lunedì 1 settembre 2025

Nei boschi di Valzurio, alla ricerca delle "Marmitte del Moschel": il top per una giornata uggiosa.

🥾 Dislivello: quasi 500 metri              ⌚ Durata: oltre 4 ore            📏Lunghezza: 10,5 chilometri

Alle Marmitte del Moschel.

Quando il sole latita ed il cielo scompare nella foschia e tra le nubi più fitte, la montagna può regalare altre emozioni. Niente panorami incantevoli, o viste su corone di cime, ma piccoli fiori, boschi ombrosissimi e giochi d'acqua nelle pieghe e tra le pozze dei torrenti. Per non citare le cascine curate e ristrutturate da secoli di mani industriose. Tutto ciò in un anello con partenza da Spinelli, che porta di fronte ai pascoli di Col Palazzo, nei boschi più fitti della Valzurio, accanto alle acque cristalline del torrente Ogna.

I pascoli di Colle Palazzo da Baita Pizzoli.

L'anello qui proposto parte dal parcheggio di Spinelli (975 m-nelle note tecniche le informazioni per raggiungerlo e sulle modalità di pagamento della relativa sosta), realizzato poco sopra il suggestivo borgo di Valzurio, frazione del Comune di Oltressenda Alta. Si inizia salendo sino agli stalli più alti, dove termina l'asfalto e si prende a camminare sullo sterrato della strada forestale abitualmente percorsa dagli automezzi autorizzati a raggiungere le Stalle del Moschel. 

Spinelli e Valzurio dalla traccia di salita.

Si procede in leggera pendenza, da una finestra che si apre nel fogliame si intravvedono i borghi di Spinelli e Valzurio. Dopo un quarto d'ora, si incontra il primo bivio (1028 m). Sulla sinistra, accanto alla segnaletica che indica la direzione per Baita Cedrina-La Costa, una barriera metallica di colore giallo occlude il transito agli automezzi. I pedoni possono passare e quindi superiamo la barriera, abbandonando lo sterrato principale. 

Ciclamino delle Alpi: una presenza costante in questi boschi.

Si pianeggia brevemente per poi riprendere a salire, alternando decisi strappi a tratti più dolci. Il tracciato prosegue nel bosco, composto in prevalenza da faggi e noccioli. Accampagnati dalle prime fioriture stagionali dei ciclamini, dopo una decina di minuti dal primo bivio, raggiungiamo il successivo, dove voltiamo a destra, in direzione della Baita Cedrina, che incontriamo a quota 1160 m. circa (poco più di mezz'ora dalla partenza). 

Baita Cedrina.

Da qui procediamo sullo sterrato, superando un tornante destrorso, oltre il quale la pendenza si fa più decisa. Dopo una decina di minuti da Baita Cedrina si aggira un cancello indicante una proprietà privata e si continua a salire. Ci circonda un silenzio rotto soltanto dagli stridii di una coppia di rapaci, probabilmente due gheppi in fase di caccia. Poco oltre il bosco si dirada un po', portandoci ad una cascina ben ristrutturata, posta a quota 1270 m (un'ora circa dalla partenza), dove ha inizio il tratto più  avventuroso dell'escursione.

Alla cascina di quota 1270 metri.

Dietro la cascina il sentiero principale piega decisamente a sinistra, per poi bloccarsi di fronte ad una rudimentale staccionata in legno che sembra impedire il transito a chiunque. Invece il sentiero prosegue proprio scavalcandola, salendo brevemente in un tratto di bosco ceduo e raggiungendo una traccia ben visibile che transita a mezza costa. Si sale quindi su questo nuovo sentiero e procediamo verso sinistra.

La staccionata da superare.

Ci attende un tratto impegnativo, dove l'evidente tracciato è parzialmente interrotto da tronchi di abete rosso divelti dalla furia di una tempesta primaverile. Un solo passaggio risulterà un poco impegnativo; l'importante è non allontanarsi dal sentiero, che rimane comunque ben visibile. Dopo una decina di minuti il tracciato si normalizza e l'abetaia si va diradando, portandoci all'altezza di un bivio non segnalato. A sinistra si va verso un rudere. Noi saliamo a destra raggiungendo in breve Baita Pizzoli, situata in una posizione veramente spettacolare (1305 m-un quarto d'ora dalla precedente cascina).

