pressi della trafficata S.P. 176.    Un intelligente sottopasso permette di evitarne l'attraversamento, scendendo e poi risalendo negli immediati pressi del parcheggio di San Tomè. 
Ingresso alle case della Porta.
Info tecniche:
Partenza: Chiesa romanica di San Tomè (290 m) che si raggiunge percorrendo la strada provinciale n. 176 che collega la Briantea con l'imbocco della Valle Imagna.   
Dislivello: Circa 100 metri comprensivi dei saliscendi per superare le vallette del Torrente Tornago, all'inizio ed al termine dell'itinerario.
Durata: L'anello si può completare in un paio d'ore, senza considerare le soste per visitare l'interno delle quattro chiese.
L'ex-monastero e San Tomè
Altri suggerimenti: Tutte le informazioni necessarie per visitare le quattro chiese possono essere richieste alla segreteria della Fondazione Lemine, che ha sede restaurata dell'ex monastero femminile posto accanto a San Tomè.  Oltre al punto informazioni, sono presenti un posto di ristoro, la sede dell'Associazione Turistica della Valle Imagna e una piccola ma attrezzata libreria, dove è possibile acquistare testi e volumi di storia locale e mappe escursionistiche e turistiche.
Altre informazioni, anche sugli orari di apertura delle singole chiese, sono disponibili sul sito della Fondazione: www.antennaeuropeadelromanico.it.
Cartografia: Presso il punto informazioni sopra citato è disponibile un depliant della Fondazione contenente un'essenziale cartina utile per la visualizzazione di questo itinerario pedonale.
Facciata della chiesa di San Nicola.

