venerdì 26 luglio 2024

Il primo "ritrattista" del Pizzo Arera fu Leonardo da Vinci.

 

1. L'Arera dall'alpeggio della Baita Bassa di Zulino.

L'imponente massiccio calcareo del Pizzo Arera, grazie alla sua posizione strategica, è ben visibile da città e paesi di pianura. Nelle fredde e limpide giornate invernali, da Milano (zona via Padova) si ha una prospettiva della cima innevata che desta sensazione.  Se n'era accorto anche Leonardo da Vinci, che ebbe modo di realizzarne un disegno, oggi conservato all'Accademia Reale di Londra. Sullo stesso foglio, poco più grande di una cartolina, il grande artista rinascimentale tratteggiò altri due soggetti, traendo spunto dal maestoso panorama che le Prealpi Lombarde offrono tuttora ai milanesi.


I tre disegni di Leonardo da Vinci. L'Arera è in alto a destra.

Questi schizzi furono realizzati da Leonardo nel lontano 1511. Per secoli si pensò che ritraessero le pendici del Monte Rosa (all'epoca chiamato Monte Boso). Solo in tempi recenti, e confrontandoli con immagini fotografiche ad alta definizione, si è scoperto che riproducono nei minimi dettagli tre diverse vedute dello skyline delle Prealpi Lombarde. Tra questi, il disegno in alto a destra ritrae il Pizzo Arera, in splendida solitudine, con un accenno alla vicina cresta del Menna.

Il Pizzo Arera disegnato da Leonardo (particolare ingrandito).

Fu la prima volta che un uomo di scienza studiò e ritrasse le Alpi, facendone il soggetto principale e non semplicemente un componente dello sfondo. La montagna come protagonista del dipinto quindi, e non solo creste che sfumavano tra le nuvole od orridi che incupivano scene campestri. Passarono altri tre secoli prima che altri artisti riproducessero su tela la varietà, la luminosità e la bellezza del paesaggio montano. Su quel foglio preparato con un fondo di tempera rossa, Leonardo realizzò i primi veri ritratti della catena Alpina, tratteggiandone la morfologia con impressionante precisione orografica. 


2. Il Pizzo Arera visto dal Pianone, sopra Clusone.

Gli studiosi hanno approfondito il disegno per individuare il "relativo punto di osservazione". Leonardo potrebbe averlo disegnato da uno dei torrioni del Castello Sforzesco o, addirittura, dal tetto in costruzione del Duomo di Milano. Sicuramente ha approfittato di una limpidissima giornata. Va comunque sottolineato che, per l'età che portava a quel tempo (quasi sessantenne) la sua vista era ancora acutissima! Questa ipotesi è certa per gli altri due disegni, riguardanti ina veduta delle Prealpi Lecchesi ed il tratto di creste che unisce il Monte Legnone al Grignone. 


3. L'Arera dalla salita alla Cima di Tisa, sopra il Santuario di San Patrizio.

Relativamente allo schizzo che ritrae il Pizzo Arera, alcuni storici locali hanno ipotizzato che il punto di osservazione fosse Valpiana di Serina. In quel periodo Leonardo soggiornava a Vaprio d'Adda, ospite nella villa Melzi. Incaricato dal Governatore di Milano di redarre una carta topografica della Valle Brembana, aveva frequentato a lungo la zona mineraria di Dossena, approfondendo i suoi studi di ingegneria mineraria. In quella zona, il Pizzo Arera domina lo sguardo di chiunque ne percorra strade e sentieri.


4. La vetta dell'Arera da Cima di Bani.


Altri storici milanesi ipotizzano invece che tale prospettiva abbia colto Leonardo durante la tratta, percorsa numerose volte, che congiungeva il centro di Milano con Vaprio d'Adda, dove soggiornò per parecchio tempo presso la storica Villa Melzi. Chi percorre oggi la Statale Padana Superiore in direzione di Vaprio potrà facilmente avere la conferma della concretezza di questa ulteriore ipotesi.

5. L'Arera dai pascoli della Baita di mezzo del Grem.

Altre note:

Le fotografie di questo post sono state scattate durante diverse escursioni, il cui dettaglio è pubbicato nel mio blog:  https://dislivellozero.blogspot.com. Se siete interessati, collegatevi al sito (versione web) e digitate le seguenti stringhe di ricerca: 
- per la foto n. 1: Zulino
- per la foto n. 2: Pianone
- per la foto n. 3: Cima di Tisa
- per la foto n. 4: Baita del Grem
- per la foto n. 5: Cima di Bani
- per la foto n. 6: Dossena

6. L'Arera dal sentiero di salita alla cima del monte Vaccareggio.




domenica 7 luglio 2024

Da Onore a Cima Buldet: una faticosa salita capace di regalare splendide emozioni.