Arrivo a Baita Pizzoli.

Conviene dedicare una breve sosta ad ammirare i vicini pascoli di Colle Palazzo, con le loro greggi e le cascine. Sul lato più in alto della Baita si trova un piccolo orto, coltivato a patate; un tubero che, in un passato neanche troppo lontano, era tra le poche, efficaci fonti di sostentamento per i territori montani quote. Ed anche i loro fiori non sono niente male!

Il fiore della patata.

Da Baita Pizzoli si sale ancora pochi passi, arrivando ad incrociare il sentiero delle Orobie Orientali (1333 m), segnalato come sentiero CAI n. 311, che collega Ardesio con il Rifugio Albani. Confortati dalla segnaletica biancorossa e dal fondo del tracciato, che in alcuni punti risulta straordinariamente morbido, procediamo su un lungo falsopiano, con bellissimi tratti pianeggianti alternati ad alcuni brevi strappi, uno dei quali ci porta a toccare quota 1420 m, il punto più alto del percorso. 

Campanula selvatica ai bordi del CAI n. 311.

Oltre ai numerosi ciclamini, alternati ad altre suggestive fioriture, il bosco ci regala altre riflessioni. A differenza del precedente sentiero, sul CAI n. 311 è evidente come la manutenzione sia ben curata. La tempesta della scorsa primavera aveva fatto strage, soprattutto di abeti, ostruendo e rendendo molto problematico il passaggio in diversi tratti. Oggi è possibile percorrerlo senza problemi, grazie anche al lavoro dei volontari del CAI, a cui va anche il mio personale ringraziamento.

Il ripristino del sentiero.

Dopo un'ora trascorsa camminando a mezzacosta, il tracciato scende verso la radura delle Stalle del Moschel. Dopo averle visualizzate fra la fronde, si raggiunge un bivio segnalato, dove si gira a destra e, in meno di cinque minuti, si confluisce sullo sterrato della strada forestale che parte dal parcheggio di  Spinelli, rappresentando quindi il percorso più veloce per chi vuole limitarsi a raggiungere il Moschel e le sue marmitte. Lasciamo alla nostra destra le Stalle del Moschel e procediamo a sinistra per una decina di minuti, fino ad incontrare il cartello indicante il termine della forestale stessa. Pochi passi più avanti, sulla sinistra, individuiamo e percorriamo un ponte metallico che attraversa il torrente Ogna (1270 m circa- due ore e tre quarti dalla partenza).

Il ponte sull'Ogna.

Addentrandoci alla nostra sinistra e costeggiando il le sponde del torrente, scopriamo il fenomeno geologico denominato "le marmitte dei giganti". La prima è di facile accesso. Per vedere quelle più a monte è necessario una certa prudenza, a causa dalla presenza di rocce molto scivolose e l'assenza di appigli stabili. La particolarità più evidente, che si noterà anche nel lungo rientro ai bordi dell'Ogna è che, mentre le marmitte sono colme d'acqua cristallina, gran parte del letto del torrente è quasi sempre asciutto. D'altra parte, proprio in questo punto si trova la base dello "scoglio calcareo" che ha formato l'imponente massiccio della Presolana.

Una delle marmitte, forse la più profonda...

Dopo la visita alle marmitte si ritorna alle Stalle del Moschel. Poco prima di arrivarci si volta a sinistra, su uno sterrato che scende dolcemente tra i prati e che, in breve, si riduce a sentiero. Una freccia in legno ci indica che ci stiamo dirigendo a Spinelli. Subito dopo spuntano i bolli biancorossi del sentiero CAI n. 340 che seguiamo con fiducia anche se, attraversando una radura un po' paludosa, abbiamo la netta sensazione di tornare indietro. 

La prima Stalla del Moschel salendo da Spinelli.