domenica 9 dicembre 2018

Viaggio nella Patagonia dal volto umano: 2. La strada dei sette laghi

Cento chilometri a nord di Bariloche si trova Villa La Angostura (780 m.) un villaggio di circa 10.000 abitanti, ideale punto di partenza meridionale del magnifico itinerario lungo la Ruta de los Siete Lagos.
Panorama del Lago Traful dal Mirador del Viento.
Questo splendido percorso panoramico, lungo circa 110 km, unisce Villa La Angostura con il paese di San Martin de los Andes (640 m) compiendo un tracciato stretto e sconnesso, immerso in straripanti foreste di coihue (faggio sempreverde originario del Sudamerica) e costeggiando numerosi laghi andini.  Il viaggio va percorso lentamente, sia per la tortuosità della carreggiata ma, soprattutto, per effettuare le numerose soste imposte dal paesaggio, quasi ai limiti del fiabesco.
Il Lago Correntoso, lungo la strada dei sette laghi.
Lungo il tracciato sono evidenti le indicazioni dei diversi punti panoramici, che consentono di accedere alla vista di angoli molto suggestivi, dove il blu delle acque lacustri si confonde con il verde dei boschi e le creste bianche dei rii e di numerose cascatelle.    La natura è padrona incontrastata di questo ambiente, un tempo abitato solamente da rare e sparse comunità mapuche, un'etnia amerinda originaria del Cile e dell'Argentina meridionale.
Cascata Vulignanco, nei pressi del Lago Villarino.
Una deviazione che si incontra dopo aver percorso circa 30 chilometri da Villa La Angostura, consente di imboccare una strada di  ghiaia che si inoltra in un paesaggio ancora più remoto ed incantato.   La provinciale RP 65 è un tunnel che si infila in fittissimi boschi che si alternano a piccole radure adagiate sulle sponde del lago Traful ed a rare fattorie costruite con il legno locale.   Servono 25 chilometri per arrivare a Villa Traful (780 m.)  popolata da circa trecento abitanti, ma il luogo ricompensa per ogni granello di polvere sollevato lungo la carreggiata sterrata.
La chiesa parrocchiale di Villa Traful.
Il paese, adagiato sulle sponde meridionali del lago, è letteralmente incorniciato dalle montagne andine e gode di una posizione semplicemente incantevole.  Poco oltre, si raggiunge il Mirador del Viento, un incredibile punto panoramico, posizionato sopra una scogliera che si getta a picco sulle limpide acque del lago Traful.
Il Mirador del Viento, poco oltre Villa Traful.
Rientrati a Villa La Angostura, rimane un'altra località meritevole di attenzione. Nei pressi del porto si trova l'ingresso del piccolo Parque Nacional Los Arrayanes, che tutela l'intera penisola di Quetrihuè e i suoi boschi di arrayan, un albero dalla corteccia di un intrigante color cannella.  Dall'ingresso parte un sentiero di 12 chilometri (percorribile in circa tre ore) che raggiunge la punta della penisola dove attracca il traghetto con il quale è possibile rientrare al porto di Villa La Angostura.
Lago Nauhel Haupi dal porto di Villa La Angostura
Info tecniche:
Come arrivare: Villa La Angostura si trova nella regione patagonica, provincia di Neuquén e dista circa 1.600 km da Buenos Aires.   Dalla capitale argentina è possibile raggiungere Bariloche in aereo e noleggiare un'auto, per percorrere i circa 80 km che separano l'aeroporto dal centro del villaggio.  Altrimenti si può affrontare il percorso in automobile con partenza da Buenos Aires, che consiglio per i motivi citati nel post precedente a questo.   
Mangiare e pernottare: Mia moglie ed io, con i nostri amici argentini, abbiamo pernottato all'Hosteria Angostura Faraway (http://www.angostura-faraway.coma pochi chilometri dal centro di Villa La Angostura e a pochi metri dalla riva del Lago Correntoso, circondata da un ambiente tranquillo e verdissimo.    La location è strepitosa, con camere ampie, confortevoli e pulitissime, una prima colazione imperiale e un'attenzione al cliente di rara squisitezza.  Il rapporto qualità-prezzo è impagabile.
Negli immediati pressi dell'Hosteria Faraway.
Per mangiare, Villa La Angostura offre svariate occasioni, spesso molto affollate.    A pochi metri dal viale principale abbiamo assaggiato le proposte del tranquillo ristorante Belisario, scoprendo che gli argentini, oltre alla carne, sono molto bravi anche a preparare piatti con la polenta.
A Villa Traful abbiamo invece avuto l'opportunità di trovare un locale gestito da una famiglia mapuche.   La  Parilla Restaurant Quila Peñi è un rustico quanto delizioso edificio in legno costruito accanto all'abitazione che funge anche da fattoria, situata sulla destra della strada provinciale, un paio di chilometri prima di raggiungere il villaggio principale.   Nella cucina a vista, la cuoca prepara gustosi piatti a base di carne che incantano per la loro semplicità ed il gusto molto saporito.   Consigliamo la milanesa, servita con patate bollite al vapore ed il bife de chorizo (controfiletto di manzo), alto quasi tre dita, cotto alla perfezione e gustato guardando dai vetri della veranda il gallo della fattoria discutere con le sue gallinelle...
Esemplare di arrayan.







domenica 2 dicembre 2018

Viaggio nella Patagonia dal volto umano: 1. La Regione dei Laghi di Bariloche.

