Nell'estate del 1914 una gigantesca caccia all'uomo impegnò centinaia di alpini, fanti e regi carabinieri tra le pendici, nei fitti boschi e sull'altipiano del Monte Cancervo, a cavallo tra la Val Brembana e la Val Taleggio. Il ricercato era Simone Pianetti, di Camerata Cornello, che la mattina del 13 luglio aveva assassinato, con il suo fucile a tre canne, ben sette persone.
Temporale sul Venturosa. In primo piano la cima del Cancervo. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
Per mesi le forze dell'ordine rastrellarono palmo a palmo la vasta area montuosa ma, a parte un fugace contatto visivo avvenuto il giorno dopo la strage, di Pianetti nemmeno l'ombra. Aiutato dalla complicità di pastori e carbonai che probabilmente gli offrirono ospitalità nelle baite e lo rifocillarono con polenta e formaggio, il latitante riuscì a eludere le ricerche nascondendosi negli anfratti del Cancervo o tra le asperità delle pendici che scendevano verso la boscosissima e dirupata Valle Asinina. Per alcuni mandriani, Pianetti si era rifugiato nel "foièr", una zona quasi inaccessibile, ricca di strapiombi e dirupi che si estende oltre il Monte Venturosa, sopra Cassiglio e Olmo al Brembo.
San Giovanni Bianco e il Cancervo innevato. Cartolina degli anni '20. |
Peraltro il Pianetti conosceva palmo a palmo quelle montagne, in virtù della sua passione per la caccia ai camosci, che utilizzò anche per sfamare la sua numerosa famiglia nei diversi periodi di magra che costellarono la sua avventurosa vita. Nato nel 1858, Simone Pianetti era di temperamento collerico e sanguigno. Inquieto di natura, emigrò nelle Americhe non per necessità ma per avventura, aiutato anche dai soldi di papà che gli consegnò in anticipo la sua parte di eredità, pur di levarselo di torno.
Simone Pianetti. |
A New York entrò in contatto con i circoli anarchici degli emigranti italiani ed avviò un'attività commerciale che fu subito taglieggiata dalla mafia locale (che allora si chiamava "la mano nera"). Pianetti ebbe il coraggio di denunciare questi soprusi ma, proprio per questo, fu costretto ad una precipitosa fuga, tornando in Italia.
Il rientro in Val Brembana lo pose di fronte ad una realtà molto chiusa e bigotta, in netta antitesi rispetto alla sua esperienza americana. Aprì una trattoria, dove si poteva ballare, e subito le autorità ecclesiastiche la bollarono come luogo di perdizione. Investì gli ultimi soldi nella creazione di un mulino elettrico, una grande novità per quel periodo. Ma il prodotto dei suoi sforzi fu battezzato come "la farina del diavolo", accusata di diffondere la pellagra in tutta la Valle.
Il Resegone, visto dal sentiero di salita che, dal passo di Baciamorti, porta alla cima del Venturosa. |
In breve fu la rovina per Pianetti e la sua famiglia. Simone rifugiò il suo livore nella bottiglia poi meditò di suicidarsi. I venti di guerra che spiravano per l'Europa e l'attentato dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo gli diedero invece lo spunto di dirottare le proprie frustrazioni contro coloro che, a suo dire, lo avevano ridotto in quello stato. Compilò una lista di nomi e premeditò un dettagliato piano di eliminazione fisica per otto persone.
La salma del parroco, Don Filippi, viene portata in chiesa. Foto storica tratta dal sito di Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
La mattina del 13 luglio, Pianetti uscì molto presto di casa e, in poche ore, assassinò il medico condotto, il segretario ed il messo comunale, il parroco, una contadina che non voleva pagargli la sua farina perché ... "era andata a male" ed altre due persone. Gli sfuggì soltanto il Sindaco, che si era rinchiuso, ben armato, nel suo roccolo di caccia.
La frazione di Pianca vista dal sentiero per Cantiglio. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
Compiuta la strage, Simone Pianetti fuggì sul sentiero che porta a Cantiglio, dove mangiò qualcosa con tre ignari mandriani. Dopo di che, nonostante l'impegno delle pattuglie dei regi carabinieri e le altre manovre a tenaglia per cercare di circondarlo (una squadra di fanti saliva da Pianca al Passo di Grialeggio, gli alpini invece lo cercavano a partire dal Passo di Baciamorti) non fu più rintracciato.