Dopo essere entrati in un rado faggeto, incontriamo una segnaletica verticale del CAI, che siamo costretti ad aggirare per scoprire che la nostra direzione è quella di voltare decisamente a destra. La freccia metallica indicante la direzione per Spinelli è infatti visibile solo per coloro che scendono dal Rifugio Olmo. Una carenza a cui si potrebbe sopperire con pochissima spesa.

La segnaletica verticale, carente per chi viene dal Moschel.

Si torna quindi a costeggiare il torrente Ogna, che resta alla nostra destra e, per un buon tratto, molto più in basso del tracciato pedonale. Più avanti incontreremo un ponte in ferro, di recente costruzione, che ci porterà sul lato orografico destro. Da quel punto il torrente ci rimarrà accanto, per buona parte con il letto in secca. Giusto verso la fine, grazie anche ad un paio di sorgive che scendono dalle pendici di Foppa Fosca e dal Costone del Valsacco, si rivedrà un po' di acqua che andrà a comporre, molto più a valle, i suggestivi laghetti azzurri della Valzurio. Noi non ci arriveremo, perchè il sentiero CAI n. 340 ci deposita sull'asfalto poco a valle del parcheggio di Spinelli, che ritroviamo alla nostra sinistra (un'ora abbondante dalle "marmitte dei giganti").

Genziana Asclepiade lungo le sponde dell'Ogna.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 27-08-2025 - tempo da nuvoloso a molto nuvoloso, con dense foschie in quota.
Punto di partenza dell'escursione: Ampio parcheggio con ticket gratta e sosta a monte di Spinelli, la contrada più a nord del Comune di Oltressenda AltaGli stalli distano circa 43 km dal centro di Bergamo, percorribili in poco meno di un'ora d'automobile. Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si procede diritti, seguendo le indicazioni per Valbondione. Dopo quattro chilometri si gira a destra in direzione di Villa d'Ogna. Entrati in paese si volta a sinistra (via IV Novembre) attraversando il borgo storico di Ogna. Si sale in direzione di Nasolino, superando quattro tornanti che portano al nucleo principale del Comune di Oltressenda Alta. Lo si lascia alle spalle imboccando, al bivio successivo, la stretta e tortuosa stradina che porta al borgo di Valzurio. Lo si attraversa prendendo la rampa che sale a Spinelli ed al successivo parcheggio
Il parcheggio si paga: Il parcheggio in località Spinelli, è a pagamento.  Occorre premunirsi di ticket gratta e sosta presso il Municipio di Oltressenda Alta o negli esercizi commerciali convenzionati. Per ulteriori dettagli si veda il sito del Comune: https://comune.oltressendaalta.bg.it/novita/notizie/novita_5.html. Il costo giornaliero è di 3,00 (tre) euro. 

Le Stalle del Moschel dal sentiero CAI n. 311.
 
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: quasi 500 metri di sola salita per un totale, fra andata e ritorno, di dieci chilometri e mezzo. 
Durata: Poco più di quattro ore per l'intero anello, senza calcolare le soste.
Altre note: Si segnala che l'escursione si svolge in un'area in gran parte priva di segnale telefonico. La zona "non prende" rendendo impossibili chiamate, utilizzo di internet e invio di SMS. Il segnale torna disponibile dal borgo di Valzurio.

Carlina Bianca nel bosco della Foppa Fosca.

Altre escursioni in zona: In questo blog sono descritte altre tre escursioni che partono da Spinelli o dal borgo di Valzurio. Questi sono i link di collegamento:
Cartografia: La zona ed i sentieri interessati dall'itinerario sono ben segnalati nella nuovissima carta escursionistica Clusone-Pizzo della Presolana, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000.






giovedì 21 agosto 2025

Da Lizzola ai pascoli di Passevra ed al passo delle Miniere, con rientro dalla valle del torrente Bondione.

🥾 Dislivello: circa 670 metri ⌚ Durata: dalle 4 alle 4 ore e mezza📏Lunghezza: quasi 9 chilometri

Arrivo a Baita Passevra.