Per gli escursionisti italiani ed europei, Patagonia significa ghiacciai, montagne tanto belle quanto inaccessibili, meteo capriccioso e vento impetuoso.   Ma, se questo vale per la zona limitrofa alla Terra del fuoco, esiste una vastissima area patagonica molto meno "estrema" ed altrettanto affascinante.
Scendendo dal sentiero che porta al Cerro Lopèz.
La regione dei laghi di Bariloche ed il Parco Nazionale Nahuel Huapi si trovano oltre 2.000 km a nord dalla "fin del mundo", rappresentata da Capo Horn e dalla città di Ushuaia.   Il clima relativamente più temperato consente di ammirare senza fatica uno degli ambienti naturali più spettacolari dell'Argentina, che spazia ,senza confini, dalle prime propaggini delle Ande fino alle grandi foreste che circondano i numerosissimi laghi della regione.
Panorama dalla cima del Cerro Campanario.
Per avere un primo quadro d'insieme è sufficiente recarsi sulla cima del Cerro Campanario (1.039 m) da cui si gode un incredibile panorama "a volo d'uccello" che il National Geographic comprende .... "fra gli otto punti panoramici più impressionanti al mondo".     Per arrivarci si può scegliere fra una comoda seggiovia ed un agevole sentiero che, con un dislivello inferiore ai 200 metri, unisce la vetta al parcheggio posto negli immediati dintorni di Bariloche.
Panorama dalla cima del Cerro Campanario.
E' altrimenti possibile percorrere, con un'automobile, uno degli itinerari più popolari della zona: il Circuito Chico, un anello di circa 60 km che costeggia i numerosi laghi della zona ed attraversa le foreste ed i villaggi degli immediati dintorni, offrendo punti di sosta e panoramici di mirabile effetto. 
Punto panoramico lungo il Circuito Chico.
Lungo questo circuito si riconosce il punto di partenza di un'interessante escursione.   Un piccolo chiosco che vende gustosissimi panchos (gli hot-dog argentini) è stato costruito accanto al ponte che attraversa il torrente (in spagnolo: arroyo) Lòpez.   Il sentiero che raggiunge il Refugio Lòpez (1.620 m.) parte proprio da lì.    Infilandosi in un fitto bosco di pehuén (araucarie) la traccia sale ripidamente fino a portarsi sul lato opposto della valle, dove la foresta cede il passo a magri pascoli,  coperti di neve anche a stagione inoltrata.
Il Cerro Lòpez.
Nell'ultimo tratto lo sguardo si apre sul panorama più emozionante che si possa godere sul Lago Nahuel Huapi, avvolto da una corona di cime che superano i 2000 metri.  E' stato in quel punto che ho avuto la certezza che gli scenari naturali dell'Argentina stavano modificando il mio personale concetto di infinito.
Per superare gli 800 metri di dislivello che separano il punto di partenza dal Refugio Lòpez servono tre ore di cammino, solo andata. 
Isla Victoria, lago Nauhel Huapi.
Info tecniche:
Come arrivare: (San Carlos de) Bariloche si trova nella regione patagonica, provincia di Rio Negro e dista circa 1.500 km da Buenos Aires.  Dalla capitale argentina è possibile raggiungere Bariloche in aereo o attraverso un appassionante viaggio in automobile che si inoltra nelle sterminate praterie delle pampas argentine, percorre i 200 km in linea retta della "Strada del Deserto" e, prima di raggiungere la regione patagonica, si addentra in un territorio "preistorico" dove sono state ritrovate le ossa dei più grandi dinosauri carnivori mai esistiti.     Dopo tanta pianura, gli ultimi 300 chilometri emozionano per l'incontro dei primi rilievi ondulati e dei fiumi,  che guidano la strada verso la Regione dei Laghi.   Se la si percorre durante la primavera argentina (dal mese di novembre in poi) è facile restare senza fiato per l'intensità del giallo delle ginestre fiorite che orna i bordi della strada ed i primi contrafforti rocciosi.
Bahia Lòpez, sul Circuito Chico.
Mangiare e pernottare: Mia moglie ed io, con i nostri amici argentini, abbiamo pernottato per quattro notti all'Hosteria Las Cartas (http://hosteria-las-cartas-hotel.insancarlosdebariloche.com) situata a pochi chilometri dal centro di Bariloche, ma sufficientemente lontana per non risentire del traffico e dell'affollamento.    Le camere sono pulite, l'accoglienza è ospitale ed i prezzi sono onestissimi.   La struttura, un po' vecchiotta, è circondata dal verde ed un breve sentiero porta in pochi minuti sulla riva del Lago Moreno.  La colazione è molto gustosa e particolarmente buona è la marmellata di rosa mosqueta.
Per mangiare, consiglio di sfruttare le numerose micro-fabbriche di birra artigianale presenti nella zona.   La degustazione di birra viene accompagnata con una serie di portate a base di carne argentina o con la "picada": stuzzichini salati serviti con la logica dell'antipasto, la cui abbondanza spesso sconsiglia ulteriori ordinazioni.    Proprio di fronte all'Hosteria Las Cartas si trova la Cerveceria Gilbert, dove si mangia molto bene e, grazie al fatto di essere un poco defilata dalla strada principale, non risulta mai presa d'assalto dai pullman turistici vaganti sul Circuito Chico.
Un Carancho: falco delle steppe patagoniche.
Altre indicazioni: La vacanza in Argentina ci ha permesso di visitare un paese dalla natura imponente e dai panorami emozionanti, ma soprattutto ci ha consentito di conoscere persone estremamente amichevoli ed affettuose.   Entrando in bar e negozi, è praticamente impossibile limitarsi ai convenevoli.   Tutti cercano di imbastire una chiacchierata, superando difficoltà linguistiche che peraltro, grazie allo spagnolo molto dolce degli argentini, sono abbastanza limitate.    Al di fuori di alcuni quartieri "pittoreschi e quindi turisticizzati" di Buenos Aires, non abbiamo mai avuto la sensazione di essere visti come polli da spennare ma siamo sempre stati trattati con estrema gentilezza e cordialità.   
Buenos Aires, barrio Recoleta.