Il Menna dai contrafforti del Cancervo. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
La famiglia, anche per trovare un po' di pace, diffuse la voce che fosse precipitato in un profondo dirupo nella zona tra il Cancervo e il Venturosa. Un'altra versione sospetta che proprio le Istituzioni preposte a dargli la caccia aiutarono il Pianetti a fuggire nelle Americhe. L'appartenenza politica al mondo anarchico ed anticlericale e la notorietà delle angherie subite dal Pianetti da parte delle autorità locali, Parroco e Sindaco su tutti, avevano stimolato nel popolino un'immagine del Pianetti quale un piccolo Robin Hood locale. Sui muri dei paesi della Valle comparvero scritte inneggianti al suo operato e la difficoltà a catturarlo era dovuta anche alla complicità dei mandriani e dei pastori che l'avevano preso in simpatia. Una sua cattura avrebbe creato reazioni incontrollate ed aumentato la sua fama.
Pascoli del Cancervo in fiore. Sullo sfondo il Venturosa. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
Del Pianetti rimasero poche tracce. Qualcuno disse di averlo incontrato in Venezuela, per altri morì ultranovantenne nella casa milanese di uno dei suoi figli. In Val Brembana prevale l'ipotesi che fosse tornato di nascosto tra le sue montagne. Un gruppo di abitanti di Cespedosio affermò infatti di aver incontrato, nel 1943, un'anziano signore che si aggirava nei pressi del loro borgo. Con lui scambiarono poche parole, dalle quali emerse la sua vera identità. Dopo di che scomparve, seguendo un sentiero che si perdeva nei boschi circostanti dove, trent'anni prima, lo avevano braccato senza mai catturarlo.
Altipiano del Cancervo. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
Info varie:
Escursioni nella zona: L'areale che ha vissuto le gesta criminali di Simone Pianetti propone itinerari molto variegati ed interessanti.
La cima del Cancervo (1.840 m) si raggiunge normalmente da Pianca (810 m) frazione di San Giovanni Bianco. Il dislivello della gita è di circa 1.000 metri e la salita (segnavia CAI n. 102) impegna per quasi tre ore. Raggiunta la cima, si può scendere al Passo di Grialeggio (1.707 m) per raggiungere, con il sentiero CAI n. 136, la strada che collega i villaggi di Era e Cespedosio con Pianca, completando quindi un intrigante, anche se un po' lungo, itinerario ad anello.
I prati del Cancervo al limitare della Pianca. Foto tratta dal sito Valbrembanaweb, che ringrazio per la concessione. |
Un'altra bella escursione parte da Capo Foppa (1.307 m) raggiungibile da Pizzino, in Val Taleggio. Prendendo il sentiero CAI n. 153 si raggiunge, in poco più di un'ora, il Passo Baciamorti (1.540 m), dove si collega il sentiero 102, che ci porta al Passo Grialeggio. Da questo punto è possibile scegliere se salire al Cancervo, oppure se tentare la Cima del Venturosa (1.999 m). Optando per quest'ultima meta, si effettua un dislivello di circa 720 metri, impiegando 2 ore e mezza per la sola salita.
Su questo stesso blog, viene infine descritto un bel itinerario che da Pianca porta al villaggio di Cantiglio (1.082 m) con un dislivello più contenuto rispetto a quelli precedentemente descritti. Trovate il link di collegamento qui: https://dislivellozero.blogspot.com/2017/02/da-pianca-cantiglio-sulle-tracce-di-un.html
Bibliografia: Sulla figura di Simone Pianetti sono stati stampati molti libri. Ne cito tre:
- D. Pianetti, Cronaca di una vendetta. La vera storia di Simone Pianetti, Bergamo, Ed. Corponove, 2014
- A. Mattavelli, La farina del diavolo. Simone Pianetti, 1858-?, Bergamo, Ferruccio Arnoldi Editore, 1992.
- R. Trussardi, La taverna del diavolo, Bergamo, 2008, Edizioni Stampa Alternativa.
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