Bellissimo itinerario, parzialmente ad anello, che unisce zone poco battute ad alcuni tratti del Sentiero delle Orobie. Si cammina su percorsi calpestati, nei secoli scorsi, da minatori, malgari e contadini, nel tentativo di sfruttare le poche ricchezze di un territorio aspro, ma naturalmente meraviglioso.

Scendendo la valle del torrente Bondione.

L'itinerario parte da via Manina, nel centro storico di Lizzola, poco oltre la Chiesa Parrocchiale di San Bernardino (per i parcheggi vedi i dettagli nelle note tecniche). Accanto al Bar Soliv (via Manina 11/A), un breve tratto piastrellato conduce all'evidente traccia di un sentiero che serpeggia nel prato, salendo in direzione delle Piane di Lizzola (sarebbe utile un investimento di pochi euro da parte dell'Ente del Turismo per installare una semplice freccia in legno che indichi la direzione per Passevra, anche solo per far conoscere la splendida faggeta che si attraversa per raggiungere questa località).

Asini a riposo sopra le Stalle del Tuf.

Poco più avanti si entra nel bosco di latifoglie dove, ben presto, il faggio prende decisamente il sopravvento sulle altre specie arboree. Si sale con gradualità, mentre alcune finestre tra la vegetazione lasciano intravvedere belle viste su Lizzola, sul Pizzo della Corna e sulle sottostanti Stalle del Tuf. Si supera il bivio che a destra scenderebbe a queste baite ed alle Piane (qui si trova l'unica indicazione nel tragitto che termina oltre la Baita Passevra) e si continua a salire nel freschissimo e pulitissimo faggeto. 

Panorama dai pascoli di Passevra. 

Alternando tratti in falsopiano e ripidi, ma brevi strappi, dopo un'ora di cammino dalla partenza si giunge ad un tratto gradinato (circa 1550 metri di quota). Meno di dieci minuti e si esce dal bosco. Lo spettacolo si fa interessante: sulla destra le pendici del Monte Sasna guidano lo sguardo a voltarsi per individuare la chiesetta della Manina, dietro alla quale cominciano ad apparire le cime del Barbarossa e del Pizzo di Petto, ancora seminascosti dallo Sponda Vaga e dal Pizzul. 

Il Pizzo della Corna da Passevra.

Sui ripidi pendii che limitano l'ampio pascolo di Passevra i contadini si recavano a falciare il "fieno magro" (ol fè maghèr); un tipo di fieno di qualità inferiore, tipico delle aree meno fertili delle Orobie. La sua produzione era limitata, con un solo taglio possibile a causa della scarsa resa del terreno. Ma in realtà come Lizzola era necessario anche questo per sopravvivere. E poichè gli uomini del paese erano spesso emigranti o, quando erano fortunati, avevano trovato lavoro in miniera, a falciare ol fè maghèr, in larga maggioranza erano le donne.

Pascoli e Baita Passevra visti dal sentiero CAI n. 304.

Di fronte si estende il bel pascolo di Passevra, che attraversiamo raggiungendo e superando l'omonima Baita (1600 m. circa-un'ora e un quarto dalla partenza). La traccia procede salendo a mezzacosta dietro l'edificio, pur perdendosi a tratti a causa del calpestio delle mucche al pascolo. Serve un altro quarto d'ora per arrivare al bivio con il sentiero CAI n. 304, situato a quota 1680 m., accanto ad un grosso masso erratico. 

Da Passevra in cerca del sentiero CAI n. 304.

Si sale girando decisamente a sinistra, risalendo faticosamente la dorsale erbosa. Il tracciato è evidente. Si cammina avvolti da arbusti ricoperti di inflorescenze, tra le quali si riconoscono i penacchi bianchi dell'endemica Salvastrella Orobica, i capolini gialli del Senecione di Fuchs ed alcune timidissime Campanule Barbate. 

Salendo verso il passo delle Miniere.