sabato 27 ottobre 2018

I tesori del Monte Secretondo

Nelle Orobie ci sono vette poco frequentate che sanno regalare panorami maestosi e nascondono gioielli naturalistici di valore inaspettato.    Come il Monte Secretondo, sentinella a guardia del massiccio dell'Alben, che si può raggiungere da Chignolo d'Oneta, in Val del Riso, oppure, con minor dislivello, dai pascoli del Monte Cavlera, sopra Vertova.

L'Alben dalla vetta del Monte Secretondo.

Una tortuosa e stretta strada asfaltata che parte dal centro del paese porta fino al Rifugio Alpino del Monte Cavlera (1160 m).    Dal comodo parcheggio si torna indietro per circa 200 metri, dove una deviazione sulla destra conduce sulla traccia del sentiero CAI n. 530 che ci accompagnerà fino a pochi metri dalla meta.   Alternando belle faggete ed ampie radure, la traccia biancorossa ci fa calpestare stradette cementate e tratti di sentiero vero e proprio.

Tratto nel bosco del sentiero CAI n. 530.

L'ambiente è bucolico, il bosco pulito ed ordinato.   La presenza umana è caratterizzata da cascine finemente ristrutturate e da alcuni roccoli, posti nelle zone di passo.    Con diversi saliscendi, dopo circa un’ora si arriva al passo di Biblen (1290 m) dove il panorama si apre su un ambiente selvaggio ed affascinante, irto di pinnacoli e torrioni che preannunciano la maestosità del  Monte Alben che, di lì a poco, si evidenzia con prepotenza.

Zoom sul Monte Arera.

La traccia sale ora più decisa, di fronte alle guglie dell'Alben.    Sulla destra il panorama si apre, ad ammirare in tutta la loro imponenza le principale montagne della zona: l'Arera, il Monte Secco e, più lontani, il Ferrante, la Presolana ed il Pizzo Camino.    Il ripido tratto alterna passaggi sul crinale con altri poco sotto la cresta, per arrivare ad una insellatura (1527 m) dove finalmente il sentiero spiana ed è possibile prendere respiro.

Primula dell'Alben-foto di Giovanni Barbieri,
che ringrazio per la concessione.

Siamo nell'habitat naturale di un gioiello botanico molto raro, endemico di un areale ristrettissimo.   La primula dell'Alben fiorisce soltanto qui e in Val d'Ancogno, un angolo remoto del territorio comunale di Valtorta.   Nella zona delle falesie calcaree limitrofe al Monte Secretondo è possibile ammirarne la fioritura nei mesi di maggio e giugno.    E' quasi superfluo ricordare che si tratta di una specie protetta, da ammirare e fotografare ma, assolutamente, da non cogliere.

La cima del Monte Secretondo.

Dalla sella di quota 1527, la vetta del Secretondo è praticamente a portata di mano.    Dopo pochi metri di sentiero pianeggiante, un cartello sin troppo evidente ci indica una flebile traccia sulla destra,  che conduce alla cima.  Quest'ultimo tratto è quasi verticale e merita un po' d'attenzione, soprattutto in caso di suolo umido o bagnato.    Arrivati ad un'ampia spaccatura, si gira a sinistra per superare un ultimo, ripido tratto che porta alla croce del Secretondo (1549 m), dove il panorama esplode a 360° e la Valle Seriana si prostrerà ai vostri piedi.    Dal Rifugio Alpini sono trascorse quasi due ore di passo lento ma costante.

Cascina nei pressi del passo Biblen. Foto di Marco Ghirardelli.
Info tecniche:
Partenza: Rifugio Alpino del Monte Cavlera (1160 m) che si raggiunge percorrendo una strada asfaltata di oltre 8 chilometri che parte dal centro di Vertova.   Vanno seguite le indicazioni per Cavlera e Rifugio Alpini.  
Dislivello: Circa 500 metri comprensivi dei saliscendi del tratto iniziale che porta al passo di Biblen.
Durata: Un paio d'ore per la salita; un'ora e mezzo per la discesa.