 🥾 Dislivello: circa 700 metri     ⌚ Durata: poco meno di 4 ore     📏Lunghezza: quasi 8 km

La Presolana compare dietro alle pendici del monte Varro.

Un'escursione che parte da un'area un tempo attrezzata a poligono militare, per risalire tra pini mughi, arbusti ed una splendida faggeta. Fuori dal bosco, tra prati fioriti e piacevoli incontri, ci si perde in un panorama a 360 gradi.

Quasi in cima, di fronte al massiccio.

Per salire Cima Buldet (in alcune mappe denominata Monte Cornet) è necessario recarsi ad Onore. Nelle note tecniche trovate il dettaglio per arrivare al punto di partenza: un piccolo spiazzo a lato del cancello d'ingresso di una cava (circa 730 m slm). Dopo aver parcheggiato, si torna indietro di un centinaio di metri, incontrando una palina verticale indicante la direzione per Cima Buldet (questo cartello NON è visibile arrivando da Onore). 

Rovetta ed i monti Vaccaro e Secco dal sentiero di salita.

Prendendo quindi a destra, si costeggia la proprietà dell'Azienda Agricola AREC. I ragli dei loro asini vi terranno compagnia per un buon tratto di salita. In dieci minuti si arriva ad un bivio dove la nostra meta è ben segnalata. Stiamo attraversando un ambiente insolito, suggestivamente desolato. Forse è questo il motivo per cui, nell'immediato dopoguerra, la Valle dei Dadi venne scelta dal Ministero della Difesa per installarvi un poligono militare, dismesso alla fine degli anni novanta. Nelle note in fondo al post trovate ulteriori informazioni in merito.

Il fiume in secca e le verdissime pendici del monte Varro.

La vegetazione è composta prevalentemente da piante arbustive, sia cedue che perenni, con una numerosa presenza di folti cespugli di pini mughi. Accompagnati da bolli e frecce rosse si costeggia a lungo il letto in secca del fiume che  creò la Valle dei Dadi e, in meno di tre quarti d'ora di cammino, si raggiunge un'altra palina segnaletica. 

Vedovina strisciante, fiorita sui detriti del fondo calcareo della Valle dei Dadi.

Si volta a destra, attraversando l'alveo del fiume ed arriviamo di fronte ad una sbarra dove un cartello indica l'inizio del "sentiero della croce". Si sale una strada cementata che, in pochi minuti, ci porta alla Baita Buldet (circa 970 m di quota-50 minuti dalla partenza). A sinistra della baita sale una ripida mulattiera che abbandoniamo subito, seguendo l'indicazione di una freccia in metallo che ci fa prendere un sentierino che gira a destra.

Arrivo a Baita Buldet.

Seguiamo questo percorso, che ci porta ad ammirare una serie di piccole sculture in legno e, dopo una decina di minuti, rientra nella traccia della mulattiera che si inerpica nel bosco, mantenendo sempre una decisa pendenza. Alcune finestre panoramiche si aprono sull'altipiano di Clusone e, sopra le pendici erbose del monte Varro, compare il massiccio della Presolana. Si cammina in un bosco di latifoglie, ricco di fioriture, tra cui alcuni timidi e precoci ciclamini. 

Cardo dentellato nel bosco rado di salita.

La pendenza rimane elevata. Nei pressi di un affioramento roccioso la traccia è protetta da una ringhiera, utile in caso di ghiaccio. Ricompaiono altre sculture in legno, prima di entrare in una freschissima e bellissima faggeta che porta ad un bivio negli immediati pressi dello Stalì Buldet (circa 1200 m di quota-quasi un'ora e mezza dalla partenza). A sinistra, pochi passi portano alla costruzione ben ristrutturata. Per la Croce si sale invece a destra, rimanendo nella faggeta.

Lo Stalì Buldet.

In una decina di minuti usciamo dalla boscaglia e la traccia si intravvede nell'erba alta bagnata dalla rugiada del primo mattino. Brevemente pianeggia verso sud, prima di iniziare una serie di erte serpentine che guadagnano rapidamente quota. Si alternano tratti al sole, dove campeggiano isolate betulle, con boschetti di latifoglie.

In primo piano il monte Bracchio e Falecchio.
Sullo sfondo, Montagnina. Pizzo Formico, Alben e "dolomiti della Valcanale".

La traccia è poco battuta. Non faccio in tempo a pensare quanto questa zona possa essere ricca di fauna selvatica che un rumore di zoccoli mi fa voltare di scatto. Una femmina di capriolo, dallo splendido manto fulvo, mi sfiora per tuffarsi nella fitta vegetazione, dove due cuccioli sgranano i loro occhietti per studiare meglio il possibile nemico che si è palesato tra loro e la mamma. 

La Valle dei Dadi, Onore e l'altipiano di Clusone.