I 1920 m. di quota del Passo delle Miniere si raggiungono dopo un'impegnativa ora di salita. Lo sforzo viene ripagato da uno spettacolo non indifferente: di fronte ci ritroviamo faccia a faccia con il Pizzo Coca, sui cui dirupi cerchiamo e distinguiamo a fatica il puntolino bianco dell'omonimo rifugio. Si individuano più facilmente i salti delle Cascate del Serio mentre, dal lato opposto, si osservano distintamente i borghi che compongono il comune di Valbondione. Ai nostri lati ci sono le cime erbose dei monti Pomnolo e Toazzo, che meritano un breve approfondimento.

Dal passo delle Miniere uno sguardo sulle Cascate del Serio.

Il Passo delle Miniere si trova tra i monti Pomnolo e Toazzo, sulle cui pendici si trovavano gli ingressi di numerose miniere. Nei pressi, si trovavano le baite dove alloggiavano i minatori, in gran parte provenienti da Lizzola. Partivano il lunedì, prima dell'alba, ognuno con il proprio zaino di canapa, riempito con il necessario per la settimana: formaggio, farina per la polenta, l'olio per le lampade. Sarebbero tornati solo il pomeriggio del sabato, ovviamente a piedi, così come avevano fatto per la salita.

La cima del Monte Pomnolo veglia sul passo delle Miniere.

Torniamo sui nostri passi sino a rivedere il masso erratico indicatore del bivio tra il CAI n. 304 ed il sentiero che scende ai pascoli di Passevra. Qui svoltiamo a sinistra, seguendo i bolli biancorossi e scendendo verso la valle del torrente Bondione, che si attraversa grazie ad un ponticello di legno (1615 m. circa-tre quarti d'ora circa dal Passo delle Miniere). Si costeggia quindi il lato sinistro del torrente,  continuando sul sentiero CAI n. 304 a superare un primo bivio e quindi a tenere la destra al successivo, cominciando a calpestare il CAI n. 322 che ci condurrà fino a Lizzola.

Scendendo nella valle del torrente Bondione.

La traccia è ben definita. Alla nostra destra il torrente si fa più impetuoso, disegnando gli spruzzi di piccole cascatelle per poi riposare nella quiete di pozze cristalline. Sui dirupi dell'inaccessibile (per gli umani) lato opposto, un giovane camoscio ci osserva incuriosito. La discesa impegna severamente le nostre ginocchia e ci costringe ad attraversare un breve tratto con catene e poggiapiedi saldamente fissati su una placca rocciosa. 

Giovane camoscio sulla dirupata sponda del Bondione.

Poi la discesa si placa, il passo torna ad essere sicuro ed il sentiero meno sassoso. Sulla sinistra scende la Valle del Monte Crostaro e proseguendo diritto si entra nelle Piane. Questi placidi campi, nel 1630, offrirono rifugio ad una quarantina di abitanti di Lizzola che riuscirono così a scampare al flagello della peste manzoniana. Allora questa zona si chiamava Campolino, perchè qui era fiorente la coltivazione del lino. Su questa località, della quale non esiste più traccia, aleggia una leggenda, che riporto nelle note tecniche.

Ai pascoli delle Piane di Lizzola.

Giunti alle Piane di Lizzola, si procede sempre sul lato sinistro del torrente, superando piccoli appezzamenti riservati al pascolo estivo delle mandrie ed osservando, sul lato opposto, il Rifugio degli Alpini, sorvegliato da un cannone della grande guerra, ed un bel gruppo di baite denominato Stalle del Tuf. Quando la larga sterrata comincia a scendere si ritrova l'asfalto, che ci condurrà in breve al piccolo borgo di Lizzola ed al parcheggio dove abbiamo lasciato la nostra auto.

Una delle Stalle del Tuf.