Verso la vetta.

Altri suggerimentiAl termine dell'escursione è quasi doverosa una sosta gastronomica al Rifugio, gestito dal Gruppo Alpini di Vertova e Colzate.    Il menu proposto è essenziale, ma nostrano e genuino, con gustosi casoncelli e tanta polenta, che può accompagnare brasato, formaggio fuso o affettati misti.   I prezzi sono onestissimi.    Il Rifugio è aperto tutte le domeniche.    In estate anche nei giorni feriali.   Tavoli anche all'aperto.    Maggiori informazioni sul sito del Gruppo Alpini: www.consinfo.it/pag/anavc/.
Cartografia: Carta Turistico-Escursionistica della Provincia di Bergamo-Tavola 05.

L'itinerario evidenziato sulla tavola 05 della
Carta Turistica-Escursionistica della Provincia di Bergamo.
Si ringrazia per la concessione.


domenica 7 ottobre 2018

A spasso nei boschi della Val Mora, sulle tracce di un bruto vissuto un secolo fa.

Un secolo fa, tra il 1914 ed il 1917, gli abitanti di borghi e cascine della Val Mora, in alta Val Brembana, erano preda di un criminale che li terrorizzava con furti, sevizie e violenze di ogni tipo.    Il bruto si chiamava Carlo Fracassetti,  un cinquantenne con evidenti disagi psichici, originario di Botta di Sedrina.

Piano dell'Acqua Nera e diga di Valmora.

La zona impervia ed i fitti boschi favorivano le scorribande dello squilibrato ed ostacolavano le battute dei carabinieri, fino a quando il Fracassetti arrivò ad aggredire una ragazzina tredicenne di nome Maria, violentandola.  La ragazzina era figlia di un boscaiolo originario della frazione di Caprile, in quel  periodo emigrato in Francia dove, con lavori saltuari di taglialegna e carbonaio, provvedeva al sostentamento della sua famiglia.    Si chiamava Giacomo Manganoni e la notizia della violenza subita dalla figlia lo convinse a ritornare in fretta e (soprattutto) furia, per regolare i conti con il criminale.

L'Oratorio di San Rocco a Caprile Superiore.

Giacomo era un abile cacciatore di camosci e conosceva molto bene la zona.    All'alba del 24 giugno 1917 imbracciò il fucile da caccia ed iniziò le ricerche, perlustrando la selvaggia Val di Vai e le aree limitrofe.    Perlustrò strade e sentieri, perdendosi nella foresta e fra le sterpaglie che crescevano copiose ai bordi dei numerosi corsi d’acqua della zona.     Si avvicinò furtivo alle cascine, alle baite ed ai ricoveri di fortuna costruiti dai pastori attorno ai "bàrec" (recinti per le greggi) fino a quando non gli rimase che esplorare il fitto bosco del Vai, situato in un’area scoscesa e poco praticabile, lontana dai pascoli.   Nel mezzo, un tugurio semidiroccato ospitava la tana del bruto.

Il sentiero n. 105 nel bosco.

Il Manganoni gli fece la posta per ore, finché lo vide ritornare con un fascio di legna sulle spalle.   Lo affrontò di petto, chiedendogli conto della violenza perpetrata a sua figlia.   Il Fracassetti, per risposta, afferrò un bastone per romperlo in testa al Manganoni, che rispose sparandogli a bruciapelo con il suo fucile da caccia.     Per la gente della Val Mora, l’incubo era finito.    Iniziò quello del Manganoni, che si rese irreperibile per giorni, protetto ed assistito dalla popolazione di Santa Brigida.   Alla vigilia del processo, fu convinto a presentarsi in aula.    Venne difeso da Bortolo Belotti, politico, storico e giurista di fama internazionale, che ne perorò la legittima difesa, illustrando alla giuria, con dovizia di particolari agghiaccianti, l’efferatezza dei crimini commessi in precedenza dal Fracassetti.

Le baite in pietra della località Losco.

Manganoni, assurto a ruolo di liberatore della Valle, venne assolto, tra il tripudio delle genti dell’Alta Val Brembana.    Del Fracassetti, nei boschi e tra le sterpaglie della Val Mora, non rimase più nulla, se non il ricordo del rancore che ha coltivato nei cuori della povera gente del posto…

L'accesso della Val di Vai.