Un incontro talmente fuggevole che mi impedisce di scattare foto. Le riservo alla Presolana, che torna improvvisa protagonista del panorama. Poco sopra compare la croce metallica, che si raggiunge dopo una faticosa ma appagante salita (1415 m-due ore e un quarto dalla partenza). Le viste sono sempre più spettacolari. A sud spuntano il Pizzo Formico ed il monte Alben. Volgendo ad Ovest una catena di abitati (Onore, Rovetta, Clusone) sembrano cercare protezione ai piedi della cresta che unisce il monte Simer alle creste di Bares. Sullo sfondo compaiono anche le vette dolomitiche della Valcanale.

Dalle creste di Bares, spunta il Pizzo del Diavolo di Tenda.

La vera Cima Buldet (1431 m) è poco sopra. Boscosa e malagevole, non offre ampie vedute. Tra la vegetazione spicca comunque il panettone del monte Pora e, più ad est, la cima del monte Guglielmo. Tra loro ed il nostro sguardo la fittissima boscaglia che ricopre le pendici della selvaggia Val di Frucc, ed i verdi pascoli alla base del placido monte Colombina.

La Croce di Buldet.

La discesa ripercorre il medesimo itinerario. In alcuni punti è necessario tenere il freno a mano tirato, per superare la pendenza senza rischiare brutti scivoloni. Ma la minore fatica consente di apprezzare certi spunti panoramici persi durante gli sbuffi della salita, come l'incredibile visuale dei ghiacciai del Monte Rosa. Colpiscono anche i profumi offerti dalla fitta e variegata vegetazione. Su tutti spicca quello del pino mugo, insolitamente numerosi per queste quote. Il ritorno impiega poco più di un'ora e mezza.

Inaspettato, il monte Rosa.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 04-07-2024. Sereno alla partenza, annuvolamenti in quota nel corso della giornata.
Punto di partenza dell'escursione: Stallo non segnalato nei pressi dell'ingresso della cava operante nella Valle dei Dadi, poco oltre la località Pramezza, nel territorio comunale di Onore. Dal centro di Bergamo dista
 circa 42 km, percorribili in un'ora  d'auto. 
Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si volta a destra, seguendo le indicazioni per Clusone e Schilpario. Dopo Clusone si supera anche la rotonda all'altezza di Rovetta e si procede in direzione di Castione.  Un chilometro oltre, mal segnalata da un cartello stradale reso illeggibile dal tempo e dalle intemperie, si prende la strada a destra in direzione di Onore e Songavazzo. Dopo cinquecento metri si arriva a un bivio e si volta a sinistra, raggiungendo le prime case di Onore. Superato il cimitero, alla prima rotonda si procede diritti su via Papa Giovanni XXIII. Seguendo le indicazioni per il "percorso vita" si prosegue su via Danghelo e la successiva via Rifugio Magnolini, che porta alla località Pramezza dove termina l'asfalto. Si procede sullo sterrato per circa 200 metri e, sulla sinistra, si trova lo spiazzo per parcheggiare, posto accanto al cancello d'ingresso della cava. Sulla destra si intravede una palina segnaletica che indirizza verso il Rifugio Magnolini. In localià Pramezza, poco prima del termine della strada asfaltata, si trovano altri due piccoli stalli.

La Presolana dalla Croce di Buldet.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 700 metri di dislivello per una lunghezza complessiva, tra andata e ritorno, di quasi otto chilometri.
Durata: L'itinerario qui descritto impegna poco meno di quattro ore, escluse le soste. 
Il poligono militare della Valle dei Dadi: Dal 1946 fino alla fine degli anni novanta l'area della Valle dei Dadi e parte della Valle di Tede, furono riservate all'attività di un poligono militare. Nel 1950 avvenne un gravissimo incidente: tre fratelli furono dilaniati dall'esplosione di un proiettile di artiglieria trovato in un prato mentre stavano portando al pascolo le loro mucche. Negli anni a seguire, ed anche successivamente alla dismissione  dell'area, avvenuta nel 1999 senza l'effettuazione di alcuna operazione di bonifica, si succedettero parecchi ritrovamenti di ordigni inesplosi. Gli ultimi vennero segnalati nel 2011. Alle continue rimostranze degli Enti Locali, il Ministero della Difesa non ha mai fornito risposte.

Fioritura di rododendro irsuto.

Altre escursioni in zona: In questo blog vengono proposte altre due escursioni che, partendo dal vicino Comune di Songavazzo, si affacciano sui versanti percorsi in questo itinerario. I link di collegamento sono:
Cartografia: Negli uffici del Comune di Songavazzo ed all'infopoint di Borghi della Presolana (https://borghipresolana.com) è disponibile una mappa in scala 1:20.000, con evidenziato questo itinerario ed un'altra decina di possibili escursioni effettuabili in questa zona.

Pascolo in località Pramezza.