Note tecniche:

Data dell'escursione: 18-08-2025 tempo parzialmente nuvoloso, con foschia ancor più compatta in alta quota.
Punto di partenza della passeggiata: Lizzola (frazione di Valbondione) che dista circa 58 km dal centro di Bergamo, percorribili in un'ora e dieci minuti d'auto.   Dalla città si percorre la statale 671 della Val Seriana fino al bivio di Ponte Nossa, dove si tiene la sinistra, seguendo le indicazioni per Valbondione.   All'ingresso di quest'ultimo paese si tiene la destra, si supera il centro e si percorre la S.P. 49 che, con sei tornanti e dopo circa cinque chilometri, raggiunge la frazione di Lizzola.  Nel  paese trovate diversi stalli dove parcheggiare. Alcuni di essi sono gratuiti ma normati dal disco orario (max due ore). Negli altri si parcheggia esponendo il gratta e sosta di 3,00 €, acquistabile nei esercizi commerciali convenzionati, il cui elenco  è reperibile su questo sito: https://turismovalbondione.it/modalita-di-pagamento-del-parcheggio-a-valbondione.
Dislivello e lunghezza dell'itinerario: L'itinerario qui descritto realizza circa 670 metri di sola salita. Il percorso complessivo è lungo quasi nove chilometri. 
Durata: L'escursione si completa in 4, 4 ore e mezza, a seconda del passo ed al netto delle soste. 

Intrico di sentieri al passo delle Miniere.

La leggenda di Campolino: Passata la pestilenza, a Campolino si formò un piccolo paese con chiesa e cimitero, mentre più a valle si rassodava il terreno, realizzando i primi campi coltivati e costruendo le stalle per le bestie. Un inverno, dalla valle del Crostaro scese una grossa valanga che distrusse il piccolo paese del Campolì seppellendo case, chiesa e campanile. Molte persone rimasero uccise e solo in tarda estate fu possibile recuperare le loro salme. Pare che ancora oggi si senta il mesto suono delle campane sepolte assieme alla chiesa.

Il panorama che accompagna la discesa dal CAI n. 304.

Altre escursioni in zona: In questo blog trovate la descrizione di molte escursioni in partenza da Lizzola. 
Le passeggiate più semplici sono le seguenti: 
Mentre quest'altra è un po' più impegnativa:
Cartografia: La traccia interessata dall'itinerario è evidenziata nella carta escursionistica della Valle di Scalve, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000, in vendita al costo di 10,00 €.

Ponte sul torrente Bondione.




domenica 10 agosto 2025

Alla diga del Gleno partendo da Nona. Una bella escursione per ricordare la tragedia del 1° dicembre 1923.

 🥾 Dislivello: circa 400 metri       ⌚ Durata: tre ore e mezzo        📏Lunghezza: 7,2 chilometri

I ruderi della diga del Gleno visti da sud.

Da alcuni anni è molto gettonata l'escursione che porta a visitare i ruderi della diga del Gleno, con partenze da Vilminore o da Pianezza. Tante, troppe persone si accalcano per visitarla, creando a volte problemi di viabilità e di sovraffollamento. Con un paio di amici ho provato l'itinerario che parte dalla minuscola frazione di Nona (65 abitanti, stretti attorno alla grande chiesa parrocchiale posizionata a 1341 m. di quota). Abbiamo scoperto un bellissimo sentiero, che attraversa un bosco profumato di funghi e colorato da splendide ed insolite fioriture. Un tracciato che, sia pure con un moderato dislivello, è tutt'altro che banale, con tratti vivaci e, in un paio di punti, anche arditi.

Una diversa prospettiva degli archi sovrapposti della diga.

La partenza dell'escursione avviene dal parcheggio a pagamento posto sul retro della frazione di Nona (1341 m-nelle note tecniche tutti i dettagli per raggiungerlo e sulle relative modalità di pagamento). La segnaletica da seguire, abbondantissima, ci porta subito a calpestare una forestale sterrata (che diventa poi cementata), contrassegnata dai segnavia del sentiero CAI n. 409 e che, con pochi passi, ci porta ai tre edifici rurali che compongono la località Designo. 

Particolare di stalla in località Designo.