Da Caprile Superiore (970 m) frazione di Santa Brigida, si possono intraprendere due sentieri per esplorare la zona dove avvenivano le scorribande del bruto del Vai.    Dal parcheggio sterrato, accanto al ponte sul torrente che delimita l’ingresso del paese, un sentiero ben segnalato sale, in un’ora e mezzo, alla baita del Vai (1345 m).   Le poche relazioni recuperate in rete indicano che procedere oltre la baita per cercare il completamento di un giro ad anello sia molto complicato, a causa dell'asperità della zona.

La nebbia avvolge la casa dei guardiani della diga.

Per questo, con il mio amico Marco, ho percorso invece la traccia che entra nel bellissimo bosco misto della Val Mora, seguendo il sentiero CAI n. 105, che si può imboccare accanto al seicentesco Oratorio di San Rocco.   La traccia, in leggera discesa nel bosco, supera un bivio dove si deve tenere la destra, per  incrociare poi il sentiero CAI n. 110 che sale da Valmoresca, ricalcando quindi l'antica via Mercatorum, percorsa nei secoli dai commerci tra le comunità bergamasche e la Valtellina.

Cascatelle della Val Mora.

Il congiungimento con il sentiero n. 110 avviene pochi passi oltre il grumo di baite in pietra che compongono la località Losco (933 m).     Il sentiero sale, alternando strappi molto ripidi con tratti in falsopiano.   Entra nel bosco fitto e ne esce per avventurarsi fra la sterpaglia che cresce ai bordi del torrente Acqua Nera.    In località Ponte dell'Acqua (1250 m) un ponte in ferro porta sul lato sinistro della valle, dove la traccia sale in una vegetazione più diradata, che consente di ammirare le cascatelle formate dai salti del torrente.    Con uno strappo più deciso, si supera un gradino vallivo giungendo quindi alla casa dei guardiani della diga di Valmora.   Sfruttando un tunnel utilizzato per controllare il funzionamento del gigantesco manufatto, ci si riporta sul lato destro della valle e, guadagnando un paio di tornanti, si perviene alla sommità della diga (1545 m), dove il panorama si apre sul lago e sui pascoli dell'Alpe Parissolo.
Sui ciottoli della via Mercatorum.

Info tecniche:
Partenza: Caprile Superiore,  che si raggiunge percorrendo la strada secondaria che la congiunge a Santa Brigida, Comune dell'Alta Valle Brembana.   
Dislivello: Circa 600 metri complessivi per arrivare al lago di Valmora.
Durata: Un paio d'ore per la salita; poco meno per la discesa.
Altri suggerimenti: La storia del Bruto del Vai è contenuta nel libro "Storie del Brembo", scritto da Tarcisio Bottani e Wanda Taufer e pubblicato da Ferrari Editrice.   Il volume contiene una trentina di racconti narranti fatti e personaggi della Val Brembana, accaduti e vissuti dal Medioevo al Novecento.    Gli episodi sono storicamente documentati e la lettura è agevole ed estremamente interessante, soprattutto per gli appassionati di storia locale. 
Al termine dell'escursione abbiamo pranzato al Ristorante Edelweiss, nel centro di Santa Brigida.    In un locale ampio e luminoso abbiamo gustato delle ottime tagliatelle ai funghi ed una golosa taragna, sempre accompagnata da porcini, raccolti direttamente dal cuoco.  Ottimo il rapporto qualità-prezzo.    Il loro sito è: www.edelweiss-santabrigida.com.
Cartografia: Negli uffici turistici dei paesi dell'Alta Valle Brembana è in vendita una cartoguida 1:25.000 che illustra 22 itinerari descritti da 5 mini-guide tematiche. Il kit costa soltanto 6 euro e le escursioni proposte sono veramente interessanti.   Maggiori informazioni sul sito: www.altobrembo.it/le-guide-di-altobrembo.

La copertina del libro che contiene la storia del bruto del Vai

sabato 22 settembre 2018

Il periplo del Pizzo Camino: un impegnativo trek tra ghiaioni, pascoli e fitte abetaie, a ricordare una faida durata sette secoli.

Il periplo del Pizzo Camino è una bella escursione che attraversa una riserva ambientale, raggiunge un costone da cui si godono eccezionali panorami, costeggia impressionanti ghiaioni scavalcando tre passi, tocca gli unici due rifugi presenti nella zona e, nella parte soliva, ti lascia passeggiare sui bordi di un balcone naturale a picco sui paesi e le montagne camune.

La Presolana vista dal Costone

Per girare intorno al massiccio del Pizzo Camino si può partire da Croce di Salven (1109 m) parcheggiando all'ingresso della riserva naturale dei Boschi del Giovetto di Paline, dove parte il sentiero n. 102, che ci accompagna - in circa due ore e mezzo - fino al passo del Costone (1937 m).  
Il dettaglio di questo tracciato viene descritto nel post che trovate copiando questo link: http://dislivellozero.blogspot.com/2018/09/una-escursione-nella-riserva-naturale.html

Il sentiero n. 83 dal Passo del Costone

Al Passo del Costone si incrocia il sentiero n. 83.    Svoltando a sinistra, verso il passo di Cornabusa (1940 m), inizia la parte storicamente più interessante del trekking.    Camminando senza apparente dislivello è possibile ammirare, sulla destra, il massiccio comprendente le Corna di San Fermo, la Cima Moren ed il Pizzo Camino: montagne dalle forme ardite e spettacolari, con pareti ripidissime, talvolta verticali, simili ai rilievi dolomitici, anche se molto più friabili.    Sono costituite da rocce di natura calcarea, frutto della trasformazione chimica di sedimenti depositati sul fondo di un mare (la Tetide) iniziata qualcosa come 225 milioni di anni fa.

I pascoli del Monte Negrino

A sinistra del percorso invece, lo sguardo si perde su fitte abetaie che nascondono la cima del Monte Negrino (1781 m), teatro di una vera e propria faida tra bornesi e scalvini, durata la bellezza di sette secoli.    Quelle che oggi sembrano pacifiche radure, puntinate di bestiame e circondate da boschi, si bagnarono di sangue nella “piccola guerra” ricordata con il nome di “Contesa del Monte Negrino”.    I primi documenti scritti in materia risalgono all'inizio del primo millennio, ma c’è chi giura che la diatriba per lo sfruttamento di questi pascoli iniziò almeno trecento anni prima.    Il periodo più crudo fu tra il XV ed il XVI secolo, con vere e proprie spedizioni punitive, da una parte e dall'altra, che procurarono morte, saccheggi, furti di bestiame, incendi e distruzione, non solo tra i malgari, ma anche nei paesi circostanti.    Nel 1517, la Repubblica Veneta tentò di risolvere diplomaticamente la sanguinosa faida, delegando un illustre architetto alla costruzione di un modello in miniatura dell’area contesa, da portare a Venezia in modo che i giudici potessero deliberare sui confini.    Il plastico fu costruito in modo molto particolareggiato, mostrando nel dettaglio cascine, strade, prati, pascoli e vallecole del monte. Peccato che, riprodotto in scala, risultò troppo grande per passare dalla strada che portava da Borno alla Corna Mozza….

Gregge al Passo di Cornabusa

Dal passo di Cornabusa inizia il tratto più impegnativo.    L’ascesa al passo di Varicla (2097 m) è molto faticosa, dando modo all'escursionista di scoprire quanto siano friabili i ghiaioni calcarei di questo massiccio.   Camminando sulle uova, si spende un’ora buona per risalire un ripido canale ghiaioso che attraversa le distese detritiche alla base della parete nord del Pizzo Camino, fino a raggiungere lo stretto intaglio che guarda nella Conca di Varicla.    Anche i primi passi in discesa sono difficoltosi e bisogna poggiare le mani sulla roccia per giungere alla base del canalino.   Questa parte del percorso è impervia, adatta a escursionisti esperti e quasi proibitiva in caso di pioggia o nebbia fitta.