Il tracciato sale leggermente di quota, fino ad incontrare un bivio ben segnalato (un quarto d'ora dalla partenza) dove abbandoniamo il cemento per voltare a destra, imboccando il sentiero CAI n. 409A, in direzione del Lago e della diga del Gleno. Dopo aver attraversato un prato, la traccia si tuffa in una bellissimo bosco di conifere, sicuramente molto noto ai fungaioli scalvini. Incontriamo una fresca sorgiva, che anticipa un breve ma deciso strappo. Sempre più avvolti da splendidi esemplari di abete rosso, raggiungiamo un'area di sosta dotata di panchina (mezz'ora dalla partenza-1424 m).

Nel bosco, fioritura di Semprevivo Maggiore.

Il sentiero scende ad un rustico ponticello di legno, che ci aiuta a guadare un esile ma vivace torrentello. Subito si torna a risalire, superando un tratto dotato di protezione a valle. Tenendo il ripido bosco sulla destra si supera un'altra valletta continuando poi in falsopiano. Alle fioriture si aggiungono i frutti di bosco ed i golosi possono sostare per gustare lamponi e fragoline. In un paio di punti del percorso si affrontano brevi tratti rocciosi, comunque ben attrezzati con corrimano e scalette di legno. 

Il sentiero scende ad un rustico ponticello di legno...

Dopo un'ora di cammino, il tragitto sul CAI 409A si completa, incrociando ed imboccando il sentiero CAI 410 che sale da Bueggio. La segnalatica è molto chiara e non ci resta che proseguire diritto. L'abetaia via via si dirada, lasciando spazio a belle viste sul fondovalle. Poi, improvvisamente, compaiono i ruderi della diga. Un ultimo strappo tenendo la sinistra e si raggiunge la spalla destra dello sbarramento artificiale (1550 m. circa - un'ora e mezzo dalla partenza).

La spalla destra della diga.

Lo spettacolo è impressionante. All'armonica bellezza del catino naturale che ospita il manufatto, si aggiunge l'armonia architettonica dei resti della diga. Esteticamente molto bella, strutturalmente disastrosa. Qualcuno ha scritto che lo sbarramento del Gleno fu "la diga peggiore nel posto migliore"! Nelle note tecniche si riportano i titoli di alcuni dei molti saggi che hanno ricostruito una delle più grandi tragedie nella storia delle infrastrutture italiane. Il conteggio ufficiale delle vittime si fermò a 356, ma il numero reale è a tutt'oggi indefinito.

Vista sulla diga dal piccolo ristoro. Nascosta dalle nuvole: la Presolana.

Dalla spalla si può scendere alla base della diga, fino a porsi di fronte al punto dove la struttura crollò, lasciando che sei milioni di metri cubi d'acqua contenuti nell'invaso artificiale si riversassero a valle a distruggere le borgate ed i paesi scalvini e camuni, fino a raggiungere il Lago d'Iseo. Qui è stato eretto un piccolo monumento a perenne memoria del disastro. Di fronte ad esso, la forra creata nei millenni dal torrente Gleno lascia correre le acque, libere di scendere senza freni cementizi fino ed oltre l'abitato di Bueggio.

La forra con il torrente Gleno e, in fondo, Bueggio.

E' possibile e consigliabile percorrere il sentiero che consente di girare attorno al lago. Dal monumento si raggiunge l'edificio posto accanto alla spalla sinistra della diga, dove arriva il tracciato che parte da Pianezza. Si volta poi a sinistra, sempre costeggiando la sponda. Al suo termine, si procede brevemente senza traccia nell'alveo in secca del torrente, in direzione di un ponte in legno che consente di attraversare il rio senza bagnarsi i piedi. Giunti sulla sponda sinistra, si sale in direzione del visibile, piccolo punto di ristoro (1562 m-poco più di due ore dalla partenza, senza contare le soste).

Attraversando il rio senza bagnarsi i piedi...

Siamo senza dubbio in uno dei punti più panoramici del percorso, sempre che ci sia un cielo limpido e privo di nuvole. Di fronte si trovano i ruderi della diga; la parte crollata lascia intravvedere l'imponenza della parete nord della Presolana. Alle spalle si distende l'ampia e lunga valle del Gleno, delimitata dall'omonima montagna e dal Pizzo Tre Confini. 

La diga vista da Nord.

Uno spettacolo purtroppo a noi negato, stante le condizioni meteo. Non ci resta che riprendere lo zaino, raggiungere la sommità della spalla destra della diga e ripercorrere in senso inverso il percorso fatto in salita. Impiegheremo un'oretta abbondante per raggiungere il parcheggio di Nona. Aggiunta al tempo speso per la salita ed alla passeggiata attorno al lago, si sommano circa tre ore e mezzo complessive per un'escursione difficile da dimenticare.

Garofano di Seguier fiorito ai bordi del sentiero CAI 409A.

Info tecniche:

Data dell'escursione: 07-08-2025 - Nuvoloso, con molta foschia in quota.
Partenza: Nona, frazione di Vilminore di Scalve, che dista circa 70 km dal centro di Bergamo, percorribili in un'ora e mezza d'automobile. Si percorre la statale della Val Seriana, imboccando a Ponte Nossa il ramo della valle che transita da Clusone ed arriva fino al Passo della Presolana, che si valica scendendo in Val di Scalve, fino alla frazione Dezzo, dove si prende a sinistra in direzione di Schilpario. Dopo un paio di chilometri si volta ancora a sinistra, salendo verso il centro di Vilminore di Scalve che si raggiunge e si supera. In cima al paese si incontra un bivio dove compaiono le indicazioni che porteranno fino al piccolo borgo di Nona. Si supera la microscopica piazzetta della chiesa, dietro alla quale si percorre una dissestata stradetta piena di buche che porta al parcheggio a pagamento (un invito al Comune a sistemarla al più presto: giusto pretendere il pagamento del parcheggio; doveroso garantirne un accesso stabile e sicuro).

Lago e Valle del Gleno.

In tutto il territorio comunale di Vilminore di Scalve il parcheggio si paga: Per i mesi estivi (giugno, luglio, agosto e settembre) il Comune di Vilminore ha disposto l'obbligo del pagamento per la sosta in tutte le aree adibite a parcheggio di proprietà comunale o nella disponibilità del Comune, identificate da apposita segnaletica. Il ticket, che funziona con la modalità "gratta e sosta" si può pagare tramite l'app EasyPark o fisicamente presso una serie di esercizi commerciali il cui elenco è disponibile al seguente link: https://www.valdiscalve.it/parcheggiare-a-vilminore-di-scalve. Nella frazione di Nona il ticket si acquista al Bar Osteria della Nona (tel. 349 4158487). Il prezzo giornaliero del parcheggio è di 5,00 €.

Schioppettino (Silene Vulgaris) nei campi sopra Designo.

Dislivello e lunghezza dell'itinerario: circa 400 metri di dislivello per un totale di 7,2 chilometri.     
Durata: Per percorrere l'intera escursione ad anello servono tre e mezzo, al netto delle soste.  
Informazioni sul "Disastro del Gleno": Sul crollo della diga sono stati pubblicati parecchi testi. Ne cito un paio, che ho avuto occasione di leggere utilizzando la formula del prestito con la Rete Bibliotecaria Bergamasca (https://www.rbbg.it).

- L'acqua, la morte, la memoria: il disastro del Gleno, di Angelo Bendotti, Edizioni il Filo di Arianna, 2013;
- La tragedia della diga del Gleno: 1. dicembre 1923 : indagine su un disastro dimenticato, di Benedetto Maria Bonomo, Mursia Editore, 2016.

Una timidissima Presolana compare durante il ritorno a Nona.


Altre escursioni in zona: In questo blog potete trovare le relazioni di altre due escursioni, una estiva e l'altra invernale, effettuata con le ciaspole, con partenza dalla frazioncina di Nona. I link sono i seguenti:
Cartografia: La traccia interessata dall'itinerario in questione è ben evidenziata nella carta escursionistica della Val di Scalve, realizzata dalla sezione CAI di Bergamo in scala 1:25.000, in vendita presso la sede sociale del CAI e nelle cartolibrerie dell'Alta Val Seriana e Val di Scalve al prezzo di 10 €.

Salvastrella Orobica, endemismo esclusivo delle Alpi Orobie.