L'intaglio del Passo di Varicla

Superate le principali difficoltà del trek, il sentiero ben tracciato scende nella conca in mezzo a bei pascoli costellati da fioriture di stelle alpine.    Dall'alto si intravede il Rifugio Laeng (1760 m), che si raggiunge in circa un’ora dal passo di Varicla.   Poco prima di raggiungere il Laeng, si incrocia il “sentiero alto”, contrassegnato con il n. 82 che, in poco più di un’ora e mezza, porta all’altro rifugio della zona, il San Fermo (1868 m).     La descrizione di questo tracciato (e di altri itinerari nei dintorni del Rifugio Laeng) si recupera da questo link: http://dislivellozero.blogspot.com/2018/09/escursioni-per-tutti-i-gusti-dal.html
Rifugio Laeng e Pizzo Camino - foto di Sergio Gavazzeni

Dalla terrazza prativa della chiesetta di San Fermo, è possibile completare l’anello del trekking scendendo alla vicina Malga di San Fermo dove, attraversando i pascoli, il sentiero n. 100 porta alla successiva Malga Zumina (1565 m).    La sterrata che collega questa malga alla Croce di Salven va percorsa per intero per giungere infine alla strada provinciale, a circa 500 metri di distanza dal parcheggio dove si è lasciata la macchina.   Calcolate circa due ore per la discesa dal rifugio San Fermo.

Terrazzo prativo del Rifugio San Fermo

Volete sapere come è finita l’aspra contesa del Monte Negrino?    Nel luglio del 1654 un pastore di Borno, gravemente minato dalla tubercolosi, stava agonizzando nei pressi delle Fontane di Dezzo.    Nel delirio premorte, vide una dolce signora bagnargli la fronte con l’acqua della fonte.     La dolce Signora era la Madonna e l’acqua benedetta lo guarì miracolosamente.   L’episodio diede inizio a un folto pellegrinaggio da parte dei fedeli scalvini e bornesi, favorendo il loro riavvicinamento e l’assopimento dell’odio secolare che li divideva.  Trent'anni dopo, davanti alla Santella appositamente eretta per ricordate l’evento miracoloso (ora Santuario della Madonnina di Colere) venne formalizzato il compromesso che consentì di pacificare i pascoli del Monte Negrino.

I ghiaioni del Pizzo Camino dal Passo di Cornabusa
Info tecniche:
Come arrivare: Il punto di partenza proposto (località Croce di Salven) può essere raggiunto sia dalla Val di Scalve che dalla bassa Val Camonica.    L’accesso da quest'ultima è più agevole e la strada decisamente più larga.   Superato il paese di Borno, si arriva all'ingresso della riserva naturale dopo circa cinque chilometri.
Dislivello e durata del trekking proposto: Consiglio di spezzare l’escursione in due giornate, pernottando al rifugio Laeng (tel. 338 2381283).    Il primo giorno è il più impegnativo: la salita fino al Passo del Costone impegna per poco più di due ore e mezza. Da qui si deve raggiungere il Passo di Cornabusa e l’insidioso Passo di Varicla (altre due ore, abbondanti).   Infine si deve scendere al rifugio, aggiungendo un’ultima ora per un totale di circa 6 ore di camminata ed un dislivello in salita superiore ai 1.100 m, a cui aggiungere i 300 metri di dislivello in discesa per arrivare al Laeng.
Il secondo giorno è molto più tranquillo: il “sentiero alto” tra i due rifugi si percorre in un’ora e mezza, mentre la discesa dal Rifugio San Fermo impegna per altre due ore.   In tutto quindi, si cammina per tre ore e mezza, con un dislivello positivo di circa 200 metri e negativo di circa 800 metri.

Le Orobie, con temporale in arrivo, dal sentiero n. 83

Difficoltà ed altre avvertenze: Come già anticipato, l’intaglio del Passo di Varicla è il problema principale di tutto l’anello proposto.   E’ molto più agibile salire dal versante bergamasco, evitando quindi di affrontare una pericolosa e scivolosa discesa sull'instabile ghiaione.    Non prendete in considerazione l’idea di fare il periplo in caso di pioggia o fitte nebbie.    Nel percorrere il “sentiero alto” tra i due rifugi, si possono incontrare brevi tratti esposti, non particolarmente difficili, ma che impongono attenzione.    Se siete tentati di guardare il vasto panorama, fermatevi, fotografate, riprendete fiato e ripartite.
Cartografia: Per avere un’efficace visione d'insieme di questo trekking e della zona circostante, suggerisco di visitare il sito della Pro Loco di Borno (www.bornoturismo.it/sport/trekking) dove è possibile scaricare una cartina abbastanza dettagliata e la descrizione dei diversi sentieri che compongono il periplo completo.